Biodiversità e conservazione Cambiamenti climatici

ClimateFish: il database dei pesci sentinella del clima che cambia

ClimateFish è il primo database ad accesso aperto, messo a punto dal CNR-IRBIM, in collaborazione con l’ENEA e altri istituti internazionali. che fornisce informazioni sulla presenza nel Mar Mediterraneo di 15 specie chiave di pesci considerati “sentinelle”’ del cambiamento climatico. 

Sotto gli effetti del riscaldamento globale, molti animali e piante stanno subendo rapidi cambiamenti di distribuzione in risposta ai cambiamenti climatici che possono essere particolarmente rapidi nei pesci marini, eppure molte specie hanno risposto in modo marcato ai recenti aumenti della temperatura del mare.

Per fornire una visione completa sia in termini temporali che geografici, è stato avviato, nell’ambito del Progetto “ClimateFish“, inizialmente avviato dal programma internazionale “CIESM-Tropical Signals” (finanziato dalla Fondazione Alberto II di Monaco) e successivamente sostenuto dal Programma Interreg Med, co-finanziato dal Fondo europeo di sviluppo regionale, è stato creato il database collaborativoClimateFish” su una serie di pesci costieri, selezionati come candidati indicatori del cambiamento climatico nel Mar Mediterraneo.

La ricerca ClimateFish: A Collaborative Database to Track the Abundance of Selected Coastal Fish Species as Candidate Indicators of Climate Change in the Mediterranean Sea”, pubblicata su Frontiers,è stata coordinata dal biologo marino Ernesto Azzurro dell’Istituto per le risorse biologiche e le biotecnologie marine del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR-IRBIM), in collaborazione con esperti ENEA del Centro Ricerche di Santa Teresa (La Spezia) e da numerosi altri istituti internazionali.

Il database comprende:
7 specie autoctone , selezionate per la loro ampia distribuzione, sensibilità alla temperatura e facile identificazione: Epinephelus marginatus (cernia grossolana), Thalassoma pavo (damigella pavone), Sparisoma cretense (pesce pappagallo), Sarpa salpa (salpa), Serranus scriba (squalo), Serranus cabrilla (pesce persico) e Caranx crysos (carango dorato):
8 specie lessepsiane ovvero penetrate dal Mar Rosso nel Mediterraneo attraverso il Canale di Suez: Fistularia commersonii (pesce flauto), Siganus luridus (pesce coniglio scuro), Siganus rivulatus (pesce sigaro marmorizzato), Pterois miles (pesce scorpione), Stephanolopis diaspros (rana pescatrice reticolata), Parupeneus forsskali (triglia di Forskkal), Pempheris rhomboidea (spazzino scuro) e Torquigener flavimaculosus (pesce palla).

Grazie a campionamenti subacquei effettuati in oltre 13 anni – ha spiegato Federica Pannacciulli, Responsabile del Laboratorio Biodiversità e Servizi Ecosistemici dell’ENEA – sono stati censiti più di 100.000 esemplari delle 15 specie bersaglio in oltre 3.000 aree in sette Paesi del bacino del Mediterraneo, per lo più le specie autoctone donzella pavonina e salpa, anche se quest’ultima ha registrato una diminuzione della quantità e della distribuzione geografica, molto probabilmente dovuta all’innalzamento delle temperature e alla competizione con gli erbivori tropicali“.

Attualmente le specie non autoctone (NIS), per lo più distribuite nel Mediterraneo orientale maggiormente interessato dal fenomeno del riscaldamento, come l’area a sud di Creta (+1.65°C), sono attualmente sottorappresentate nel database, “Ma il loro numero è destinato a crescere nei prossimi anni a causa dell’aumento della temperatura causato dal cambiamento climatico“, ha continuato Pannacciulli

Le aree di studio di ClimateFish. Il numero totale di transetti effettuati in ciascuna sede permanente è illustrato dalla dimensione dei cerchi. Viene indicata la distribuzione percentuale del numero di transetti per profondità.

Circa 700 specie di pesci e un tasso di riscaldamento circa tre volte superiore a quello dell’oceano, rendono il Mediterraneo un punto caldo https://www.regionieambiente.it/mediterraneo-studio-ogs-cmcc/ sia per la biodiversità che per il cambiamento climatico. Negli ultimi decenni diverse specie si sono spostate verso i poli, aumentando il rischio di estinzione, mentre l’arrivo di nuove specie esotiche erbivore come il pesce coniglio sta provocando la desertificazione marina. Diverse specie, inoltre, hanno ampliato la loro distribuzione geografica nel Mediterraneo: si tratta di un fenomeno denominato meridionalizzazione, che coinvolge diverse specie ittiche autoctone, come il pesce pappagallo mediterraneo e la donzella pavonina, diffusesi verso nord vista la loro originaria distribuzione geografica.

Sono state inoltre rilevate evidenze di tropicalizzazione, cioè presenza di pesci alloctoni di origine tropicale destinati a diventare sempre più presenti nel Mediterraneo a causa del riscaldamento globale (nel 2002 erano 90, di cui 59 del Mar Rosso, mentre nel 2020 le specie esotiche sono diventate 188 di cui 106 dal Canale di Suez, per un totale di 76 specie stabili). 

Le prime prove dell’espansione verso nord di alcune specie ittiche risalgono agli anni ’90 – ha sottolineato Pannacciulli – Il fenomeno si è verificato un decennio dopo aver rilevato un forte aumento della temperatura e importanti cambiamenti nella circolazione delle acque nel Mar Mediterraneo”.

Oltre ai censimenti subacquei condotti per ClimateFish, il team di ricerca internazionale ha intervistato oltre 500 pescatori in 95 località in nove diversi paesi europei, di età compresa tra i 28 e gli 87 anni, con più di 10 anni di esperienza individuale e oltre 15.000 anni di osservazione del mare, per conoscere i cambiamenti nell’ecosistema mediterraneo.

Agli intervistati è stato chiesto di nominare la specie che è aumentata in abbondanza o che è percepita come nuova, cioè mai osservata prima, nelle loro zone di pesca. Complessivamente, gli intervistati hanno citato principalmente 75 specie, sia autoctone che esotiche, adattate al caldo. Due terzi delle specie alloctone rilevate erano pesci palla e pesci flauto. Tra le specie autoctone maggiormente in espansione verso nord, il pesce azzurro e il barracuda mediterraneo.

Per alcune di queste specie aliene occorre prestare attenzione per evitare spiacevoli incidenti. L’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) e l’Istituto per le risorse biologiche e le biotecnologie marine del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR-IRBIM) hanno lanciato la Campagna “Attenti a quei 4 per spiegare ai cittadini come riconoscere e monitorare la presenza e distribuzione di alcune specie che possono provocare punture dolorose o contenere neurotossine che ne rendono le carni tossiche al consumo, anche dopo cottura.

“Questi metodi innovativi ci consentono di monitorare in modo semplice e coordinato alcuni effetti del cambiamento climatico sugli ecosistemi costieri del Mediterraneo – ha affermato Ernesto AzzurroUna delle parole chiave di questo approccio è la collaborazione non solo tra istituti di ricerca ma anche tra ricercatori e comunità locali, in particolare pescatori e diving center. Inoltre, l’approccio funziona bene sia a livello locale che per un’intera regione geografica come il bacino del Mediterraneo, oggi considerato un hot-spot del cambiamento climatico“.

In copertina: foto di Ernesto Azzurro

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