Secondo ricercatori dell’Università di Lancaster fare affidamento sulle promesse delle nuove tecnologie per risolvere i cambiamenti climatici sta determinando ritardi, mentre la trasformazione culturale, sociale e politica è essenziale per consentire un’ampia diffusione delle risposte alla crisi climatica incombente.
L’eccessivo affidamento alle promesse tecnologiche per risolvere i cambiamenti climatici sta ritardando la necessaria azione.
È la conclusione cui sono giunti ricercatori della Lancaster Environment Centre dell’Università di Lancaster (GB) che hanno pubblicato il 20 aprile 2020 su Nature Climate Change i risultati dello Studio “The co-evolution of technological promises, modelling, policies and climate change targets”, dove chiedono di porre fine ad un lungo ciclo di promesse tecnologiche e di obiettivi sui cambiamenti climatici continuamente riformulati.
Le proposte tecnologiche contemporanee per rispondere ai cambiamenti climatici includono l’energia dalla fusione nucleare, gigantesche macchine per aspirare il carbonio dall’atmosfera, il ripristino del ghiaccio con milioni di pompe eoliche e la spruzzatura di particolato nella stratosfera: tutte proposte e promesse mai realizzate e mai testate affinché non siano dannose.
“Per quarant’anni, l’azione climatica è stata ritardata dalle promesse di nuove tecnologie – affermano i ricercatori Duncan McLaren e Nils Markusson – Quelle attuali sono ugualmente pericolose. Il nostro lavoro evidenza come tali promesse abbiano oscurato le aspettative per opzioni politiche più efficaci che sarebbero disponibili in futuro, permettendo in tal modo una continua politica di prevaricazione e azione inadeguata. La prevaricazione non è necessariamente intenzionale, ma tali promesse possono alimentare la ‘ corruzione morale’ sistemica, con cui le attuali élite vengono abilitate a perseguire percorsi egoistici, mentre trasferiscono rischi futuri su persone vulnerabili e nel sud del mondo”.
Lo Studio descrive la storia di tali promesse, mostrando come l’obiettivo globale di “evitare pericolosi cambiamenti climatici” sia stato reinterpretato e rappresentato in modo diverso alla luce di nuovi metodi di modellizzazione, scenari e promesse tecnologiche.
I ricercatori sostengono che gli
obiettivi, i modelli e le tecnologie si sono evoluti in modo tale da ritardare
l’azione climatica.
“Ogni nuova promessa non solo compete
con le idee esistenti, ma minimizza anche qualsiasi senso di urgenza,
consentendo il continuo differimento delle scadenze politiche per l’azione e
minando l’impegno della società verso risposte significative – concludono McLaren
e Markusson – Mettere le nostre speranze su
ancora più nuove tecnologie non è saggio. Invece, la trasformazione culturale,
sociale e politica è essenziale per consentire un’ampia diffusione delle
risposte comportamentali e tecnologiche ai cambiamenti climatici“.
I due ricercatori hanno mappato la storia degli obiettivi climatici in 5 fasi: la “stabilizzazione“, seguita dal focus su “riduzioni percentuali delle emissioni“, il passaggio a “concentrazioni atmosferiche” (espresse in parti per milione), ai “budget cumulativi” (in tonnellate di carbonio diossido) e attualmente alle “temperature risultanti“.
Nella prima fase (intorno alla Conferenza di Rio, 1992) le promesse tecnologiche includevano un miglioramento dell’efficienza energetica, un miglioramento su larga scala dei pozzi di assorbimento del carbonio e l’energia nucleare.
Nella seconda fase (il Vertice di Kyoto,1997) le nuove politiche avevano promesso di ridurre le emissioni con l’efficienza, il cambio di carburanti e il CCS (cattura e stoccaggio del carbonio).
Nella terza fase (intorno alla Conferenza sul Clima di Copenaghen, 2009), al CCS si è aggiunta la bioenergia, mentre la politica si focalizzava sulle concentrazioni atmosferiche di gas serra.
La quarta fase ha visto lo sviluppo di sofisticati modelli globali di bilancio del carbonio e l’emergere di una gamma di tecnologie che dovevano garantire emissioni negative.
Nella quinta fase (formalizzatasi con l’Accordo di Parigi, 2015), la politica si è concentrata sempre più sui risultati attesi dell’innalzamento della temperatura.
L’immagine illustra le 5 fasi della politica climatica dal 1990 ad oggi, situate nel tempo in riferimento agli eventi chiave della politica climatica e, in particolare, sui i negoziati internazionali che hanno modellato il dibattito pubblico.
I quadranti rosa contengono la fase 1, stabilizzazione (a ); fase 2, riduzione percentuale delle emissioni (b); fase 3, concentrazioni atmosferiche (c); fase 4, budget cumulativi (d) e fase 5, temperature di risultato (e).
I quadranti verdi evidenziano le elaborazioni predominanti degli obiettivi politici e le metriche applicate.
I quadranti gialli indicano le promesse tecnologiche contemporanee, le innovazioni e le future proposte di implementazione su vasta scala.
I quadranti blu descrivono lo stato e i progressi nei metodi di modellizzazione climatica, nonché gli scenari utilizzati per informare la politica.
In ogni pannello, le caselle grigie circostanti elaborano le descrizioni dei quadranti e illustrano ulteriormente gli aspetti della co-evoluzione.
Le frecce indicano tutte le possibili relazioni tra gli elementi chiave indicati nei quadranti.