Cambiamenti climatici Cibo e alimentazione

Food Waste Index Report 2021: comprendere l’impatto dello spreco di cibo

Secondo il Food Waste Index Report 2021 di UNEP e WRAP, che mira a sostenere l’obiettivo di sviluppo sostenibile per dimezzare lo spreco alimentare entro il 2030, oltre 930 milioni di tonnellate di cibo venduto nel 2019 sono finiti nella spazzatura, con impatti non marginali sui cambiamenti climatici. 

Circa 931 milioni di tonnellate di cibo, pari al 17% del cibo totale disponibile per i consumatori nel 2019, sono finite nei cestini dei rifiuti di famiglie, dettaglianti, ristoranti e altri servizi alimentari.

Lo rivela il Report 2021Food Waste Index”, pubblicato il 4 marzo 2021 da Programma Ambiente delle Nazioni Unite (UNEP)  e di WRAP, Ong britannica che lavora con le imprese e i privati nella riduzione dei rifiuti e nello sviluppo di prodotti sostenibili, in collaborazione col Governo britannico e i maggiori rivenditori di cibo inglesi e che ha lanciato in Gran Bretagna la Food Waste Action Week (1°-7 marzo 2021) nell’ambito della Campagna “Love Food, Hate Waste”, con l’obiettivo di far aumentare la consapevolezza dei cittadini che lo spreco alimentare influenza i cambiamenti climatici.

Alcuni alimenti vengono persi anche nelle aziende di produzione e nelle catene di approvvigionamento, per cui è stimabile che nel complesso sia di un terzo il cibo che prodotto non viene mai consumato

La riduzione dello spreco alimentare ridurrebbe le emissioni di gas serra, rallenterebbe la distruzione della natura indotta dalla conversione della terra e dall’inquinamento, aumenterebbe la disponibilità di cibo e quindi ridurrebbe la fame e farebbe risparmiare denaro in un momento di recessione globale – ha affermato Inger Andersen, Direttrice esecutiva dell’UNEP – Se vogliamo veramente affrontare i cambiamenti climatici, la perdita di natura e biodiversità, l’inquinamento e i rifiuti, le imprese, i governi e i cittadini di tutto il mondo devono fare la loro parte per ridurre lo spreco alimentare. Il Vertice sui Sistemi Alimentari di quest’anno fornirà l’opportunità di lanciare nuove e audaci azioni per contrastare lo spreco alimentare a livello globale”.

Il fatto che quantità notevoli di cibo siano prodotte ma non mangiate ha notevoli impatti negativi: sul piano ambientale, sociale ed economico. Il Rapporto Speciale Climate Change and Land (SRCCL) dell’IPCC stima che fino al 37% delle emissioni globali totali siano attribuibili al sistema alimentare considerato nel suo complesso, dalla produzione fino al consumo e allo spreco. In Europa, con 88 milioni di tonnellate di cibo sprecato ogni anni (pari a 173 kg a testa) si stima inoltre che il 15% degli impatti totali sull’ambiente della catena di produzione del cibo siano attribuibili proprio agli sprechi alimentari

La riduzione dello spreco alimentare al dettaglio, nel servizio di ristorazione e a livello familiare può fornire diversi vantaggi sia per le persone che per il Pianeta. Tuttavia, la reale portata dello spreco alimentare e il suo impatto non sono stati ben compresi fino ad ora. In quanto tali, le opportunità fornite dalla riduzione dello spreco alimentare sono rimaste in gran parte inutilizzate e sottoutilizzate. Per affrontare seriamente lo spreco alimentare, bisogna aumentare gli sforzi per quantificare il cibo e le parti non commestibili sprecate a livello di vendita al dettaglio e da parte dei consumatori, monitorando la produzione di rifiuti alimentari in chilogrammi pro capite a livello nazionale. Solo con dati affidabili, si potrà verificare i progressi che vengono fatti sul target 3 dell’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda ONU: “Entro il 2030, dimezzare lo spreco pro capite globale di rifiuti alimentari nella vendita al dettaglio e dei consumatori e ridurre le perdite di cibo lungo le filiere di produzione e fornitura, comprese le perdite post-raccolto”.

A tal fine il Rapporto sull’indice dello spreco alimentare presenta la raccolta, l’analisi e la modellizzazione dei dati sullo spreco alimentare più complete che siano mai state realizzate fino ad oggi, per stimare lo spreco alimentare globale, e propone ai Paesi una metodologia per misurare lo spreco alimentare, a livello di famiglia, servizio di ristorazione e vendita al dettaglio.

Utilizzando la metodologia proposta i Paesi potranno intraprendere una Strategia nazionale sulla prevenzione dello spreco alimentare, in grado di cogliere i cambiamenti nello spreco alimentare intervenuti nell’arco di due o quattro anni, consentendo anche confronti significativi tra Paesi a livello globale.

L’ultimo Rapporto sullo Stato della Sicurezza Alimentare e della Nutrizione nel mondo (SOFI 2020), ha stimato in 690 milioni le persone che hanno sofferto la fame nel 2019, con un aumento di 10 milioni rispetto al 2018 e di quasi 60 milioni in cinque anni. Numeri che sono destinati purtroppo ad aumentare a causa della pandemia di Covid-19.

L’UNEP e WRAP ribadiscono, quanto espresso lo scorso anno nel RapportoEnhancing Nationally Determined Contributions (NDCs) for Food Systems”, di inserire negli impegni nazionali dei Paesi sottoscrittori dell’Accordo di Parigi e che devono essere rivisti prima della COP26, i contributi di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici che possono essere offerti dalla riduzione delle emissioni di gas serra dei sistemi alimentari, migliorando al contempo la biodiversità, la sicurezza alimentare e la salute pubblica

Questo renderebbe la prevenzione dello spreco alimentare anche un’area primaria da includere nelle Strategie di ripresa post Covid-19.
Per troppo tempo si è pensato che lo spreco di cibo in casa fosse un problema significativo solo nei Paesi sviluppati – ha sotttolineato Marcus Gover, Amministratore delegato di WRAP – Con la pubblicazione del Food Waste Index Report, vediamo che il problema globale, non solo del mondo sviluppato. Con soli 9 anni che mancano per raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile, se non aumenteremo in modo significativo gli investimenti per affrontare lo spreco alimentare domestico a livello globale, non raggiungeremo il target 3 dell’Obiettivo 12. Questa deve essere una priorità per governi, organizzazioni internazionali, imprese e fondazioni filantropiche“.

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