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In 139 Paesi si può coprire fabbisogno energetico al 2050 con le rinnovabili

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Sta suscitando grande interesse lo Studio “100% Clean and Renewable Wind, Water, and Sunlight All-Sector Energy Roadmaps for 139 Countries of the World” pubblicato sul primo numero del 6 settembre 2017 Joule, una nuova Rivista “di ricerca, analisi e idee eccezionali e intelligenti che affrontano la necessità di un’energia più sostenibile” come la definisce l’editrice CellPress, a cui hanno contributivo 27 ricercatori, per lo più dell’Università di Stanford, ma anche di BerkelyBerlino e AArhus, coordinati dal Prof. Mark Z. Jacobson del Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale dell’Università californiana di Stanford e co-fondatore e Direttore del Programma Atmosfera/Energia dell’ateneo.

La promozione mediatica che tale ricerca sta ricevendo è incoraggiante, ma non ci sorprende perché quando il 6 febbraio 2016 pubblicammo su questo sito “The Solutions Project”: ecco come l’Italia potrebbe coprire con le rinnovabili il 100% del proprio fabbisogno energetico” in pochi giorni l’articolo superò le 6.000 aperture di pagina, tanto che fu deciso di inserirlo nell’edizione cartacea (Regioni&Ambiente, n. 1-3, genn – mar, 2016).

Si trattava di fatto delle anticipazioni dei risultati ora pubblicati e aggiornati (sono stati affinati i calcoli sulla disponibilità di energia fotovoltaica sui tetti, di risorse energetiche rinnovabili e di nuovi posti di lavoro creati rispetto a quelli persi), riassunti in una rappresentazione grafica interattiva che in dettaglio mostrava come potrebbe essere il mix energetico di 139 Paesi che volessero raggiungere l’obiettivo di zero emissioni al 2050, utilizzando solo le energie rinnovabili disponibili in ogni singolo Stato, tenendo conto, oltre che delle disponibilità di fonti pulite, anche della loro futura domanda di energia, dei costi e della disponibilità di uso dei suoli. Nella circostanza proponemmo l’infografica relativa all’Italia.

Il Piano era stato pubblicato allora sul sito di “The Solutions Project“, una ONG fondata dallo stesso Jacobson, dal Vice-Presidente della RaboBank Marco Krepels, dall’attore-regista candidato più volte all’Oscar Mark Ruffalo e dal regista Josh Fox, che ha per mission la sensibilizzazione dei cittadini, in particolare quelli statunitensi, verso i temi della sostenibilità.
Gli ostacoli principali sono di tipo sociale, politico e di indisponibilità a cambiare da parte delle industrie – aveva dichiarato Jacobson in occasione della presentazione della roadmap statunitense – Un modo per superare le barriere è quello di informare la gente su ciò che è tecnologicamente ed economicamente possibile, riducendo così gli ostacoli per una trasformazione su vasta scala“.

Lo Studio ora pubblicato analizza l’evoluzione del sistema energetico di 139 Paesi sulla base dei consumi energetici dei settori dei trasporti, del residenziale (riscaldamento/raffrescamento), delle industrie, dell’agricoltura, della silvicoltura e della pesca, i cui dati sono tratti dalle pubblicazioni più recenti dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA), che nell’insieme emettono più del 99% della CO2 di tutto il mondo.

Per ogni Paese si sono valutate le disponibilità energetiche rinnovabili, concentrandosi solo su eolico, idroelettrico e solare, perché le altre forme rinnovabili emettono comunque più quantità di anidride carbonica di gran lunga superiori rispetto alle altre considerate.

La conclusione è che lo scenario WWS (“wind, water and sunlight”) è raggiungibile all’80% già nel 2030 e al 100% nel 2050, riducendo la domanda energetica del 42,5% rispetto allo scenario BAU (business-as-usual), per effetto dell’incremento del tasso di elettrificazione, del mancato consumo energetico per le attività di estrazione, trasporto e raffinazione delle fonti fossili, alla più alta efficienza negli usi finali, con correlati benefici in termini di costi, di nuovi posti di lavoro, di salute dei cittadini.

Oltre ad eliminare le emissioni e ad evitare che il riscaldamento globale a fine secolo superi +1,5 °C e ad avviare il processo di rilascio dell’anidride carbonica nell’atmosfera terrestre, la transizione eliminerebbe 4-7 milioni di morti all’anno per inquinamento atmosferico e questi piani creerebbero oltre 24 milioni di posti di lavoro fissi – ha sottolineato Jacobson – Ciò che è diverso tra questo studio e altri studi che hanno proposto soluzioni è che stiamo cercando di esaminare non solo i benefici per il clima per la riduzione del carbonio, ma anche quelli correlati all’inquinamento atmosferico, ai vantaggi per i lavoratori e per la riduzione dei costi in termini di costi“.

Sorprendentemente, dallo Studio emerge che i Paesi più grandi e popolosi sarebbero in grado di operare questa transizione di 100% rinnovabili con maggiore facilità rispetto a quelli ai piccoli Stati insulari o città Stato come Singapore dove dovrà essere utilizzata solo l’energia solare.

Lo studio ha anche rilevato che a livello globale era in funzione a fine 2015 solo il 4,26% della capacità da fonti rinnovabili necessaria per cogliere l’obiettivo 100% WWS. Per l’Italia, i ricercatori hanno stimato un carico di domanda complessivo al 2050 di 240,5 GW nello scenario BAU, derivante per il 33,3% dal settore trasporti, per il 25,8% dal residenziale, per il 25,7% dall’industria, per il 13,5% dal terziario e per 1,7% da agricoltura e pesca. Se si raggiungesse lo scenario WWS, il il carico non supererebbe i 134,9 GW (- 43,9% rispetto al BAU), con residenziale al 32,3%, industria al 25,5%, trasporti al 20,4%, terziario al 19,2% e agricoltura e pesca al 2,5%.

Queste analisi sono state criticate anche per i notevoli investimenti necessari per indirizzare un Paese verso l’obiettivo desiderato, ma Jacobson ha ribadito che il costo complessivo per la società (energia, salute e costi climatici) del sistema proposto è un quarto di quello dell’attuale sistema a combustibili fossili. Per quanto riguarda i costi iniziali, la maggior parte di questi sarebbero comunque necessari per sostituire l’energia esistente e il resto è un investimento che viene compensato a lungo termine per effetto della riduzione di quelli connessi alla salute e al clima. compensarsi nel tempo quasi eliminando i costi di salute e clima.

Questo studio aiuta a far avanzare il dibattito all’interno e tra le comunità scientifiche, politiche e degli affari su come immaginare e pianificare un’economia decarbonizzata – scrive Mark Dyson del Rocky Mountain Institute (Boulder, Co) nell’articolo-editoriale “Sharpening Focus on a Global Low-Carbon Future” che precede e accompagna su Joule lo Studio di Jacobsen e degli altri ricercatori – Data l’urgenza della sfida climatica, tuttavia, l’imperativo per l’azione, non solo l’analisi di modelli o scenari, è più evidente che mai. A tal fine, né il presente documento né altre analisi eseguite da ricercatori con approcci tecnologici differenti rispetto a quelli dello studio di Jacobson ed altri dovrebbero essere considerati come uno scenario definitivo o una tabella di marcia per combattere i cambiamenti climatici. Autori diversi con ipotesi e tecniche diverse troveranno comprensibilmente ‘risposte’ diverse per la decarbonizzazione a lungo termine. Tuttavia, la maggior parte dei dibattiti conclusivi sulla questione presentano una grande incertezza sugli input che guidano tali ricerche“.

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