È il bacino del Mediterraneo e le aree subtropicali dell’emisfero australe che accuseranno le conseguenze più devastanti del cambiamento climatico.
Sono sempre di più gli eventi straordinari che si verificano sul Pianeta: alluvioni, ondate di calore e incendi, ma se ad oggi sono considerati eccezionali, appunto per la loro sporadicità, nel prossimo futuro saranno più frequenti.
Ad affermarlo è uno studio pubblicato sulla rivista Nature Ecology and Evolution, dal titolo Human exposure and sensitivity to globally extreme wildfire events, in cui si mostra come il cambiamento climatico non farà altro che aumentare eventi estremi, in particolar modo il rischio di incendi boschivi. Sappiamo che il cambiamento climatico sta causando stagioni di fuoco, le quali iniziano prima e finiscono sempre più tardi. Inoltre le aree geografiche interessate da questi eventi devono far fronte ad ulteriori problemi, come la continua estensione degli incendi, la loro durata, l’intensità e le perdite di vite.
Le conseguenze del cambiamento climatico, secondo i ricercatori, si avvertiranno su scala mondiale, ma le aree ad essere interessate dal pericolo saranno soprattutto quelle del bacino del Mediterraneo, dal Portogallo alla Turchia e le regioni subtropicali dell’emisfero sud, nelle quali ci sarà appunto un aumento dei giorni favorevoli al verificarsi di incendi devastanti.
Lo Studio si è sviluppato sull’analisi degli incendi più gravi verificatisi tra il 2002 e il 2013. In totale si sono contati 23 milioni di incendi, ma quelli devastanti sono stati 478. La causa principale della maggior parte di questi, il 96%, è dovuta alle condizioni meteorologiche anomale, specialmente dovute alla siccità, al vento e ai cambiamenti repentini del clima.
Ad oggi, gli eventi più forti e disastrosi, soprattutto dal punto di vista economico e sociale, si sono verificati nelle zone suburbane e poco popolate degli Stati Uniti occidentali e in quelle dell’Australia sud-orientale. Un fattore importante in questa analisi e rilevato dagli studiosi è che nel periodo analizzato la frequenza degli incendi nel bacino del Mediterraneo è stata minore rispetto alle zone climaticamente analoghe negli Usa e in Australia. Per questo, si pensa che il territorio possa fare la differenza, nel senso che è in grado da solo di ridurre sensibilmente il verificarsi di incendi boschivi.
Dato che il cambiamento climatico è inevitabile per i prossimi decenni, i ricercatori si aspettano un proseguimento del trend climatico osservato fino ad oggi. Sono sicuri che il ruolo centrale delle condizioni metereologiche nel guidare gli incendi devastanti segnali la crescente vulnerabilità globale a questi eventi con il cambiamento climatico stesso.
L’analisi condotta dai ricercatori si basa su un metodo di lavoro chiamato pseudo-cambiamento climatico futuro. Questo ha combinato e proiettato i cambiamenti climatici mensili e le condizioni metereologiche giornaliere osservate dal 2000 al 2014, mentre tutte le altre variabili metereologiche sono state mantenute invariate per valutare i cambiamenti in condizioni di alto pericolo di incendi dalla metà del 21esimo secolo (2041-2070).
I risultati mostrano, nell’area considerata, un aumento del 35% del numero di giorni all’anno di alto pericolo di incendio sulla superficie terrestre. Tuttavia, questi cambiamenti mostrano notevole variabilità geografica, con forti aumenti previsti per il bacino del Mediterraneo europeo e del Levante, per le zone a sud dell’emisfero subtropicale (costa atlantica del Brasile, l’Africa meridionale e costa centro-orientale dell’Australia), e per il sud-ovest degli Stati Uniti e Messico.
Sono molteplici le cause che portano tali cambiamenti climatici in queste regioni. Per quanto riguarda il bacino del Mediterraneo e il Levante, gli aumenti della frequenza dei giorni di pericolo elevato di incendio potrebbero essere guidati dalla coincidenza di un aumento della temperatura e la diminuzione dell’umidità durante la stagione estiva. I cambiamenti nell’area subtropicale dell’emisfero sud e nell’area statunitense potrebbero essere guidate, invece, da una riduzione di precipitazioni in primavera.
Gli esperti, però, danno un avvertimento importante: in questa analisi non è stata presa in considerazione la retroazione degli eventi estremi e dei cambiamenti climatici (per fare un esempio non è stato calcolato il cambiamento climatico dovuto all’azione dell’uomo), fattori che invece amplificano il rischio di incendi in questi ecosistemi.
Lo Studio si conclude con la certezza che gli incendi saranno inevitabilmente presenti nel futuro della Terra, ma non tutti saranno disastrosi e non tutti causeranno danni economici e sociali. Ad esempio, un accorto uso del suolo può ridurre notevolmente il rischio di eventi estremi.
“La crescita della popolazione e il cambiamento climatico renderanno le aree del Pianeta sempre più infiammabili, sempre più pericolose e costose da gestire – concludono gli esperti – Le strategie mirate di mitigazione e adattamento possono aumentare la resilienza della comunità, portando ad una coesistenza sostenibile con gli ambienti a rischio di incendi“.