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Rapporto UNEP: Feedback dello scioglimento del permafrost

Rapporto UNEP Feedback dello scioglimento del permafrost

Rapporto UNEP mette in guardia sui target al ribasso degli obiettivi di riduzione delle emissioni.

Secondo il Rapporto “Policy Implications of Warming Permafrost” (Implicazioni politiche dello scioglimento del permafrost), presentato il 28 novembre 2012 a Doha, nel corso della COP 18 dell’UNFCCC, lo scioglimento del permafrost potrebbe significativamente ampliare gli effetti del global warming, aumentando le emissioni di anidride carbonica e metano in atmosfera, oltre che cambiare radicalmente gli ecosistemi e causare costosi danni alle infrastrutture a causa di terreno sempre più instabile.

“Il permafrost è una delle chiavi per il futuro del pianeta, perché contiene grandi quantitativi di materiali organici congelati che, se scongelati e rilasciati in atmosfera, amplificherebbero il riscaldamento globale, sospingendoci verso un mondo sempre più più caldo – ha dichiarato il Direttore esecutivo dell’UNEP, Achim Steiner – Il suo impatto potenziale sui clima, gli ecosistemi e le infrastrutture è stato trascurato per troppo tempo – ha aggiunto – Questo rapporto relazione è rivolto al clima-trattato negoziatori, responsabili politici e il pubblico in generale le implicazioni di continuare a ignorare le sfide del riscaldamento del permafrost”.

Il permafrost, convenzionalmente è uno strato di terreno che per almeno 2 anni rimane al di sotto di 0 °C e che trattiene quindi per lunghi periodi di tempi grandi quantità di carbonio e di altri nutrienti. Costituitosi durante e dopo l’ultima glaciazione, in superficie si scioglie fino a 2 metri di spessore in estate, per poi rigelare in inverno, ma in profondità lo spessore ghiacciato raggiunge oltre i 700 metri in alcune zone della Siberia settentrionale del Canada. Nel Rapporto si indica che il permafrost attualmente occupa quasi un quarto dell’emisfero settentrionale (regioni alpine comprese), con un serbatoio stimato di 1.700 miliardi di tonnellate di carbonio, il doppio di quello attualmente in atmosfera, che, per effetto del riscaldamento in atto, potrebbe essere rilasciato, amplificando ulteriormente l’effetto di gas serra e aumentare la temperatura sulla superficie terrestre che determinerà, di conseguenza, un scongelamento del permafrost ancora più celere, per effetto di un processo che è stato chiamato “permafrost carbon feedback”.

Questi potenziali rischi da emissioni di anidride carbonica e metano per effetto dello scioglimento del permafrost, non sono stati finora inclusi nella proiezioni dei modelli climatici, poiché solo di recente la scienza ha iniziato ad interessarsene, tant’è che nel rapporto si raccomanda l’IPCC di farne oggetto di speciale valutazione, creando reti di monitoraggio nazionali e piani di adattamento come passi fondamentali, perché “una volta iniziato questo processo sarebbe irreversibile su scale temporali umane”.

Le regioni artiche e alpine dovrebbero riscaldarsi, perciò, più del doppio di quanto dovrebbe accadere va livello mondiale e le proiezioni climatiche indicano una perdita sostanziale di permafrost entro il 2100. Con un incremento della temperatura globale di 3 °C, nella regione artica l’aumento sarebbe di 6 °C, con conseguente perdita irreversibile di permafrost in prossimità della superficie tra 30 e 85%, rappresentando al 2100 fino al 39% delle emissioni totali.

“Il trattato sui cambiamenti climatici per limitare le emissioni antropogeniche deve tener conto assolutamente di queste emissioni o si rischia di superare l’obiettivo di +2 °C entro la fine del secolo – ha affermato il principale autore del rapporto, Kevin Schaefer del National Snow and Ice Data Center dell’Università del Colorado – Una volta che il disgelo avrà liberato le sostanze organiche, le emissioni liberate in atmosfera non potranno più essere re-immesse nel permafrost”.
Come accennato, lo scioglimento del permafrost determina conseguenze negative anche sugli ecosistemi e danni alle infrastrutture.

Gli ecosistemi prevalenti nelle regioni del permafrost sono le foreste boreali a sud e la tundra a nord. Essendo il permafrost impermeabile all’acqua, la pioggia e l’acqua di fusione si accumulano sulla superficie e formano numerosi laghi e zone umide, che sono utilizzati da uccelli migratori come zone di riproduzione nel periodo estivo. Le modificazioni dell’ecosistema dovute al degrado del permafrost cambieranno la distribuzione delle specie, secondo il rapporto, e con esse gli habitat e le migrazioni degli animali e la migrazione.

L’allungamento delle stagioni a causa delle temperature più elevate favorisce la crescita di arbusti e specie legnose, con conseguente spostamento verso nord della linea di vegetazione. Il degrado del permafrost, con conseguente aridità del terreno può anche provocare disastri, quali gli incendi che nelle foreste boreali sono recentemente aumentati in intensità e frequenza e potrebbe diventare più comune nelle regioni della tundra.

In più, il disgelo del permafrost provoca una debolezza strutturale del terreno, in grado di danneggiare le fondamenta degli edifici, il sottofondo di strade, oleodotti, ferrovie e linee elettriche. Il rapporto fa l’esempio delle drammatiche conseguenze ambientali che il cedimento delle infrastrutture del gasdotto del campo petrolifero di Vozei, nel nord della Russia, ha causato, provocando una fuoriuscita di 160.000 tonnellate di petrolio, la più grande che si sia mai verificata. I cambiamenti climatici potrebbero pesare di altri futuri 6,1 miliardi di dollari per le infrastrutture pubbliche nello stato dell’Alaska, tra oggi e il 2030, mentre ci sono solo pochi studi e relazioni che valutano gli impatti economici del degrado del permafrost.

“Lo scioglimento del permafrost rappresenta un drastico cambiamento fisico con conseguenze enormi per gli ecosistemi e le infrastrutture umane – ha proseguito Schaefer – Ogni nazione con regioni di permafrost più vulnerabili allo scioglimento deve sviluppare piani per valutare i rischi, i costi e le strategie di mitigazione per proteggere le infrastrutture umane”.

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