Energia Fonti fossili

Gas boom: da usare come ponte o si rischia di andare a sbattere?

Gas boom

Lo Studio di Global Energy Monitor, peraltro subito contestato dall’IGU, è destinato a rinfocolare il dibattito sul ruolo del gas come fase di passaggio verso la transizione energetica, che molte Associazioni ambientaliste contestano per il rischio che indulgere troppo su questa fonte fossile potrebbe rallentare il passaggio verso le fonti pulite.

Stante gli impegni climatici che prevedono il ridimensionamento nel prossimo decennio del gas naturale, per non parlare del rischio per gli investitori di asset bloccati e di perdite finanziarie dovute ad un eccesso di impianti, un ragionevole approccio alla questione dell’espansione dei terminali per il gas naturale liquefatto sarebbe una moratoria sulle loro ulteriori costruzioni”.

Sono queste le conclusioni del ReportThe New Gas Boom. Tracking Global LNG Infrastructure” rilasciato da Global Energy Monitor (GEM), una Ong che monitora tutti i progetti di combustibili fossili, gasdotti compresi, e che detiene un database delle relative infrastrutture esistenti e proposte di tutto il mondo nel suo Global Fossil Infrastructure Tracker , continuamente aggiornato e che è possibile consultare, con le informazioni su posizione, stato delle opere, proprietari e dimensioni.

L’obiettivo concordato dell’Accordo di Parigi di un aumento della temperatura globale alla fine del secolo di 1,5 °C implicherebbe, secondo l’IPCC, un abbattimento delle emissioni dei combustibili fossili, compreso un taglio del 75% del consumo di gas naturale in tutte le sue forme, entro la metà del secolo.

Viceversa, secondo l’ultimo Rapporto dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA) la domanda mondiale di gas ha continuato a crescere negli ultimi anni ed è aumentata nel 2018 del 4,6% rispetto al 2017, e le previsioni al 2024 indicano che arriverà a 4,3 trilioni di metri cubi (+10%), spinta dall’aumento dei consumi nelle nuove economie asiatiche e dallo sviluppo del commercio internazionale del gas.

Il gas naturale liquefatto (GNL) che nel 2000 rappresentava appena il 5% di tutto il gas, è ora salito all’11%, per i progressi della tecnologia necessaria per liquefare il gas per esportarlo e quindi rigassificarlo per l’importazione. 

Per Global Energy Monitor, se i progetti estrattivi ed infrastrutturali fossero portati a termine, l’offerta di gas entro il 2030 si triplicherebbe e il 20% sarebbe costituito da GNL.

Incredibilmente -ha dichiarato Ted Nace, scrittore ed ambientalista conosciuto negli Stati Uniti per le battaglie contro il carbone, Fondatore e Direttore esecutivo di Global Energy Monitor, nonché co-autore dello Studio –  il boom del GNL sta avvenendo proprio quando il metano si sta rivelando un attore significativamente peggiore di quanto si supponesse. Oggi si continua a parlare di gas naturale come un ponte verso le rinnovabili, ma non corrisponde alla realtà”.

Il gas naturale bruciato produce meno della metà della CO2 del carbone, emette molto meno ossidi di azoto e quasi nessun biossido di zolfo, due dei principali componenti nocivi dell’inquinamento atmosferico, e poco particolato atmosferico (PM).

Per queste ragioni, il gas naturale è visto come un’opzione attraente, in particolare per le città dell’Asia che hanno alti livelli di inquinamento atmosferico e che attualmente utilizzano il carbone per il riscaldamento e per produrre elettricità.

Nuovi studi hanno dimostrato che fuoriesce molto più gas di quanto stimato 5 anni fa – ha aggiunto James Browning, Direttore della Comunicazione di Global Energy Monitor e co-autore dello Studio – contribuendo ai cambiamenti climatici più di quanto si supponesse”..

Secondo lo Studio cui si fa riferimento nel Rapporto, tuttavia, non si tiene conto adeguatamente che durante le fasi di estrazione, trasporto, liquefazione e rigassificazione, si perderebbe il 2,3% di metano (“metano fuggitivo”), una delle principali componenti del gas naturale, gas serra 80 volte più potente nel breve termine della CO2.

Fino a qualche tempo fa, per tutti gli scopi pratici, il gas era considerato una “risorsa continentale” ovvero era limitato ai luoghi in cui si poteva costruire un gasdotto, mentre il carbone e il petrolio venivano comunemente spostati dai mercantili e dalle navi cisterna di tutto il mondo. Ma i costi in calo della tecnologia GNL hanno cambiato la situazione, rendendo possibile la trasformazione del gas in un liquido per la spedizione dtramite navi gasiere in qualsiasi parte del mondo.

Per Global Energy Monitor, sono 202 i progetti di terminali GNL in fase di sviluppo in tutto il mondo, di cui 116 terminali di esportazione, concentrati soprattutto negli Stati Uniti e in Canada dove il gas viene estratto per fratturazione delle rocce di scisto (shale gas), con pesanti conseguenze ambientali, e 86 terminali di importazione. Se tutti i progetti estrattivi ed infrastrutturali fossero portati a termine, l’offerta di gas entro il 2030 si triplicherebbe e il 20% sarebbe costituito da GNL.

Global Energy Monitor, inoltre, mette in guardia gli investitori (si stima che ci siano in ballo 1.300 miliardi di dollari) attratti dalle prospettive di sfruttare il boom globale del gas, aumentando in modo massiccio le infrastrutture di esportazione e importazione di GNL, perché potrebbero rivelarsi “stranded assets”, attività scarsamente remunerative perché dopo un periodo iniziale di redditività, potrebbero essere inutilizzate, come è accaduto per gli investimenti nel carbone effettuati 10 anni fa.

L’unica buona notizia è che molti di questi progetti sono nella fase progettuale – ha sottolineato Nace – per cui c’è ancora tempo per una moratoria sulle infrastrutture di GNL, prima di incagliarci in danni climatici ancora più irreversibili“.

Infine, il Direttore esecutivo di Global Energy Monitor, ha riservato una polemica battuta per il Sottosegretario al Dipartimento dell’Energia Mark Menezes che aveva definito tali progetti “fonti di energia pulita, fondamentali per diffondere il gas della libertà in tutto il mondo“.

Secondo quanto riportato da CNN Business, Nace avrebbe paragonato questo atteggiamento un po’ a quello di un corridore che, pur precipitando dalla scogliera, continua a correre: “Si tratta di industrie storiche molto forti che non se ne andranno senza combattere”.

La reazione del settore gasifero non si è fatta attendere.
In una nota firmata dal Presidente dell’Unione Internazionale del Gas (IGU) si legge:
Il gas naturale ha ruoli economici e ambientali vitali nei sistemi energetici attuali e futuri, ripulendo l’aria urbana da inquinanti tossici derivanti dalla combustione di carbone, legno, rifiuti e gasolio, riducendo significativamente le emissioni di CO2. Il gas naturale è uno strumento affidabile che aiuta i governi a raggiungere gli obiettivi climatici nazionali e internazionali, fornendo resilienza del sistema energetico in condizioni climatiche avverse quando altre tecnologie falliscono, consentendo tecnologie pulite per tutti gli usi energetici, il tutto garantendo al contempo energia a prezzi accessibili a fronte di costi crescenti. È anche un fornitore di indispensabile flessibilità del sistema elettrico, garantendo un’affidabilità tanto importante al giorno d’oggi per il corretto funzionamento delle nostre imprese ed economie. Il recente studio di Global Energy Monitor manca di tutto questo. Peggio ancora, la sua analisi delle emissioni di CO2, che funge da base per il licenziamento del gas, non è corretta. L’analisi si basa su uno studio di valutazione delle emissioni di metano fortemente contestato, basato su dati raccolti da una parte della catena di approvvigionamento statunitense e basato su una metodologia top-down, che si è dimostrata di sovrastimare le emissioni, a causa di una limitazione temporale, in un recente studio pubblicato sulla PNAS […]”.

Le polemiche sul ruolo del gas come “ponte” verso la transizione energetica, sono destinate a continuare. Se è pur vero che è il più “pulito” tra gli idrocarburi, indugiare a lungo su tale fonte potrebbe ritardare la transizione verso le fonti rinnovabili.

L’immagine del “roadrunner” che continua a correre nel vuoto rievoca i cartoon di Looney Tunes della serie Willy il coyote e Beep Beep il roadrunner (uccello della famiglia dei cuculidi), quando in molti episodi ad un certo momento l’uccello salta giù da una rupe, il che va bene, perché può volare, mentre il coyote che vuole arrestarne la corsa precipita, cercando disperatamente di correre in aria nel tentativo di ridurre il suo impatto a terra.

Metaforicamente, si potrebbe individuare in Beep Beep le fonti rinnovabili e quelle fossili in Willy, solo che non c’è molto da ridere…

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