Efficienza energetica Energia

La precarietà energetica si contrasta con l’efficienza energetica

precarieta energetica contrasta con efficienza energetica

Promossa dall’Associazione Italiana Condizionamento dell’Aria Riscaldamento e Refrigerazione (AICARR), dalla Federazione nazionale delle esco italiane (Federesco) e dall’Associazione dei consumatori (Federconsumatori, Unione nazionale dei consumatori, Movimento Consumatori), che partecipano all’Osservatorio permanente delle regolazione energetica, idrica e del teleriscaldamento dell’AEEGSI (Autorità per l’Energia Elettrica, il Gas e il Sistema Idrico), si è svolta all’Università “La Sapienza” di Roma il 16 febbraio 2017, la Conferenza “Il ruolo dell’efficienza energetica nel contrasto alla fuel poverty“, nel corso della quale è stato presentato il primo Rapporto “Fuel poverty ed Efficienza Energetica. Strumenti e misure di contrasto alla precarietà energetica in Italia“.
In questo Rapporto – ha affermato il Presidente di AICARR, Livio de Santoli – vengono individuati gli strumenti di contrasto alla precarietà energetica in Italia in relazione ai dati allarmanti che individuano in 4,5 milioni gli italiani che versano in condizioni di povertà assoluta, anche e soprattutto a causa dell’accesso all’energia“.

In Italia, nel 2015, si è stimato che le famiglie residenti in condizione di povertà assoluta fossero pari a 1 milione e 582 mila con i singoli individui attestati a 4 milioni e 598 mila (il numero più alto dal 2005 a oggi): le condizioni socio-economiche attuali portano a ritenere che la quota della popolazione esposta al rischio di povertà ed esclusione sociale sia in forte crescita. A questa forma di disagio, si aggiunge una nuova forma di povertà, ben conosciuta nella realtà anglosassone in quanto misurata e fatta oggetto di piani e finanziamenti, dalla quale è necessario tutelare i cittadini consumatori di energia: la fuel poverty, per noi traducibile nella definizione di “precarietà energetica“. Con questa espressione si è voluta definire la difficoltà delle famiglie nei Paesi economicamente avanzati ad accedere ai servizi essenziali di energia e gas a causa degli elevati costi degli stessi. Dal punto di vista meramente numerico, sono considerate nello stato di fuel poverty tutte le famiglie che spendono più del 10% del proprio reddito in energia e per riscaldare l’abitazione a una temperatura adeguata.

Il numero dei consumatori vulnerabili è pertanto ampio, perché comprende – oltre a chi non ha un reddito sufficiente – anche anziani, disabili, famiglie con bambini piccoli, malati che usano apparecchi elettromedicali e anche tutte le persone che, pur non ricadendo nelle categorie succitate, hanno abitazioni inefficienti dal punto di vista energetico (spesso si tratta di chi vive in case in affitto, i cui proprietari non hanno interesse a fare lavori di ristrutturazione, o di chi vive in case isolate).
Tuttavia, quantificare un fenomeno così complesso necessita di un portafoglio di indicatori definiti più articolato che la semplice ratio del 10% indicata prima: infatti, a seconda della quantificazione del fabbisogno energetico richiesto e della tipologia di reddito da considerare, il numero delle famiglie in condizioni di precarietà energetica varia sensibilmente, senza poi dimenticare quelle famiglie che non superano la soglia indicata solo perché decidono di risparmiare e di tagliare volontariamente le spese per il riscaldamento e l’illuminazione. Benché negli ultimi anni la questione stia acquisendo sempre maggiore importanza ed eco, attualmente, in Italia, il tema della precarietà energetica è affrontato in modo frammentario poiché, a livello politico, non esiste una visione complessiva di lungo termine e inclusiva sul problema.

Ne consegue che le tematiche relative alla salute, alla casa, all’indebitamento delle famiglie, all’ambiente e all’energia, ai problemi sociali e alle interdipendenze tra queste, sono gestite in modo separato dai diversi Ministeri competenti. Questa situazione genera (o degenera) in un’inconsistenza degli interventi, una pluralità di portatori di interessi coinvolti e procedure complesse non standardizzate che, inevitabilmente, comportano costi eccessivi, problemi di comunicazione e ritardi amministrativi.

Occorre iniziare subito una serie coordinata di azioni, così come peraltro richiesto dall’Unione Europea, che – partendo da una definizione del fenomeno condivisa idonea a valutarne la effettiva gravità – sia in grado di rimuoverne le cause – ha sottolineato de Santoli – Tra queste, il prezzo dell’energia che in Italia è il più alto d’Europa per l’utente finale, una riqualificazione energetica degli edifici accessibile a tutti, un interesse particolare e intensificato per l’housing sociale, un apposito fondo sociale per la riqualificazione energetica e la costituzione di unosservatorio del fenomeno in grado di monitorare nel tempo l’efficacia delle azioni. In definitiva stabilendo di fatto il principio che l’efficienza energetica è uno strumento importante per la lotta alla povertà“.

Secondo quanto riportato nel Rapporto, il primo passo è da intraprendere pertanto nella direzione di un approccio di sistema in termini di efficienza energetica su scala nazionale, in analogia all’esperienza già attiva nel Regno Unito e in Francia.
Il secondo passo è il supporto e il sostegno a livello nazionale ad utilizzare appieno i fondi strutturali e il fondo di coesione al fine di stimolare gli investimenti nelle misure di miglioramento dell’efficienza energetica, anche attraverso l’erogazione di incentivi volti a promuoverla.
Partendo dallo studio delle diverse politiche pubbliche sviluppatesi negli ultimi anni, alla luce di un’analisi condotta sulle buone pratiche in Europa e indirizzandole al contesto italiano, il Rapporto individua le strategie più utili nella lotta alla fuel poverty, attraverso:
– la promozione di strumenti di finanziamento adeguati con la creazione di un Fondo dedicato all’efficienza energetica;
– l’accesso a un’energia che abbia prezzi accessibili e sia affidabile, sostenibile e moderna per tutti, in linea con gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile;
– la costituzione di un Organismo unico che, agendo quale provider di commodity energetiche, sia deputato alla trattazione dell’insieme di aspetti inerenti le politiche mirate a contrastare il fenomeno;
– l’ampliamento del perimetro dei bonus, nell’aumento del loro valore e nella revisione degli importi dell’indicatore ISEE;
– la “portabilità” del sistema delle detrazioni fiscali per consentire agli aventi diritto di trasferire il credito fiscale derivante dalle detrazioni ad un istituto bancario o al fornitore degli interventi di efficienza energetica;
– la creazione di processi deliberativi che promuovano e facilitino la partecipazione direttaØ delle persone esposte al rischio di povertà e di esclusione sociale;
– lo sviluppo di jobs e skills (nuove professionalità) in grado di garantire nuovi posti di lavoro;
– la promozione e la partecipazione degli attori interessati (Enti Locali, Pubbliche Amministrazioni, …);
– la creazione di nuove strutture aventi come obiettivo la normalizzazione delle informazionidelle politiche e delle iniziative al fine di rendere olistico il contributo di ogni singolo ente preposto nelle diverse amministrazioni coinvolte nella lotta alla fuel poverty;
– l’utilizzo della tecnologia per un’analisi più puntale e attuale delle condizioni di disagio: senza dubbio la pervasività dell’ICT nella vita quotidiana di ognuno di noi, che si viva in città o in contesto rurale, obbliga a vedere le nuove tecnologie (banda larga e big data) come strumenti necessari, sebbene non sufficienti, al contrasto alla povertà energetica.

Solo attuando tali politiche e iniziative – conclude il Rapporto – si riuscirà a contrastare efficacemente la povertà energetica“.

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