Il position paper di Utilitalia “Utilities: la sfida dell’economia circolare”, presentato al Green Symposium di Napoli, fornisce orientamenti utili alle imprese del settore per i propri investimenti, ma anche ai policy maker perché sappiano supportare questa transizione ecologica nel modo migliore.
Con investimenti per 280 milioni all’anno; con un livello di raccolta differenziata che si attesta al 69%; con un tasso di smaltimento in discarica del 4%, decisamente più basso della media nazionale (21%) e ben al di sotto del limite massimo del 10% stabilito dall’UE per il 2035; con 98 milioni di m3 di biogas prodotti nel 2020; con un tasso di recupero dei fanghi di depurazione pari al 68,6%; e un tasso complessivo di riciclo del 77,5%: leaziende italiane dei servizi pubblici sono attori di primo piano nel passaggio verso l’economia circolare.
È il bilancio delle imprese dei servizi pubblici come viene raccontato dal Position paper “Utilities: le sfide dell’economia circolare”, messo a punto da Utilitalia, laFederazione delle imprese italiane dei servizi pubblici che operano nei settori acqua, ambiente, energia elettrica e gas, e presentato il 17 settembre 2021 al Green Symposium di Napoli, che si concentra su un campione rappresentativo dell’84% dei ricavi complessivi e del 77% dei lavoratori del settore, e che interessa circa 21 milioni di cittadini. .
L’obiettivo dell’evento è fornire orientamenti utili alle imprese del settore per i propri investimenti, ma anche ai policy maker perché sappiano supportare questi approcci nella maniera migliore, soprattutto in vista delle somme dedicate alle iniziative, con impatti positivi sull’ambiente, che sono parte del PNRR e delle altre iniziative di spesa pubblica volte alla ripresa dell’economia italiana tramite la leva dell’innovazione e della sostenibilità.
I benefici di un approccio “circolare” – viene spiegato – vanno al di là della raccolta e della gestione dei rifiuti:
– nell’idrico ci sono opportunità legate al riutilizzo delle acque reflue depurate, al recupero e al riutilizzo dei fanghi di depurazione e al revamping degli impianti per migliorarne l’efficienza;
– per l’ambiente è possibile sviluppare modelli di riuso, potenziare la raccolta differenziata di qualità, implementare nuovi flussi di raccolta, ridurre la produzione di rifiuti e applicare tecnologie innovative;
– per il settore energia si può puntare su revamping e repowering degli impianti di generazione, recupero degli accumulatori, sviluppo di modelli di condivisione e gestione del fine vita degli impianti energetici.
A livello europeo, in una logica legata alla riduzione delle emissioni di CO2, i benefici ambientali saranno compresi tra 80 e 150 milioni di tonnellate al 2030, e tra 300 e 550 milioni di tonnellate al 2050.
A questi si sommano i benefici economici: gli investimenti nell’economia circolare possono arrivare a sbloccare fino a 356 miliardi di euro al 2025 in Europa, con effetti anche sulla riduzione del 10% dei costi delle materie prime (fino al 12% in meno al 2050).
Il potenziale complessivo potrebbe essere un incremento del PIL del 7% al 2030.
Per sfruttare al meglio queste potenzialità sono necessarie azioni congiunte che coinvolgono le utilities e i policy maker:
– da un lato, le utilities devono adottare programmi che rendano più circolare il proprio business, dotarsi di strumenti di misurazione puntuale, migliorare le performance di riciclo e partecipare a piattaforme di collaborazione per lo sviluppo di progetti condivisi;
– dall’altro lato, i policy maker devono approntare una Strategia nazionale per l’economia circolare e una roadmap per lo sviluppo di impianti di trattamento dei rifiuti; servono inoltre una revisione della disciplina dell’End of Waste, l’estensione del campo di applicazione della responsabilità estesa del produttore (EPR) a nuove filiere di rifiuti e infine l’incentivazione dello sviluppo del biometano.