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Gli spaghetti alle vongole che l’UE sottrarrebbe agli italiani!

spaghetti alle vongole che UE sottrarrebbe agli italiani!

Sulla misura minima delle vongole pescate e commercializzate si è aperta sui media italiani una polemica nei confronti dell’UE che tradisce l’obiettivo di imputare ad un “capro espiatorio” le responsabilità di tutto ciò che non va nel nostro Paese, sottacendo quelle della nostra classe politica.

Ci risiamo!
Quando nel giugno 2010 terminarono le disposizioni per una progressiva applicazione del Regolamento (CE) n. 1967/2006 del Consiglio relativo alle Misure di gestione per lo sfruttamento sostenibile delle risorse della pesca nel Mar Mediterraneo (conosciuto come Regolamento Mediterraneo), approvato all’unanimità con la sola astensione della Francia, sulla stampa e in televisione apparvero articoli e servizi con un prevalente senso di rammarico e ironia per il fatto che da quel momento gli italiani avrebbero dovuto rinunciare alla “frittura di paranza” o ad un piatto di “vermicelli alle telline“. Cavalcando le polemiche i nostri parlamentari, nazionali ed europei, rivolsero una serie di interrogazioni in merito all’entrata in vigore del Regolamento e all’opportunità di modificarlo. Tant’è che l’allora Commissario UE agli Affari marittimi e alla Pesca, Maria Damanaki allusivamente dichiarò che”Gli Stati membri hanno avuto un periodo superiore a tre anni per conformarsi alle norme che hanno unanimemente adottato, sulla base di un compromesso raggiunto, modificando la più ambiziosa proposta della Commissione. È arduo accettare che oggi essi non intendano o non possano attuare neppure il compromesso del 2006“.

A distanza di 5 anni, si replica lo stesso copione mediatico estivo: per colpa dei “burocrati” di Bruxelles, il piatto di spaghetti o linguine alle vongole rischia di scomparire dalle tavole degli italiani o dai menu dei ristoranti, oltre che mettere in ginocchio il comparto dei vongolari, a cominciare da quelli dell’Adriatico, già duramente provato dalla riduzione del pescato!

La causa sarebbe un Regolamento dell’UE approvato nel mese di maggio scorso che limita a 25 mm la misura della Chamelea gallina (così si chiama la più gustosa e tenera vongola dei nostri mari), ma in realtà l’obiettivo è di screditare l’UE.

Di certo, le istituzioni europee (in cui l’Italia ha i suoi rappresentanti!) hanno pur delle colpe, se nell’immaginario collettivo è un’entità astratta che non riesce a calarsi nelle situazioni reali, ma imputare “a Bruxelles” le colpe per quel che non va è tipico vezzo italico di individuare un capro espiatorio a cui attribuire le cause delle nostre difficoltà e sconfitte, anche a costo di travisare la verità, sottacendo al contempo le responsabilità dei politici che prima sottoscrivono regole e tempi di attuazione, salvo poi chiedere proroghe e deroghe, senza aver approntato strumenti giustificativi.

Di fronte ad una sconsiderata campagna sul supposto nuovo “Regolamento della taglia minima di 25 millimetri per le vongole“, è intervenuta la Rappresentanza in Italia della Commissione UE che in una nota, dopo aver confutato quanto riportato dalla stampa durante il mese di luglio, conclude che “L’UE non sta cercando, o per meglio dire, non ha cercato con il regolamento del 2006 di imporre all’Italia o ad altri Stati membri di adeguare le sue ricette culinarie a quelle del Nord Europa (come è stato ironizzato in alcuni articoli). Le misure previste dalla normativa europea sul pescato, oltre ad essere state pensate sulla base di pareri scientifici, hanno lo scopo di far sì che in futuro in Italia si possa ancora mangiare un buon piatto di spaghetti con le vongole. La pesca di vongole di dimensioni inferiori a 25 millimetri provocherebbe, infatti, nel lungo periodo, una penuria di vongole che inciderebbe ancor di più sulle tasche del settore della pesca.
Infine, se il Governo italiano o altri saranno in grado di presentare prove scientifiche nelle prossime settimane che provino come le vongole dell’Adriatico raggiungano la maturità a dimensioni inferiori, la Commissione potrà decidere una revisione della soglia, in base al principio di regionalizzazione previsto dalla recente riforma della Politica Comune della Pesca UE“.

Vale la pena rammentare che prima del Regolamento del 2006, il DPR n. 1639/1968 “Regolamento per l’esecuzione della Legge 14 luglio 1965, n. 963, concernente la disciplina della pesca marittima” aveva introdotto in Italia il divieto di pescare vongole inferiori ai 25 mm, limite che garantisce che le vongole pescate abbiano avuto la possibilità di riprodursi.

Anche il livello delle sanzioni amministrative e penali per i pescatori trovati con vongole più piccole non è altresì imposto da disposizioni europee, ma è previsto da una legge italiana: all’UE interessa che i sistemi sanzionatori siano armonizzati ed efficaci.

Inoltre, il Regolamento aveva previsto che entro il 31 dicembre 2007 gli Stati membri adottassero piani di gestione per le attività di pesca condotte all’interno delle loro acque territoriali, tra cui la pesca delle vongole con draghe idrauliche. Alla base della creazione di questi piani di gestione vi era l’obiettivo di tenere monitorata l’attività di pesca nel Mar Mediterraneo, dove non era applicato, al contrario di altri mari, il sistema delle quote, salvaguardando quindi le risorse ittiche. Avendo avviato tale processo con grave ritardo, l’Italia ha avuto comminato il 10 luglio 2014 dalla Commissione UE un “parere motivato“, secondo grado della procedura di infrazione (anticamera del deferimento alla Corte europea di Giustizia).

Probabilmente, anche a seguito di tale procedura, i controlli che prima erano piuttosto blandi si sono inaspriti, portando alla luce una situazione non conforme alle disposizioni legislative.

Se, poi, le vongole dell’Adriatico non riescono a raggiungere le dimensioni richieste e pervengono alla maturità sessuale a taglie inferiori, secondo dati scientifici che “l’Italia dovrebbe avere ma che non ha ancora consegnato a Bruxelles“, come riferisce la stampa, bisognerà attendere quelli che giungeranno (si parla di settembre) dallo studio promosso dalla Commissione UE, per stabilire se dovranno essere introdotte le deroghe che il comparto attende, ma che al momento non sussistono.

Il riferimento della stampa al nuovo Regolamento che avrebbe introdotto queste misure è, quindi, fuorviante, perché il Regolamento (UE) del Parlamento europeo e del Consiglio n. 812/2015 del 20 maggio scorso si limita ad apportare delle modifiche, non sostanziali, al Regolamento del 2006, tra cui “Un organismo marino è sotto taglia se le sue dimensioni sono inferiori alla taglia minima di riferimento per la conservazione specificata nell’allegato III per la specie e la zona geografica in questione o alla taglia minima di riferimento per la conservazione altrimenti fissata conformemente al diritto dell’Unione. Fatte salve le taglie minime di riferimento per la conservazione stabilite in un atto adottato a norma dell’articolo 15, paragrafo 6, del regolamento (UE) n. 1380/2013, si applicano le taglie minime di riferimento per la conservazione stabilite nell’allegato III del presente regolamento”, laddove “taglia minima di riferimento per la conservazione” va a sostituire i termini “taglie minime di organismi marini” che per le vongole vengono confermate nella misura di 25 mm!

Resta comunque da chiedersi perché, dopo quasi 50 anni dalla sua introduzione, tale misura susciti ora tante polemiche, fatte salve le mutate condizioni chimico-fisiche dei nostri mari, tali da comportare mutamenti nella biologia e fisiologia degli organismi che vi vivono.
Ma questa sarebbe un’altra dolorosa vicenda!

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