Agroalimentare

Agroalimentare: la filiera italiana vale 707 miliardi di euro

In occasione del Forum nazionale (Bormio, 6-7 giugno 2025) della Community Food&Beverage, avviata da THEA Club, piattaforma di The European Ambrosetti House, che riunisce più di 400 CEO di aziende italiane e di multinazionali operanti in Italia, è stato presentato il Rapporto “La Roadmap del Futuro per il Food&Beverage: quali evoluzioni e quali sfide per i prossimi anni. Scenari e priorità per l’industria agroalimentare italiana per i prossimi anni”, con 6 proposte di policy che coinvolgono l’intero sistema agroalimentare affinché divenga un modello di crescita resiliente, digitale e inclusivo.

La filiera agroalimentare italiana si conferma un asset strategico per la competitività del Paese. Nel 2023, con 262,7 miliardi di euro di fatturato, grazie al contributo di 3,4 milioni di occupati distribuiti in 1,2 milioni di imprese, la filiera rimane una delle più rappresentative del Made in Italy a livello mondiale.

È quanto emerge dal Rapporto La Roadmap del Futuro per il Food&Beverage: quali evoluzioni e quali sfide per i prossimi anni. Scenari e priorità per l’industria agroalimentare italiana per i prossimi anni”, presentato nel corso del Forum nazionale (Bormio, 6-7 giugno 2025) della Community Food&Beverage, avviata da THEA Club, piattaforma di The European Ambrosetti House, che riunisce più di 400 CEO di aziende italiane e di multinazionali operanti in Italia, con l’obiettivo di approfondire e mettere a fattor comune i temi e le esperienze più rilevanti per le aziende della filiera agroalimentare.

Il percorso della Community si articola in una serie di tavole rotonde incontri in varie località italiane, per sviluppare contenuti, scenari e documenti, culminando in un Forum nazionale in cui vengono condivise riflessioni sul settore e proposte concrete con i policy maker di riferimento su temi chiave per la competitività del settore, tra cui alimentazionesalutesport, transizione verso un’economia sostenibile e circolare, impatti climatici e demografici sulla filiera, e frontiere dell’innovazione per il retail.

A connotare il settore agroalimentare nazionale con attributi unici quali creatività, qualità, eccellenza e tradizione, concorrono 10 punti di forza e primati internazionali.

Con 74 miliardi di euro di Valore Aggiunto nel 2023, l’agroalimentare si posiziona come 1a tra le filiere italiane per contributo al PIL, una performance che vale 2,5 volte il fashion Made in Italy e oltre 5 volte l’industria chimica.

L’Italia è il 3° Paese tra i big-10 europei per Valore Aggiunto agroalimentare, con un’incidenza del 3,9% sul PIL nazionale, a dimostrazione del ruolo cruciale della filiera nell’economia nazionale, che si conferma un comparto dinamico e resiliente anche nell’attuale scenario di crisi globale.

Il mercato industriale italiano guadagna anche un primato di efficienza a livello internazionale. La produttività delle grandi imprese, pari a 105.200 euro per addetto, è la più alta rispetto alla media UE-27 (1,4 volte superiore) e ai principali competitor di Spagna (1,6 volte), Germania (1,5 volte) e Francia (1,2 volte). Ciononostante, il settore sconta un’elevata frammentazione. L’85% delle aziende attive sono microimprese che contribuiscono solo al 9,9% del Valore Aggiunto complessivo del Food&Beverage.

La proiezione internazionale e il successo del Made in Italy agroalimentare nel mondo sono il motore di crescita del settore: nel 2024 le esportazioni agroalimentari italiane hanno raggiunto il record storico di 67,5 miliardi di euro, un valore cresciuto annualmente del +6,5% nel periodo 2010-2024. Anche l’incidenza dell’esportazione agroalimentare sul totale dell’export nazionale ha registrato una crescita costante negli ultimi anni. Nel 2010 pesava per l’8,2% del totale, ha raggiunto il 9,0% nel 2017 e nel 2024, per la prima volta nella storia, supera la soglia del 10%, raggiungendo il 10,8%.

Con un valore delle esportazioni di 8,1 miliardi di euro e una quota del 12,1% sul totale dell’export agroalimentare italiano, il vino rimane il prodotto dell’agrifood più esportato, in crescita del +5,5% rispetto al 2023. All’interno dei mercati internazionali l’Italia ricopre quote rilevanti nell’esportazione di alcuni prodotti tipici della dieta mediterranea. Si posiziona, infatti, come 1° Paese al mondo per export di pomodori pelati con una quota di mercato del 76,3%, di pasta (48%), di amari e distillati (34,5%), di prosciutto crudo e cotto (29,9%), di bresaola (29,1%) e di passata di pomodoro (24,1%).

Tra i principali elementi di traino della crescita internazionale della filiera agroalimentare italiana vi sono le produzioni certificate, elemento chiave per la riconoscibilità, la creazione di valore e la qualità del Made in Italy, dimostrato dagli 891 prodotti certificati (1° Paese in Unione Europea). La filiera agroalimentare certificata genera un fatturato totale di 20,2 miliardi di euro nel 2023, con la produzione di vino come leader per valore generato, seguita da quella dei formaggi e dei prodotti a base di carne. La loro produzione incide nel complesso per il 10,8% dell’intero fatturato del settore Food&Beverage e il 19,9% sul totale dell’export alimentare nazionale.

Oltre a essere una leva fondamentale a sostegno dell’export, le certificazioni contribuiscono in maniera fondamentale al posizionamento dei prodotti Made in Italy, dimostrato anche dal fatto che il valore medio delle esportazioni agrifood italiane di 254,5 euro/100Kg è il più alto tra i principali competitor europei.

Altri elementi cardine che dimostrano la qualità della filiera nazionale nel mondo sono la sua cucina e l’enogastronomia. L’Italia è il Paese con il maggior numero di ristoranti tipici nelle maggiori città extra-europee, superando i due principali Paesi europei competitor, Francia e Spagna. I ristoranti italiani sono il 12,6% di tutti i ristoranti di New York e di Rio De Janeiro, il 12,1% di Melbourne e il 9,1% di Buenos Aires. L’eccellenza della filiera agroalimentare italiana rappresenta anche il principale volano di attrattività turistica per il Paese, che si posiziona come 1a destinazione enogastronomica al mondo.

Tuttavia, il settore agroalimentare italiano mostra ancora prestazioni inferiori rispetto ai concorrenti principali, con elevate potenzialità inespresse. Il fenomeno dell’Italian Sounding rappresenta una delle principali cause di ostacolo alla presenza internazionale del settore. Nel 2024 – secondo le stime aggiornate del modello di TEHA IV – vale 69 miliardi di euro: se si trasformasse in vero fatturato italiano, il potenziale di export del Paese sarebbe di circa 137 miliardi di euro.

Nonostante i risultati di successo, la filiera agroalimentare italiana si trova di fronte a forze di crisi, che necessitano un approccio integrato per preservare la competitività e la crescita del Paese nei prossimi anni. Da un lato, le incertezze e le tensioni geopolitiche, il cambiamento climatico e le revisioni sempre più stringenti delle normative europee sono forze esogene che insistono sulla filiera agroalimentare italiana. Dall’altro, pur essendo leader nella produzione agroalimentare globale, la perdita di potere d’acquisto delle famiglie italiane, unita alle nuove preferenze dei consumatori e all’evoluzione dei canali di acquisto, sfida la capacità del settore di adattarsi e rimanere competitivo.

Il contesto di fermento geopolitico internazionale sta generando incertezza sulle prospettive future e le opportunità di crescita delle imprese agroalimentari italiane. In particolare, l’elezione di Donald Trump al secondo mandato di Presidenza degli Stati Uniti ha determinato un cambiamento significativo nella politica commerciale del Paese, con un rafforzamento delle misure protezionistiche.

In stretta connessione con le dinamiche internazionali di incertezza, l’Italia è segnata da un continuo indebolimento del potere d’acquisto dei propri cittadini. L’Italia è l’unico Paese OCSE dove i salari reali medi sono diminuiti dal 2000 (-0,2% il tasso di riduzione medio anno), a fronte di un aumento dello 0,7% della media OCSE. A questo si aggiunge l’elevata inflazione alimentare del biennio 2022-2023, che ha raggiunto il massimo storico di +13,8% a ottobre 2022 rispetto all’anno precedente.

Queste dinamiche si inseriscono in un quadro che vede i consumi alimentari, sia in casa che fuori casa, fermi da oltre un decennio, con una contrazione a partire dal 2020 derivante dal recente periodo di crisi. Per le imprese rimane centrale favorire la ripresa dei consumi interni, che nel loro complesso sostengono il 60% del PIL nazionale, con quelli alimentari che valgono 234 miliardi di Euro nel 2024.

Alla luce dell’alternarsi di forze di crisi che colpiscono il settore agroalimentare e le richieste del consumatore in continua evoluzione, con ritmi sempre più veloci, risulta centrale comprendere quanto il comparto produttivo sia pronto a rispondere.

Dai risultati della survey di TEHA alle imprese italiane del settore Food&Beverage , approfondendo i fattori che hanno maggiormente influito sull’operatività aziendale, emerge che l’attuale contesto di crisi sta incrementando il numero di operatori agroalimentari che si preoccupano per l’operatività della propria azienda: il 36,5% delle imprese il 36,5% delle imprese è preoccupato (+1,4 p.p. rispetto al 2024).

In un contesto di crescente competitività globale, è fondamentale aumentare gli investimenti in Ricerca e Sviluppo, in quanto ogni miliardo di euro investito in innovazione e digitalizzazione porta a un incremento di +14 miliardi di euro del PIL nazionale. Ad oggi, tra coloro che hanno elaborato un piano di investimenti per far fronte alle crisi, quasi 4 aziende alimentari su 10 si stanno orientando su innovazione di processo e di prodotto. Tuttavia, ad oggi, l’incidenza degli investimenti in innovazione dell’industria alimentare è del 13,2%, -3,3 p.p. rispetto alla media.

Alla luce delle evidenze emerse dal sentiment e dalla percezione dell’attuale momento congiunturale da parte delle imprese italiane, e in virtù dell’ambizione della Community Foodd&Beverage di contribuire a rendere il settore agroalimentare italiano ancora più preparato per rispondere alle sfide geopolitiche, socio-economiche e normative, sono state elaborate 6 Proposte di policy che coinvolgono l’intera filiera agroalimentare estesa.
1. Adottare politiche di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici sia a livello sia istituzionale che aziendale.
2. Rafforzare la dimensione media delle imprese del settore Food&Beverage per incrementarne la produttività.
3. Incrementare gli investimenti in Ricerca e Sviluppo per l’innovazione del settore.
4. Combattere il fenomeno dell’Italian Sounding e promuovere le esportazioni delle eccellenze nazionali.
5. Implementare politiche di sensibilizzazione ed educazione alimentare.
6. Adottare misure di sostegno ai consumi alimentari.

Le misure che proponiamo puntano a sostenere l’innovazione e la digitalizzazione, semplificare l’accesso al credito, valorizzare le filiere certificate, promuovere la sostenibilità lungo tutta la catena del valore, attrarre giovani talenti attraverso percorsi formativi più qualificanti e garantire un quadro normativo stabile e favorevole all’impresa – ha dichiarato Valerio De Molli, CEO e Managing Partner di TEHA – In un momento in cui il futuro del Paese si gioca sulla capacità di affrontare con strumenti nuovi i cambiamenti in corso, l’agroalimentare italiano può e deve diventare un modello di crescita resiliente, digitale e inclusivo. Per farlo è necessario un piano strategico condiviso, basato sui dati, che coinvolga tutta la filiera e guardi lontano”.

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