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Decreto “shopper”: il semaforo è verde in Parlamento

decreto shopper

In data 20 dicembre 2016, con il parere favorevole dell’VIII commissione Ambiente della Camera dei deputati, contestuale all’analogo pronunciamento favorevole della omologa 13ª commissione Ambiente del Senato, si è formalmente concluso in Parlamento l’esame dell’atto 357 recante lo “Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva (UE) 2015/720 che modifica la direttiva 94/62/CE per quanto riguarda la riduzione dell’utilizzo di borse di plastica in materiale leggero”.

Facciamo un passo indietro. Il Governo ha approvato il 9 novembre 2016 in esame preliminare lo schema di decreto legislativo in tema di imballaggi “leggeri” che in considerazione del loro limitato spessore e del loro specifico utilizzo sono stati spesso definiti “usa e getta”, rimarcandone le gravi ripercussioni in relazione alla loro dispersione nell’ambiente se non correttamente recuperati o smaltiti. Nella relazione illustrativa dell’atto n.357 si legge che “…l’adozione della nuova direttiva europea ha rappresentato un traguardo importante per il nostro Paese, considerato che l’Italia per la sua peculiare conformazione (8.000 km di coste) è maggiormente esposta all’inquinamento da borse di plastica disperse nell’ambiente”.

L’approvazione della direttiva Ue 2015/720 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2015, che modifica la direttiva 94/62/CE per quanto riguarda la riduzione dell’utilizzo di borse di plastica in materiale leggero, primo intervento specifico in tema di imballaggi leggeri a livello comunitario, aveva condotto lo Stato italiano ad utilizzare lo strumento annuale (o quasi) delle legge di delegazione europea per giungere al tempestivo (che tale non si è rivelato, ma per motivi esterni alla volontà dell’Esecutivo) recepimento della predetta direttiva nell’ordinamento italiano (si ricorda comunque che l’Italia ha già una specifica legislazione in materia – art. 2 d.l. n. 2/2012 – grazie alla quale il consumo di shopper si è ridotto di oltre il 40%). La presenza nell’allegato B della legge 12 agosto 2016, n.170 cd legge di delegazione europea 2015 della direttiva 720/2015 significava dunque la volontà dello Stato italiano di recepire la predetta direttiva e, al tempo stesso, la contestuale previsione che il decreto attuativo di essa sarebbe stato oggetto di un apposito esame da parte delle commissioni parlamentari competenti per materia, prima della sua definitiva adozione (a differenza di quanto avviene per le direttive contenute nell’allegato A su cui, de plano, può essere esercitata la delega da parte del Governo senza preventivo passaggio parlamentare, salvo qualora sia previsto il ricorso a sanzioni penali). Va evidenziato che nella legge di delegazione europea 2015, lo Stato italiano non si era limitato all’inclusione di tale direttiva nell’allegato B della legge in oggetto (L.170/2016), ma aveva stabilito nell’articolo 4 della legge principi e criteri direttivi specifici per l’attuazione della direttiva che – come vedremo – hanno autorizzato, e contestualmente vincolato, il legislatore delegato a compiere delle scelte significative in ordine alla strategia italiana per riduzione delle borse di plastica in materiale leggero.

Va premesso che la direttiva 2015/720 aveva previsto un regime specifico in ordine a tre categorie di imballaggi. Si tratta delle borse in plastica in materiale ultraleggero (imballaggi primari per il confezionamento), ovvero realizzate con spessori inferiori ai 15 micron, le borse di plastica in materiale leggero tout court (dai 15 micron ai 50 micron di spessore) e le borse di plastica “meno leggere” con spessori superiori ai 50 micron. Tuttavia a fronte di tale analitica previsione, la direttiva imponeva misure di riduzione a ciascuno stato membro esclusivamente per il segmento intermedio rappresentato dalle borse di plastica in materiale leggero. Nei confronti di queste ultime, la direttiva prescriveva a ciascuno Stato che il loro utilizzo annuale non superasse le 90 unità pro capite entro il 31 dicembre 2019 e le 40 unità entro il 31 dicembre 2025 o obiettivi equivalenti in peso come stabilito dall’art.1, paragrafo 2), lett.a), cit. direttiva. Veniva, inoltre, obbligatoriamente stabilita l’osservanza della data del 31 dicembre 2018 entro cui adottare misure per evitare la cessione a titolo gratuito di tali borse in plastica in materiale leggero nei punti di vendita di merci o prodotti.

Relativamente alle borse in plastica in materiale ultraleggero, così come per le borse in plastica eccedenti i 50 micron di spessore, il legislatore comunitario lasciava alla discrezionalità di ciascuno Stato membro l’opportunità di intervenire o meno per la loro riduzione.

Tanto premesso, il Parlamento italiano attraverso la definizione di un articolo dedicato, appunto l’art.4 della legge 170/2015 recante “Termini, procedure, principi e criteri direttivi specifici per l’attuazione della direttiva (UE) 2015/720 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2015, che modifica la direttiva 94/62/CE per quanto riguarda la riduzione dell’utilizzo di borse di plastica in materiale leggero” (a cui si rimanda per un quadro più approfondito del tema), aveva sostanzialmente delineato tre linee di intervento.

Sotto il primo punto delle borse in plastica in materiale ultraleggero, lo Stato italiano sceglie di assumere provvedimenti per la progressiva riduzione della commercializzazione anche di tale specifica tipologia di imballaggio richiesto a fini di igiene o fornite come imballaggio primario per alimenti sfusi, (sacchi per ortofrutta), prevedendone un divieto di commercializzazione ad eccezione dei sacchi biodegradabili e compostabili e realizzati, in tutto o in parte, con materia prima rinnovabile. Ad oggi lo schema di decreto legislativo fissa al 1° gennaio 2018, 1° gennaio 2020 e 1° gennaio 2021, rispettivamente, l’entrata in vigore del divieto di commercializzazione di borse in plastica in materiale ultraleggero che non siano biodegradabili e compostabili ed abbiano un contenuto minimo di materia prima rinnovabile del 40%, 50% e 60%.

Sul secondo punto delle borse in plastica in materiale leggero (tra 15 e 50 micron), lo Stato italiano, che conferma le marketing restrictions, pur allargando la platea di tali imballaggi oggetto di divieto attraverso standard diversi e più stringenti in tema di dimensioni e spessori come vedremo in ordine al terzo punto, conferma l’esenzione dal divieto di commercializzazione delle borse di plastica biodegradabili e compostabili secondo la norma armonizzata Uni En 13432:2002 anche sulla base del combinato disposto rappresentato dai considerando 16 e 17 della direttiva 720/2015 (ove è chiarito che le caratteristiche che un materiale deve possedere per essere considerato “compostabile” sono contenute nella norma europea EN 13432, e contestualmente che le borse di plastica biodegradabili e compostabili devono avere un’etichetta o dei marchi ai fini della loro riconoscibilità), nonché dal paragrafo 1-bis del novellato art.4 in relazione alla variazione delle misure da adottare per la riduzione delle borse di plastica in materiale leggero in ragione delle loro proprietà di compostabilità.

Sul terzo punto relativo alle borse di plastica superiori ai 50 micron, lo Stato italiano, attraverso l’art.4 compie una scelta significativa consistente nel mantenere gli standard relativi ai maggiori spessori ad oggi vigenti (ex art.2 del decreto-legge 25 gennaio 2012, n. 2, ma vedi anche nuovo art.226-bis dello schema di decreto AG 357) anziché la misura meno ambiziosa rappresentata dai 50 micron previsti dalla direttiva 720/2015, oltre naturalmente all’esenzione per i sacchi monouso per l’asporto delle merci biodegradabili e compostabili come sopra ricordato, per realizzare standard di protezione ambientale più alti rispetto agli obiettivi minimi europei. Tale scelta viene adottata in applicazione del paragrafo 1-ter della direttiva stessa laddove è stabilito che “…gli stati membri possono adottare misure tra cui strumenti economici e obiettivi di riduzione nazionali in ordine a qualsiasi tipo di borse di plastica, indipendentemente dal loro spessore”. In relazione alle motivazioni poste alla base della scelta italiana di non limitarsi agli obiettivi minimi di riduzione previsti dal legislatore comunitario (borse sino a 50 micron), giova riportare quanto contenuto nella relazione illustrativa allo schema di decreto legislativo (AG 357) laddove si legge, a pag. 3, che “…riguardo alla possibilità di disciplinare l’utilizzo di borse di plastica sopra i 50 micron, la direttiva prevede che possano essere adottate varie misure, individuando, a titolo esemplificativo e non tassativo, strumenti economici e obiettivi di riduzione nazionali”. Dunque, vi è la possibilità per gli Stati di stabilire, anche rispetto alle borse di plastica sopra i 50 micron, non solo obiettivi di riduzione o misure economiche, ma anche misure di messa al bando. Infatti, l’esclusione prevista nel testo originario della direttiva, per cui, sempre rispetto ai sacchi sopra i 50 micron, potevano adottarsi misure di riduzione, ma “with the exception of marketing restrictions”, è stata successivamente eliminata e non compare nella versione finale della direttiva europea” e successivamente che “con tale formulazione si è inteso consentire agli Stati membri, in ragione di peculiari situazioni nazionali, come nel caso dell’Italia, di prevedere misure di divieto anche per altre tipologie di borse di plastica, cosi da garantire il raggiungimento dell’obiettivo della direttiva”.

Tornando all’iter parlamentare dello schema di decreto legislativo, la VIII commissione Ambiente, territorio e lavori pubblici approva, dopo tre sedute di trattazione del provvedimento, l’ultima, la n. 743 del 20 dicembre 2016, un parere favorevole sullo schema di decreto legislativo 357, soffermandosi specificamente su tre aspetti che vengono trasposti in tre relative osservazioni al parere (va ricordato che il parere favorevole della 13° commissione Ambiente del Senato reso nella seduta n.274 del 6 dicembre u.s. ne era risultato privo). Tra queste osservazioni, giova evidenziare quella riferita alla necessità di differire il termine di esercizio della delega (in quanto scaduto il 15 novembre 2016) al fine di raccordarlo con il diverso termine europeo di “standstill” (con scadenza 20.2.2017) previsto dalla direttiva 2015/1535 intendendo con quest’ultimo un termine di differimento per l’adozione definitiva di progetti di regola tecnica per consentire alla Commissione e agli stati membri di poter disporre del termine necessario per formulare eventuali rilievi (osservazioni o pareri negativi) in punto di ostacoli alla libera circolazione delle merci che possono derivarne: rilievi rispetto ai quali lo stato membro deve riferire alla Commissione sul seguito che esso intende dare, con successivo “commento” della Commissione sulla risposta dello Stato (art. 6 Direttiva 2015/1535).

Tale circostanza è evidenziata in premessa al parere dell’VIII commissione della Camera laddove si legge che “Tale termine europeo di standstill – la cui osservanza da parte del governo è obbligatoria – ha scadenza successiva a quella del termine interno di delega e precisamente al 20 febbraio 2017, prorogabile sino al 20 maggio 2017 in caso di parere circostanziato da parte della Commissione o degli altri Stati membri”.

Pertanto l’osservazione n.2) del parere contiene un invito che può definirsi “esterno” alla procedura di adozione del presente decreto legislativo, ma ad essa connesso, per invitare il Governo, in altro provvedimento, a valutare di “prorogare, almeno sino al 30 giugno 2017, il termine di esercizio della delega che viene ad intersecarsi con il diverso termine europeo di standstill che ha scadenza successiva a quella del termine interno di delega…”. Viene sostanzialmente evidenziato come lo Stato italiano, per effetto della prevalenza del diritto europeo, non ha potuto rispettare il termine interno di delega in ragione degli imprescindibili obblighi comunitari di notifica del progetto di regola tecnica.

Al riguardo di tale obbligo di notifica, giova rilevare che la XIV commissione politiche dell’Unione europea della Camera dei deputati ha dato il proprio via libera nella seduta del 6 dicembre, n. 737, non prima di aver ricordato che, proprio attraverso l’impegno che si è assunto lo Stato italiano di notificare preventivamente il testo del decreto legislativo prima della sua definitiva approvazione, è stata chiusa la procedura amministrativa “Eu Pilot” (Pilot 8311/16/GROW) con cui la commissione europea aveva interpellato l’Italia “in merito alle misure nazionali, con riferimento all’adeguatezza agli obiettivi perseguiti, alla giustificazione e alla proporzionalità sotto il profilo della libera circolazione delle merci nel mercato interno”.

Tanto premesso, lo schema di decreto tornerà in Consiglio dei ministri per l’esame definitivo del testo e la sua successiva emanazione non prima tuttavia della conclusione della procedura comunitaria di notifica – come detto se dovessero emergere rilievi (della Commissione o degli altri Stati membri) dalla procedura di notifica anzidetta, il Governo sarebbe obbligato a riferire alla Commissione sul seguito che esso intende dare – e all’esito di un intervento normativo che stabilisca la formale proroga del termine per l’esercizio della delega di cui all’art.4, 1° comma della legge 170/2016.

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