Un Rapporto, congiuntamente redatto dall’Agenzia Europea dell’Ambiente e dall’Ufficio Federale Svizzero per l’Ambiente, ha valutato gli “spazi operativi sicuri” dell’Europa sul consumo di 4 dei sistemi di supporto vitale per la Terra, in base al concetto di confini planetari.
Le sfide della sostenibilità globale suscitano sempre più preoccupazioni sulla stabilità del sistema terrestre che supporta tutta la vita sul nostro Pianeta. Lo Studio “Is Europe living within the limits of our planet?”, congiuntamente condotto dall’Agenzia Europea dell’Ambiente (AEA) e dall’Ufficio Federale Svizzero per l’Ambiente (UFAM), si è concentrato su quattro elementi critici di tale sistema, tra cui il ciclo dell’azoto e i cambiamenti nell’uso del suolo, esplorando diversi modi per definire la quota dell’Europa all’interno dello spazio operativo sicuro globale.
La conclusione è stata che “l’Europa non vive ancora entro i confini planetari”.
Per “confini planetari” (Planerary Boundaries), secondo la teoria divenuta famosa, elaborata nel 2009 assieme ad altri studiosi da Johan Rockström, allora Direttore esecutivo dello Stockholm Resilience Centre (SRC) ed ora Direttore del PIK (Istituto di ricerca sull’impatto climatico di Potsdam), si devono intendere gli “spazi operativi sicuri”, superati i quali si entra in una zona di incertezza e di pericolo, con il rischio di compromettere le condizioni di vita delle generazioni future.
Lo Studio ha cercato di dare risposte a 2 domande-chiave:
– come definire gli “spazi operativi sicuri” per l’Europa dove l’umanità possa continuare a svilupparsi e prosperare;
– se l’impronta ambientale dell’Europa sia attualmente più piccola o più grande del suo “spazio operativo sicuro” stimato.
Gli autori riconoscono che esistono diversi modi per ripartire lo spazio operativo europeo nel contesto globale, che comportano inevitabilmente scelte normative in materia di giustizia, equità, condivisione degli oneri internazionali, sovranità e diritto allo sviluppo. Sulla base di questi diversi principi di ripartizione, lo studio giunge ad individuare una quota minima europea del 2,7%, una quota massima del 21% e una quota mediana del 7,3% dei limiti globali.
Utilizzando un’analisi basata
sul consumo di 4 dei sistemi di supporto vitale della Terra, il Rapporto dimostra che
l’Europa attualmente supera il suo “spazio
operativo sicuro”:
– di un fattore 3,3 per il ciclo dell’azoto;
– di un fattore 2.2 per ciclo
del fosforo;
– di un fattore 1,8 per il
cambiamento di uso dei suoli.
Al contrario, l’Europa
vive entro i suoi limiti quando si tratta di uso di acqua dolce,
sebbene permangano problemi per il consumo eccessivo e la scarsità d’acqua a
livello locale e regionale.

All’interno del Rapporto un caso-studio dedicato all’impronta antropica sulla biodiversità in Svizzera evidenzia che, considerando il potenziale di perdita globale di specie a causa dell’uso del suolo, la Confederazione supera il valore di soglia di un fattore 3,7.
Si tratta di un nuovo campanello dall’allarme, dopo che l’AEA lo scorso dicembre con il Rapporto sullo Stato e Prospettive dell’Ambiente in Europa (SOER 2020) , che viene redatto ogni 5 anni, ha indicato che, pur con qualche progresso conseguito negli ultimi anni, l’Europa non raggiungerà i suoi obiettivi per il 2030 senza un’azione urgente nei prossimi 10 anni per affrontare il tasso allarmante di perdita di biodiversità, l’aumento degli impatti dei cambiamenti climatici e il consumo eccessivo di risorse naturali.
“È tempo per tutti noi di guidare l’innovazione con gli obiettivi di sviluppare alternative tecnologiche e mentalità per favorire modelli di consumo e produzione – hanno dichiarato Hans Bruyninckx, Direttore esecutivo dell’AEA, e Christine Hofmann, Vicedirettore dell’UFAM e Direttore Affari Internazionali dell’Istituto – I Governi devono creare le condizioni quadro e gli incentivi necessari, spingendo, ad esempio, sugli appalti pubblici verdi. Il tempo sta per scadere, ma non è troppo tardi per evitare gli impatti irreversibili dei cambiamenti climatici, della perdita di biodiversità e dell’eccessivo consumo di risorse. L’Europa può fare la differenza. Intraprendiamo azioni audaci verso un futuro che ricollochi l’Europa entro spazi operativi sicuri”.