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Carta igienica: fonte inaspettata di PFAS nelle acque reflue

Uno studio identifica la carta igienica come una potenziale fonte di PFAS, in alcuni casi significativa, che entra nei sistemi di trattamento delle acque reflue, il cui contenimento è importante poiché gli effluenti e i fanghi sono comunemente riutilizzati per l’irrigazione e lo spargimento sui terreni agricoli.

Quando si considera l’impatto ambientale della carta igienica, viene subito in mente l’uso insostenibile delle risorse naturali, in particolare degli alberi. In effetti, secondo The World Counts, ogni anno in tutto il mondo vengono utilizzati circa 184 milioni di rotoli di carta igienica, che richiedono l’abbattimento di oltre 700 milioni di alberi, l’utilizzo di oltre 1.000 tonnellate di acqua e circa 78 milioni di tonnellate di petrolio durante i processi di produzione.

Ora, lo Studio Per- and Polyfluoroalkyl Substances in Toilet Paper and the Impact on Wastewater Systems”, condotto da ricercatori dell’Università della Florida e pubblicato il 1° marzo 2023 su Environmental Science & Technology Letters, Rivista dell’American Chemical Society, segnala che la carta igienica è anche una fonte inaspettata di PFAS.

I PFAS, sostanze alchiliche perfluorurate e polifluorurate, sono “prodotti chimici per sempre” perché sono praticamente indistruttibili e stanno sollevando preoccupazioni e allarmi per la salute umana e l’ambiente, tanto che l’UE ha preso l’impegno con la Strategia per la chimica sostenibile di eliminarli progressivamente e lo scorso febbraio l’ECHA, l’Agenzia UE per le sostanze chimiche, ha proposto di ridurre drasticamente i livelli di emissione nell’ambiente.

I PFAS erano già stati rilevati in molti prodotti per la cura personale, come cosmetici e detergenti, che vengono usati ogni giorno e poi rilasciati negli scarichi, ma finora non era stata considerata la carta igienica che finisce nelle acque reflue e che potrebbe costituire una fonte di inquinamento chimico. Alcuni produttori di carta aggiungono PFAS durante la conversione del legno in pasta che possono essere trattenuti e contaminare il prodotto cartaceo finale. Inoltre, la carta igienica riciclata potrebbe essere realizzata, a sua volta, con fibre provenienti da materiali contenenti PFAS. 

Quando le persone pensano alle acque reflue e ai fanghi di depurazione delle acque reflue, immaginano gli scarichi industriali a tutti quei siti dove si fabbricano prodotti per la cura personale – ha dichiarato Timothy Townsend, Professore di ingegneria ambientale presso l’Università della Florida e principale autore della ricerca – Il nostro studio si è concentrato semplicemente sull’unica cosa che scivola nel sistema fognario ovunque”.

Secondo un precedente Studio Experimental assessment and validation of quantification methods for cellulose content in municipal wastewater and sludge”, pubblicato nel 2018 da ricercatori canadesi, la carta igienica costituisce circa il 72% del materiale solido nelle acque reflue, quindi non sorprende che possa contribuire in modo significativo anche ai PFAS nelle acque reflue.

I ricercatori hanno raccolto rotoli di carta igienica venduti in Nord, Sud e Centro America; Africa ed Europa occidentale e hanno prelevato campioni di fanghi di depurazione dagli impianti di trattamento delle acque reflue statunitensi. Quindi hanno estratto i PFAS dalla carta e dai solidi di fango e li hanno analizzati per 34 composti. I PFAS primari rilevati erano i fosfati polifluoroalchilici disostituiti (6:2 diPAP), composti che possono interagire biologicamente con prodotti come i rifiuti umani e diventare, nel tempo, altre specie più complesse, tra cui l’acido perfluoroottanoico (PFOA), che è potenzialmente cancerogeno. Nello specifico, il 6:2 diPAP era il più abbondante in entrambi i tipi di campioni, seppure presente a bassi livelli, nell’ordine delle parti per miliardo.

Le concentrazioni di 6:2 diPAP e la diffusione di PFAS nella carta igienica.  (A) Concentrazione di 6:2 diPAP nella carta igienica campionata nella varie aree regionali. (B) Concentrazione di 6:2 diPAP nella carta igienica etichettata con contenuto riciclato confrontata con quella senza contenuto riciclato.  (C) Proporzione di ogni PFAS rilevato in tutti i campioni di carta igienica rispetto alla massa totale di PFAS (Fonte: Environmental Science & Technology Letters)

Le concentrazioni di 6:2 diPAP e la diffusione di PFAS nella carta igienica.  (A) Concentrazione di 6:2 diPAP nella carta igienica campionata nella varie aree regionali. (B) Concentrazione di 6:2 diPAP nella carta igienica etichettata con contenuto riciclato confrontata con quella senza contenuto riciclato.  (C) Proporzione di ogni PFAS rilevato in tutti i campioni di carta igienica rispetto alla massa totale di PFAS (Fonte: Environmental Science & Technology Letters)

Quindi, il team ha combinato i risultati con i dati di altri studi che includevano misurazioni dei livelli di PFAS nelle acque reflue e nell’uso pro capite di carta igienica in vari Paesi, e ha calcolato che la carta igienica contribuisce per circa il 4% al 6:2 diPAP nelle acque reflue negli Stati Uniti e in Canada, per il 35% in Svezia e fino all’89% in Francia. Nonostante il fatto che i nordamericani utilizzino più carta igienica rispetto alle persone che vivono in molti altri Paesi, le percentuali calcolate suggeriscono che la maggior parte dei PFAS entra nei sistemi di acque reflue statunitensi da cosmetici, tessuti, imballaggi alimentari o altre fonti, affermano i ricercatori.

Frazione di 6:2 diPAP nei fanghi delle acque reflue che dovrebbe derivare dalla carta igienica (La metodologia per determinare la frazione di 6:2 diPAP nei fanghi delle acque reflue attribuita all’utilizzo di carta igienica è qui (Fonte: Environmental Science & Technology Letters).

I ricercatori hanno concluso che la carta igienica “dovrebbe essere considerata una potenziale fonte significativa di PFAS che entrano nei sistemi di trattamento delle acque reflue“, il cui contenimento è fondamentale poiché gli effluenti e i fanghi sono comunemente riutilizzati per l’irrigazione e lo spargimento sui terreni agricoli.

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