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Agroalimentare: modelli di business e buone pratiche di circolarità

In vista della Giornata nazionale di prevenzione dello spreco alimentare che ricorre ogni anno il 5 febbraio, l’ENEA presenta le soluzioni innovative per tutti i segmenti del sistema agroalimentare contenute in uno Studio realizzato nell’ambito dell’ICESP, la piattaforma italiana per l’economia circolare della quale l’Ente è coordinatore.

Buone pratiche e nuovi approcci sostenibili per contrastare gli sprechi alimentari e recuperare cibo non più utilizzabile. Ma anche tecnologie innovative per l’agricoltura e processi avanzati per trasformare gli scarti in nuovi prodotti ad alto valore aggiunto per i settori agroalimentare, zootecnico e nutraceutico.

Sono alcune delle soluzioni illustrate nello Studio Verso la circolarità del sistema agroalimentare: modelli di business e buone pratiche” che ENEA (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo sostenibile) presenta in occasione della Giornata nazionale di prevenzione dello spreco alimentare che ricorre ogni anno il 5 febbraio.

Lo studio, che prende in esame tutti i segmenti del sistema agroalimentare (primario, trasformazione, distribuzione e consumo), è stato realizzato nell’ambito dell’Italian Circular Economy Stakeholder Platform (ICESP), guidata dall’ENEA, unico membro italiano nel gruppo di coordinamento della Piattaforma europea ECESP (European Circular Economy Stakeholder Platform), progetto lanciato dalla Commissione UE.

Come riportato nel “The Circularity Gap Report”, la produzione di cibo è uno dei sistemi globali (gli altri sono ambiente costruito, beni manifatturieri e mobilità che esercitano le maggiori pressioni sul sistema Terra, spingendoci oltre i limiti dei confini sicuri planetari. Il sistema alimentare, quindi è un settore strategico sia in termini di contributo alla transizione circolare sia in termini di raggiungimento della neutralità climatica, e le soluzioni da perseguire non potranno prescindere dal consolidamento di buone pratiche che permettano di misurare e monitorare tutte le dinamiche più

Tra le iniziative più innovative illustrate nel rapporto, gli “Atlanti del cibo” che hanno come obiettivo la costruzione di una conoscenza approfondita sulle caratteristiche, le dinamiche di funzionamento, le criticità e i punti di forza del sistema alimentare metropolitano; il sistema di coltivazione idroponico per la produzione di cibo di altissima qualità grazie all’utilizzo di scarti alimentari e degli insetti come fonte proteica naturale nei mangimi.

Il modo in cui ci nutriamo è responsabile di almeno un terzo delle emissioni di gas serra sul pianeta a causa dell’utilizzo dei fertilizzanti chimici in agricoltura, delle monocolture e degli allevamenti intensivi – sottolinea Chiara Nobili, della Divisione ENEA di Biotecnologie e agroindustria e coordinatrice del sottogruppo AGRIFOOD di ICESP – Tuttavia, i processi produttivi non sono gli unici responsabili del cambiamento climatico: anche lo spreco alimentare, inteso come i prodotti invenduti, o persi lungo la filiera e l’esubero di cibo tra le mura domestiche, ha un impatto ambientale, che può essere misurato attraverso le emissioni di CO2 impiegate per produrlo, ma anche economico e sociale”.

Tra le innovazioni presentate nello studio ci sono le soluzioni per ridurre le emissioni nelle aziende vinicole, le tecniche per la rinaturalizzazione di aree agricole e umide, ma anche processi avanzati per trasformare le lane di scarto degli allevamenti in fertilizzanti organici, iniziative sul territorio per promuovere il recupero e l’acquisto di cibi cosiddetti di “seconda scelta” e nuovi processi agroalimentari ecodesigned per prodotti biologici ad alto valore nutrizionale e di salubrità.

Questo approccio interessa anche il sistema agroalimentare che, come riportato nel “The Circularity Gap Report”3 edito nel 2021 è uno tra i sei settori strategici sia in termini di contributo alla transizione circolare sia in termini di raggiungimento della neutralità climatica. Dal report emerge che le soluzioni da perseguire non potranno prescindere dal consolidamento di buone pratiche che permettono di misurare e monitorare tutte le dinamiche più critiche, di valutare costi/benefici degli impatti degli sprechi e delle perdite

Secondo un Rapporto dell’UNEP (Programma Ambiente delle Nazioni Unite), a livello mondiale, abbiamo prodotto 931 milioni di tonnellate di rifiuti alimentari (dati 2019): il 61% proviene da scarti domestici, il 26% dalla ristorazione e il 13% dalla vendita al dettaglio. I

Inoltre, il Rapporto della FAO sullo stato del cibo e dell’agricoltura, stima che circa il 14% della produzione alimentare globale venga perso durante le fasi della filiera produttiva.

L’ultimo Rapporto Waste Watcher (quello del 2023, in attesa del nuovo che verrà presentato il 5 febbraio 2024 con i dati del “Caso Italia” 2024) ha registrato un cambiamento di rotta sul fronte dello spreco alimentare a livello globale, con una diminuzione accentuata soprattutto nei Paesi più industrializzati.

“Le perdite alimentari causano ogni anno l’emissione di 1,5 giga tonnellate di CO2 equivalenti e si stima che circa il 10% delle emissioni di gas serra globali sia associato al cibo che non viene consumato – evidenzia Massimo Iannetta, responsabile della Divisione biotecnologie e agroindustria dell’ENEA – Per questo riteniamo che limitare le perdite e gli sprechi di cibo sia un obiettivo strategico non solo per ridurre l’utilizzo delle risorse naturali, ma anche per rafforzare la competitività delle imprese, favorendo il passaggio da un’economia lineare a una circolare. Tutto ciò da raggiungere attraverso approcci olistici che includono agricoltura di precisione, uso efficiente delle risorse, contrasto alle emergenze fitosanitarie, ma anche tracciabilità, qualità, sicurezza dei prodotti, alimenti funzionali, dieta personalizzata, packaging innovativo e smart devices per un consumo più consapevole e attento agli sprechi”.

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