Uno Studio realizzato da ricercatori della Washington State University, analizzando 40 anni di ricerche scientifiche in 4 aree di sostenibilità, ha concluso che l’agricoltura biologica è in grado di rispondere adeguatamente ai criteri di produttività, redditività, impatto ambientale e benessere delle comunità, suggerendo di eliminare le barriere che si frappongono all’adozione di tali pratiche, ma anche di adottare un mix di pratiche biologiche innovative.
Lo studio “Organic agriculture in the twenty-first century”, pubblicato come articolo di copertina nel numero di febbraio 2016 di Nature Plants, ha concluso che l’agricoltura biologica può produrre rendimenti sufficienti in grado di sostenere una popolazione globale in crescita, essere in grado di offrire redditi agli agricoltori, proteggere e migliorare l’ambiente, rendere più sicuri i lavoratori.
Condotto da ricercatori della Washington State University (WSU), lo Studio ha preso in esame 40 anni di scienza confrontando l’agricoltura biologica e quella convenzionale attraverso i 4 obiettivi di sostenibilità individuati dalla National Academy of Sciences (produttività, economia, ambiente e benessere della comunità).
“Centinaia di studi scientifici attestano che che nell’attuale società il biologico dovrebbe svolgere un ruolo nel nutrire il mondo – ha dichiarato John P. Reganold, Professore di Scienza del suolo e Agroecologia presso la WSU e principale autore della ricerca – Trenta anni fa, c’erano solo un paio di manciate di studi che confrontavano l’agricoltura biologica con il convenzionale. Negli ultimi 15 anni, questo tipo di studi sono saliti alle stelle”.
Nonostante la sua rapida crescita negli ultimi due decenni, la produzione biologica rappresenta ad oggi l’1% dei terreni agricoli globali.
Per lungo tempo, i critici hanno sostenuto che l’agricoltura biologica sia del tutto inefficiente, richiedendo più terra per produrre la stessa quantità di cibo. Viceversa, la rassegna ha messo in evidenza casi in cui i rendimenti del biologico possono essere superiori ai metodi di coltivazione convenzionali.
“In condizioni di gravi periodi di siccità, in aumento con i cambiamenti climatici in corso – ha aggiunto Reganold – le aziende biologiche hanno il potenziale per produrre rendimenti elevati a seguito della maggiore capacità dei suoli da agricoltura biologica di trattenere l’acqua”.
Anche se i rendimenti risultassero più bassi, l’agricoltura biologica sarebbe per gli agricoltori più redditizia perché i consumatori sono disposti a pagare di più. I prezzi più elevati si giustificherebbero come un modo per compensare gli agricoltori per fornire servizi ecosistemici e evitare danni ambientali e costi esterni.
I numerosi studi raccolti nell’attività di revisione dimostrano, infatti, i benefici ambientali della produzione biologica. Nel complesso, le aziende biologiche tendono ad immagazzinare più carbonio nel suolo, hanno una migliore qualità del suolo e ne riducono l’erosione. Inoltre, con l’agricoltura biologica i suoli e le acque si inquinano di meno e ci sono minori emissioni di gas ad effetto serra, perché non si utilizzano fertilizzanti sintetici o pesticidi. È pure più efficiente, aumentando i servizi che la natura offre, come l’impollinazione, e migliorando la capacità dei sistemi agricoli di adattarsi al mutare delle condizioni.
Di recente, il Ministro dell’Agricoltura della Germania, Christian Schmidt, parlando a margine di BIOFACH, il Salone leader mondiale degli Alimenti Biologici svoltosi la settimana scorsa a Norimberga (11-13 febbraio 2016), ha incoraggiato gli agricoltori tedeschi ad entrare nell’agricoltura biologica, anche al fine di contrastare gli effetti delle fluttuazioni dei prezzi del mercato agricolo mondiale.
“Il mercato del biologico offre, inoltre, enormi potenzialità di crescita per gli agricoltori – ha dichiarato Christian Schmidt – anche se non interverremo con una legge per imporre l’agricoltura biologica”.
Secondo Reganold, “nutrire il mondo” non è solo una questione di rendimento, ma richiede anche l’esame di rifiuti alimentari e la distribuzione di cibo.
“Se si guarda alla produzione di calorie pro-capite, stiamo producendo ben più cibo di quanto necessario per nutrire gli attuali 7 miliardi di persone, ma ne sprechiamo il 30-40% – ha sottolineato Reganold. – Non è solo una questione di produrre abbastanza, ma rendere l’agricoltura ecocompatibile e fare in modo che il cibo arrivi a chi ne ha bisogno“.
Gli autori suggeriscono che nessun tipo di agricoltura può alimentare il mondo, ma che è necessario un equilibrio di sistemi di coltivazione innovativi biologici e altri (agroforestali, agricoltura integrata, agricoltura conservativa, colture miste/allevamento e altri che dovranno essere scoperti).
Raccomandano, inoltre, cambiamenti di politiche che affrontino le barriere che stanno ostacolando l’espansione dell’agricoltura biologica, tra i quali vengono inclusi: i costi di transizione a certificazione biologica; la mancanza di accesso al lavoro e ai mercati; l’assenza di infrastrutture adeguate per lo stoccaggio e il trasporto di alimenti; gli strumenti giuridici e finanziari necessari per incoraggiare l’adozione di pratiche agricole innovative e sostenibili.