Nella disputa sulla proposta del Ministro Orlando di una moratoria sui termovalorizzatori alla fine l’ha spuntata il Ministro dello Sviluppo Economico Zanonato, ma nel testo del d.d.l. ha messo lo zampino anche il Ministro dei Trasporti Lupi, preoccupato per le responsabilità in solido dei petrolieri in caso di sversamento del carico di idrocarburi in mare: “business-as-usual”?
Nella seduta di oggi, 15 novembre 2013 (non già il 12 novembre come qualcuno ha scritto, essendo entrato in possesso, evidentemente, con largo anticipo del testo, dopo la riunione tecnica intervenuta, questa sì, il 12 novembre), il Consiglio dei Ministri ha licenziato il d.d.l. “Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell’uso eccessivo di risorse naturali”, collegato alla legge di Stabilità, che era stato sospeso nella precedente seduta dell’8 novembre 2013, a seguito di divergenze tra Orlando e Zanonato.
Tra le novità più rilevanti rispetto al testo entrato nel Consiglio dei Ministri dell’8 Novembre 2013, spicca, appunto, la ridefinizione dell’Art. 20 (ex Art. 23 del vecchio testo) relativo a “Disposizioni per l’individuazione della rete nazionale integrata ed adeguata di impianti di incenerimento di rifiuti”, costituito da 2 soli commi (il secondo del tutto pleonastico), con la scomparsa di altri 2 commi inseriti nel testo in origine e che recitavano:
“2. Salvo il caso di cui al successivo comma 3, e fermo restando quanto stabilito dal comma 4 dell’articolo 182, fino all’adozione del decreto di cui al comma 1, non possono essere presentate istanze di autorizzazione di nuovi impianti di incenerimento e coincenerimento, e i provvedimenti di autorizzazione eventualmente rilasciati in violazione di tale divieto sono nulli (il grassetto è nostro).
3. Il divieto di cui al comma 2 non si applica nelle regioni in relazione alle quali sono state aperte procedure di infrazione comunitaria per inadeguatezza del sistema di gestione dei rifiuti ivi realizzato”.
Come contropartita, i 4 mesi di tempo previsti per individuare “gli impianti di incenerimento di rifiuti urbani indifferenziati attualmente esistenti, gli impianti già previsti nella pianificazione regionale, provinciale e di ambito approvata, gli impianti oggetto di aggiudicazione di gare ad evidenza pubblica, gli impianti per cui le procedure di autorizzazione siano state già avviate sul territorio nazionale. Con il medesimo decreto è stabilito il fabbisogno nazionale residuo di tali impianti” dovrebbero consentire di limitare il numero di autorizzazioni a nuovi impianti.
Tuttavia, la disposizione non lascia tranquilli, visto il precedente del 2010 con il “Decreto Salva Alcoa”. Il comma inopinatamente introdotto che concedeva altri 4 mesi per l’accesso alle “laute” tariffe incentivanti del secondo Conto Energia, scatenò un vero e proprio “assalto alla diligenza” con la corsa a completare gli impianti entro il 31 dicembre 2010 e, anzi, vennero presentate domande anche per impianti non ancora realizzati.
Ma se la tabella di marcia della Commissione UE e del Parlamento europeo prevede di spingere verso la prevenzione e il recupero, non c’è il rischio che vengano costruiti impianti che non avrebbero poi la materia prima per funzionare?
Se si parla di “green economy”, ma si agisce “business as usual”, come ha fatto il Ministro Zanonato con il suo discorso nella sessione di chiusura degli Stati Generali della Green Economy (ECOMONDO di Rimini, 6-7 novembre 2013), additando negli incentivi alle rinnovabili la maggior responsabilità del “peso” della bolletta elettrica, come se la competitività delle nostre imprese dipendesse solo dal costo dell’energia, salvaguardando gli investimenti nei settori high carbon, si rischia di deludere le aspettative di quegli imprenditori più disponibili all’innovazione.
A tal proposito, perché sarebbe scomparso il Titolo VIII “Disposizioni in materia di energie rinnovabili”, inserito nel precedente testo?
Comunque, altre novità nel testo approvato dal Governo lasciano perplessi. A cominciare dallo stralcio dell’ex Art. 17, relativo a “Disposizioni per favorire la diffusione del compostaggio dei rifiuti organici” che “Al fine di ridurre il più possibile la produzione di rifiuti organici e gli impatti sull’ambiente derivanti dalla gestione degli stessi, il Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare, le regioni ed i comuni incentivano le pratiche del compostaggio effettuate sul luogo stesso di produzione dei rifiuti come l’autocompostaggio e il compostaggio di comunità, anche attraverso gli strumenti di pianificazione di cui all’articolo 199 del presente decreto. I comuni applicano una riduzione sul tributo di cui all’art. 14 comma 1 del decreto legge n. 201 del 6 dicembre 2011, convertito dalla legge n. 214 del 22 dicembre 2011 alle utenze che effettuano l’autocompostaggio o il compostaggio di comunità. Tale riduzione può arrivare al 50% della quota della tariffa rapportata alle quantità di rifiuti conferiti, al servizio fornito e all’entità dei costi di gestione […]”.
Si continua, viceversa, a far pagare sulla superficie dell’immobile e non sulla quantità dei rifiuti conferiti.
Ma non si doveva cominciare ad applicare il principio europeo: “chi inquina paga”?
Nel contempo, però, si mantiene quell’articolo (diventato Art. 15 “Misure per incrementare la raccolta differenziata e il riciclaggio”) che sposta l’obbligo previsto dal D.lgs n. 152/2006 di raggiungere entro il 2006 l’obiettivo del 35% di raccolta differenziata, al 31 dicembre 2014 e, conseguentemente, anche quello del 45% (al 31 dicembre 2015) e del 65% (al 31 dicembre 2016), operando di fatto una vera e propria sanatoria per quei Comuni meno virtuosi e inadempienti che per il mancato raggiungimento dell’obiettivo dal 2013 avrebbero dovuto pagare il 20% in più di tributo regionale per lo smaltimento in discarica e che con tale mascherata “proroga” non pagheranno per tutto il 2014, con buona pace dei “Comuni ricicloni”!
Viceversa, si è conclusa “in parità” la partita dell’acqua. Il Ministro Orlando proponeva che prima di staccarne l’erogazione per morosità sulle bollette, bisognasse disciplinare per legge le sanzioni, mentre il Ministro Zanonato si preoccupava che i costi non si scaricassero sugli altri utenti.
Con gli articoli 26 e 27, l’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas (AEGG) definirà una Tariffa sociale per il servizio idrico integrato, per tener conto degli utenti in condizioni di disagio socio-economico, adottando al contempo un Provvedimento in materia di morosità e perdite sui crediti nel servizio idrico integrato che, attraverso la leva tariffaria, limiti l’insorgenza del fenomeno e trovi la necessaria copertura dei costi di esercizio.
La nave “Prestige” dopo essere rimasta in balia delle onde per 6 giorni, a seguito di una burrasca, naufragò il 19 novembre 2002 al largo della Galizia (Spagna), riversando in mare 77.000 tonn. di greggio, inquinando 1.700 Km di costa atlantica dal Portogallo alla Francia, determinando la morte di 17.000 uccelli, distruggendo gli allevamenti di mitili e provocando danni economici complessivi di oltre 4 miliardi di euro.
Infine, c’è un’ulteriore modifica, di maggiore attualità vista la recente sentenza della Corte di Giustizia spagnola con cui sono stati assolti tutti gli imputati del disastro ambientale causato dal naufragio 11 anni fa della nave “Prestige”.
Il testo proposto dal Ministro Orlando prevedeva all’art. 1 “Modifiche alla legge 31 dicembre 1982, n. 979” avente ad oggetto “Disposizioni per la difesa del mare” un terzo e quarto comma:
“c) al comma 3 dell’articolo 12, dopo le parole “Nei casi di urgenza, l’autorità marittima farà eseguire per conto dell’armatore o del proprietario” sono inserite le parole “della nave o del carico”;
d) al comma 1 dell’articolo 21, dopo le parole “il comandante e il proprietario” sono inserite le parole “della nave o del carico”.
Molto più semplicemente, il testo proposto da Orlando prevedeva di estendere la responsabilità solidale anche al proprietario del carico oltre che all’armatore, al proprietario e al comandante della nave, come è nell’attuale legge nel caso di incidenti con sversamento di sostanze inquinanti, come di idrocarburi quale quello sopracitato.
A far dormire sonni tranquilli ai petrolieri ha pensato il Ministro dei Trasporti Maurizio Lupi, a cui quel testo, dicono i giornali, non piaceva e l’aveva denunciato nel precedente Consiglio dei Ministri. A quanto pare, è riuscito nelle sue intenzioni, visto che il comma relativo agli sversamenti di sostanze inquinanti è “saltato” e l’altro si limita a prevedere una responsabilità in solido, condizionata, nei limiti del valore del carico: “c) al comma due dell’articolo 12, aggiungere in fondo il seguente periodo: “il proprietario del carico è responsabile nei limiti del valore del carico, salvo che dimostri di avere adottato, nella scelta della nave, tutte le misure utili a prevenire l’evento”.