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Vino italiano: oltre il Covid cambiando fisionomia di business

L’indagine sul vino italiano di Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor è stata presentata nel corso del Summit internazionale sul futuro del vino, pre-evento di wine2wine Digital (22-24 novembre 2020) che si pone l’obiettivo di supportare le imprese vitivinicole nella fase di ripresa dall’emergenza sanitaria che ha segnato lo spartiacque nei modi di fare business.

Wine Club fondati sull’economia delle relazioni, pensati per condividere enopassioni e inviare ai soci prodotti ad personam, piattaforme proprietarie di e-commerce, potenziamento dei servizi di delivery, vendite multicanale. E tanta condivisione delle wine experience, rigorosamente online e segmentate per target. Il mondo italiano del vino guarda oltre l’anno nero 2020 e cambia fisionomia al proprio business.

È quanto rileva l’indagine “Il wine business nell’era post Covid-19” presentata il 21 novembre 2020 a Veronafiere dall’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor nel corso del Summit internazionale Il futuro del vino: visioni differenti, unica prospettiva” di avvio dell’evento online wine2wine Digital (22-24 novembre), a seguito del DPCM 24 ottobre che per le misure di contenimento del Covid-19 ha cancellato ogni attività fieristica in presenza, alla cui piattaforma i buyer potranno accedere tramite registrazione.

L’’indagine, svolta su un panel di 165 aziende (4 miliardi di euro il fatturato cumulato, di cui 2,5 miliardi relativi all’export, circa il 40% del totale Italia), ritrae un settore che ha vissuto il 2020 come uno spartiacque, in cui in pochi mesi sono state spazzate via decenni di certezze.

La generale difficoltà delle imprese è il combinato dei cali nei canali Horeca (in rosso nel 91% dei casi), nel dettaglio specializzato (per 3 produttori su 4) dell’export (per il 63% delle aziende) e della vendita diretta in cantina, il cui gap è generato anche dalla fortissima contrazione degli arrivi enoturistici stranieri, in diminuzione per l’87% degli intervistati. Anche l’enoturismo nazionale sul quale si puntava durante il periodo della vendemmia, è stato di fatto ridimensionato a seguito delle misure introdotte per contenere la seconda ondata della pandemia. A fare da parziale contraltare, le vendite nella GDO italiana (in crescita per il 51% dei rispondenti) e il boom dell’online, riscontrato da 8 operatori su 10.

La pandemia ha ulteriormente messo in luce le problematiche strutturali e dimensionali di cui soffre il nostro sistema produttivo – ha affermato il responsabile dell’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor, Denis PantiniCon la chiusura dell’Horeca e la ridotta diversificazione dei mercati e dei canali di vendita, sono soprattutto le imprese vinicole più piccole a pagare il conto più salato di questo scenario di crisi dominato dall’incertezza. Un conto che non è certo più leggero anche per le imprese più dimensionate, ma che tuttavia potendo contare su strutture commerciali, finanziarie e patrimoniali più robuste, dimostrano una resilienza indubbiamente più elevata”.

Il quadro dell’export, nonostante l’Italia abbia sofferto meno dei propri competitor, è comunque a tinte fosche: il 63% vede rosso, mentre le aziende in crescita sono solo il 18%. Stando all’analisi del campione, rappresentativo per fatturato ed export, sono infatti le piccole imprese (sotto il milione di euro) a scontare gli indicatori peggiori.

Tra i top 10 mercati maggiormente in difficoltà, Regno Unito e Stati Uniti sono le aree più critiche, in contrazione per il 60% del campione. A seguire, Giappone, Australia, Cina, Germania, Canada, Russia e Svizzera, in uno scenario globale che vede 9 piazze su 10 in negativo, con la sola Svezia a luce verde.

La certezza generale è che nei prossimi 2-3 anni cambierà tanto (solo 1% dichiara che tutto tornerà come prima), mentre le opinioni più diffuse prevedono riduzioni, in Italia e all’estero, del numero di locali e dei consumi fuori casa, a cui contrapporre l’impatto positivo dato dall’incremento delle vendite online e dall’aumento della domanda di vini autoctoni, biologici, sostenibili.

Innovazione è la parola d’ordine, non tanto nella presenza sui social già attiva nella quasi totalità delle imprese, quanto nella necessità di attivare sempre più strumenti crossmediali, di intensificare il rapporto diretto, di prestare maggiori servizi all’utente e di profilare pubblici di consumer da affezionare negli anni.

Per fare degli esempi, nel 2019 i wine club erano uno strumento di nicchia (11% del panel), mentre tra qualche mese la quota salirà al 57%. Lo stesso vale per le degustazioni a distanza, professionali e non, che passeranno dal 16% all’84%. Quasi un plebiscito anche per la vendita diretta attraverso l’attivazione di un canale e-commerce: dal 55% all’87%. Ma la svolta, per la verità più marcata tra le grandi aziende, non finisce qui. Le nuove consapevolezze per controbattere alla crisi congiunturale si concretizzano nelle vendite multicanale (74,1%), nella maggior diversificazione dell’export (74,1%), nella brand awareness, nella maggior condivisione con importatori e distributori, nell’accelerazione delle strategie di engagement sui social.

Tra le misure di sostegno richieste alle istituzioni per far ripartire il settore, al primo posto figurano i fondi dell’OCM promozione da poter utilizzare non più solo sui Paesi extra-UU ma anche sui mercati europei (65%). Una istanza, questa, a sostegno dei mercati di prossimità, che stanno soffrendo più di altri.

Era importante fotografare lo stato dell’arte attraverso la voce diretta delle imprese – ha sottolineato il Direttore generale di Veronafiere, Giovanni MantovaniIl risultato, se da una parte conferma le difficoltà sui mercati già riscontrate dal nostro Osservatorio, dall’altra dimostra una grande vitalità delle aziende, impegnate sin da subito in una transizione epocale del proprio modo di fare business sotto il profilo commerciale, del marketing e della comunicazione. Questi scenari evolutivi saranno abbondantemente approfonditi in questi giorni a wine2wine con oltre 70 appuntamenti dedicati”.

di E. B.

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