Circular economy Sostenibilità

Tessili: il riuso di capi ha impatto 70 volte inferiore ai nuovi 

Uno Studio commissionato da EURIC (Confederazione Europea delle Industrie di Riciclo) che valuta l’impatto del riuso di prodotti tessili rispetto al riciclo, dimostra che il loro riutilizzo è di gran lunga più vantaggioso per l’ambiente. Lo Studio formula, inoltre, raccomandazioni per i responsabili politici affinché accelerino gli investimenti in impianti e l’adozione di regole per la cernita della qualità dei rifiuti tessili.

Il riutilizzo di un capo di abbigliamento di qualità medio-alta ha un impatto ambientale inferiore del 70% rispetto alla produzione di nuovo indumento, (anche tenendo conto delle esportazioni globali per il riutilizzo) significativi risparmi di emissioni (- 3kg di CO2) e di acqua utilizzata (0,01%).

È il risultato dello Studio “LCA-based assessment of the management of European used textiles”, commissionato dalla Confederazione delle industrie europee del riciclaggio (EURIC).

Lo studio fornisce una panoramica qualitativa del mercato dei tessili usati sia in Europa che a livello globale, inserendo una presentazione delle pratiche di raccolta e smistamento attuali e future in Europa, la quota e il destino di varie qualità, inclusi riutilizzo e riciclaggio, i volumi previsti, i destini e la composizione dei tessili raccolti dopo il 2025, data in cui entrerà in vigore in tutta Europa la Direttiva 2018/851 l’obbligo della raccolta differenziata dei rifiuti tessili, che l’Italia ha anticipato al 1° gennaio 2022, recependo il Pacchetto sull’Economia Circolare.

L’Agenzia Europea dell’Ambiente (AEA), ha evidenziato che, rispetto ad altre categorie di consumo, i tessuti hanno causato nel 2020 la 3a maggiore pressione sull’uso dell’acqua e del suolo, il 5° maggiore utilizzo di materie prime e sono al 5° posto per emissioni di gas serra. Mediamente per ogni europeo, il consumo tessile ha richiesto 9 metri cubi di acqua, 400 metri quadrati di terra, 391 kg di materie prime e ha causato un’impronta di carbonio di circa 270 kg. La stragrande maggioranza dell’uso delle risorse e delle emissioni è avvenuta al di fuori dell’Europa.

Purtroppo, circa il 62% degli indumenti e dei tessuti usati finisce nei rifiuti domestici, il che significa che è probabile che i tessuti di valore vengano inceneriti o gettati in discarica – ha affermato Mariska Boer, Presidente di EURIC Textiles – L’industria europea del riutilizzo e del riciclaggio dei tessuti prevede una catena del valore tessile circolare in cui ogni capo di abbigliamento venga riutilizzato in modo ottimale e/o riciclato”.

Nell’industria tessile, il riutilizzo si riferisce ai processi che prolungano la vita utile pratica dei prodotti come l’acquisto di seconda mano, il noleggio, lo scambio e altro ancora, anche senza modifiche come il rammendo. Il riciclaggio si riferisce al ritrattamento di rifiuti tessili per nuovi prodotti tessili o non tessili.

Lo Studio ha confrontato l’impatto del riutilizzo con quello della produzione di nuovi capi in 3 categorie: 100% cotone; policotone (una fibra che mischia cotone e poliestere) e 100% poliestere, prodotti in Asia e venduti in Europa, Africa sub-sahariana e Pakistan. L’analisi conferma che l’impatto ambientale del riutilizzo è significativamente più basso della produzione di nuovi capi in tutti e tre i casi. Anche la produzione di nuovi capi, utilizzando fibre riciclate, ha offerto gli stessi risultati.

Lo Studio di EURIC, sottolineando anche come sia importante considerare anche il tasso di sostituzione, nella misura in cui l’acquisto di un capo usato effettivamente sostituisca l’acquisto di un capo nuovo da parte del consumatore, conferma le ipotesi della gerarchia dei rifiuti sui vantaggi ambientali del riutilizzo rispetto al riciclaggio, nel caso di abbigliamenti di bassa qualità, in genere interamente composti da poliestere.

Infine, vengono formulate delle raccomandazioni per i responsabili politici per lo sviluppo della circolarità per l’industria tessile, dal momento che i volumi di indumenti non riutilizzabili sono destinati ad aumentare notevolmente, tra cui:
investimenti in impianti di riciclaggio dei tessuti a livello globale;
implementazione dei sistemi di selezione in grado di individuare la qualità;
adozione di tecnologie innovative per il riciclaggio da fibra a fibra;
ricorso a “criteri di progettazione ecocompatibile” per aumentare la durata di vita degli indumenti, incluse le norme che impongono agli Stati di separare i tessuti di alta e media qualità da quelli di bassa qualità.

La nuova Strategia dell’UE per prodotti tessili sostenibili e circolari, inclusa nel Pacchetto prodotti sostenibili, adottato dalla Commissione UE lo scorso marzo, prevede che entro il 2030 i prodotti tessili immessi sul mercato dell’UE siano riciclabili e di lunga durata, realizzati il più possibile con fibre riciclate, privi di sostanze pericolose e prodotti nel rispetto dei diritti sociali e dell’ambiente.

Questo studio – ha concluso la Presidente di EURIC Textiles – sostiene i vantaggi ambientali di un mercato globale per il riutilizzo dei tessuti e il potenziale del riciclaggio per affrontare le crescenti quantità di indumenti di bassa qualità e non riutilizzabili“.

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