La FAO pubblica la prima indagine a livello nazionale dal titolo Counting the Cost: Agriculture in Syria after six years of crisis sull’impatto della guerra nel settore agricolo del Paese.
Al settimo anno del conflitto in Siria, la situazione è sempre più drammatica: continuano a essere commessi crimini di guerra e contro l’umanità, le popolazioni civili sotto assedio sono alla fame e i convogli umanitari bloccati, i centri abitati vengono colpiti dagli attacchi aerei e migliaia di prigionieri sono stati torturati e fatti sparire; inoltre, sono più di 5 milioni i rifugiati e solo una parte dei fondi necessari per garantire la loro assistenza è stata raccolta.
Ma non è tutto. In occasione della Conferenza internazionale “Sostenere il futuro della Siria e della Regione“(Conference on Supporting the Future of Syria and the Region) che si è tenuta il 4 e il 5 aprile a Bruxelles e che fa seguito alla conferenza di Londra del febbraio 2016, la FAO ha presentato un nuovo rapporto a livello nazionale sui gravissimi danni che la guerra sta causando anche al settore agricolo del Paese.
Il rapporto dal titolo Counting the Cost: Agriculture in Syria after six years of crisis include sondaggi di oltre 500 famiglie su tutto il territorio nazionale, interviste con oltre 380 comunità e analisi di dati agricoli primari e secondari. L’indagine si è svolta tra l’agosto e il settembre 2016 e ha coinvolto focus groups e famiglie da tutti i distretti del paese, includendo sia uomini che donne.
“I combattimenti in Siria stanno provocando enormi problemi e numerose perdite alla produzione agricola nazionale – ha affermato il direttore generale della FAO José Graziano da Silva – ma il settore può e deve essere riattivato ora, riducendo in modo significativo il bisogno di aiuti umanitari e la migrazione“.
“L’indagine della FAO mostra che, nel bel mezzo di un conflitto, l’agricoltura rappresenta un’ancora di salvezza per milioni di siriani, inclusi gli sfollati interni che continuano a vivere nelle zone rurali – ha proseguito da Silva – Aumentare gli investimenti per il recupero del settore agricolo potrebbe ridurre in modo drammatico il bisogno di aiuti umanitari. E potrebbe avere un impatto significativo anche nell’arginare il flusso di migranti. Ricordo che dal 2011 la FAO sostiene i mezzi di sussistenza, la sicurezza alimentare e la nutrizione di oltre 2,4 milioni di siriani in zone rurali e nelle zone peri-urbane di Aleppo, Al-Hassakeh, Dara’a, Deir-ez-Zor, Hama, Homs, Idleb, le zone rurali attorno a Damasco, Sweida e Quinetra“.
Il supporto alla produzione agricola influisce sul flusso di migranti
Circa il 95% delle comunità intervistate hanno affermato che ricevere input agricoli di base – come semi, fertilizzanti e combustibile per le pompe d’irrigazione – ridurrebbe il numero di persone costrette ad abbandonare le zone rurali per cercare opportunità altrove e probabilmente incoraggerebbe molti migranti e sfollati interni a tornare alle proprie terre.
Lo studio, inoltre, evidenzia che:
– oltre il 75% delle famiglie nelle zone rurali continua a produrre cibo per consumo proprio, anche su scala molto ridotta;
– circa il 60% delle famiglie segnalano che la mancanza di fertilizzanti rappresenta un ostacolo critico alla produzione di cerali permanenti come grano, orzo e legumi. Altri ostacoli importanti includono: l’emergere di infestazioni e malattie, la distruzione dei sistemi di irrigazione e di abbeveramento per il bestiame;
– dal 2011 il numero di capi di bestiame posseduti delle famiglie è crollato del 57% per quanto riguarda i bovini, del 52% per le pecore, del 48% per le capre e del 47% per il pollame;
– la percentuale di reddito utilizzata per l’acquisto di cibo è salita mentre la capacità di guadagno delle famiglie è calata. Allo stesso tempo, i prezzi alimentari sono aumentati drammaticamente. Prima della crisi, circa il 25% delle famiglie spendeva un quarto del proprio reddito annuale in cibo. Ma nel settembre 2016, il 90% di loro spendeva più della metà del reddito annuale per il cibo;
– rispetto al 2011, nel 2016 meno della metà della popolazione viveva ancora in zone rurali.
Gravi perdite per la produzione cerealicola e l’allevamento di bestiame
Del totale di 16 miliardi di dollari di danni stimati al settore agricolo del Paese, i danni agli asset – compresi trattori, macchinari vari, aziende agricole, cliniche veterinarie, stalle, serre, sistemi di irrigazione e di lavorazione – raggiungono gli oltre 3 miliardi di dollari. Una cifra destinata ad aumentare quando sarà possibile valutare l’entità della devastazione nelle aree principali del conflitto.
Circa 6,3 miliardi di dollari, invece, sono i danni e le perdite stimate per la produzione cerealicola. Nel settore dell’allevamento, i danni e le perdite ammontano, infine, a circa 5,5 miliardi di dollari mentre sono circa 80 milioni di dollari i danni stimati al settore ittico nazionale.
Far ripartire la produzione alimentare
Il costo iniziale per ricostruire il settore agricolo del paese, in un periodo di tre anni, è stimato tra i 10,7 e i 17,1 miliardi di dollari, a seconda che non vi siano cambiamenti negli scontri, oppure avvenga un ritorno parziale o totale alla pace. Il rapporto delinea piani d’azione per ognuno di questi scenari possibili, includendo modalità per affrontare problemi di fondo, come l’utilizzo sostenibile dell’acqua per l’irrigazione.
Le famiglie rurali hanno ben chiari quali sono i loro bisogni per riavviare o sostenere la produzione agricola. Servono con urgenza input di base come fertilizzanti, semi e trattamenti per il bestiame. Una volta che questi bisogni saranno soddisfatti, servirà concentrarsi sul credito, il supporto alla lavorazione e alla vendita, e sulla riparazione di asset critici come le infrastrutture per l’irrigazione.
Nonostante il potenziale offerto dall’agricoltura per far fronte alla mancanza e alle difficoltà di accesso al cibo, nei lunghi anni di conflitto si è fatto molto poco per tutelare i mezzi di sussistenza agricoli e rivitalizzare il settore. Il rapporto sottolinea che se le zone agricole del Paese continueranno ad essere ignorate, altri saranno costretti a lasciare le proprie terre e la Siria rischierà di emergere dal conflitto come una Nazione con la propria produzione commerciale di alimenti e il proprio settore agricolo sull’orlo del collasso.
A conclusione del rapporto la FAO precisa che i danni sono intesi come distruzione totale o parziale delle infrastrutture o asset, e il loro valore viene calcolato considerando i costi per la sostituzione o la riparazione ai prezzi correnti. Le perdite vengono calcolate comparando il valore della produzione annuale corrente con la stima del valore di produzione come se non ci fosse il conflitto.