Biodiversità e conservazione Fauna

LIPU: uccelli delle Alpi sono a rischio per colpa dei cambiamenti climatici

LIPU uccelli Alpi a rischio

cambiamenti climatici rischiano di causare un forte declino per numerose specie di uccelli che vivono sulle Alpi italiane. A lanciare l’allarme la Lipu-BirdLife Italia durante il convegno svoltosi la scorsa settimana a Parigi dal titolo “Uccelli e cambiamenti climatici”, promosso da BirdLife InternationalLPO (BirdLife in Francia) e Muséum national d’Histoire naturelle.

Secondo i dati dell’analisi presentata dal ricercatore italiano Mattia Brambilla in collaborazione con il MUSE di Trento, la Fondazione Lombardia per l’Ambiente (FLA), l’Università di Torino e la Lipu-BirdLife Italia, molte specie tipiche delle nostre Alpi come spioncellosordonefringuello alpinocodirosso spazzacaminocivetta nana e civetta capogrosso potrebbero subire una forte contrazione areale nel corso dei prossimi decenni, compresa tra il 24% e il 97%.

Ma non saranno solo i cambiamenti climatici a determinare la loro diminuzione. Anche le attività umane come la creazione di impianti per lo sci (che per l’alzarsi delle temperature derubano letteralmente gli spazi di nidificazione agli uccelli selvatici) e lo sfruttamento forestale metteranno in serio pericolo le specie che vivono nelle foreste montane.

Di quanto sarà il calo, molto dipenderà dal cambiamento climatico che si verificherà da oggi al 2100, e la cui entità è direttamente legata alle decisioni che verranno prese al Vertice mondiale sul Clima che si terrà a Parigi dal 30 novembre all’11 dicembre.

L’analisi della LIPU ha preso in esame due degli scenari climatici elaborati dall’IPCC (International Panel Climate Change) intorno al 2050: il primo prevede un aumento consistente ma più contenuto (circa +1.8 gradi di aumento medio della temperatura globale per l’ultimo ventennio del secolo corrente), il secondo più estremo (+3.7 gradi di aumento della temperatura). Per gli uccelli, nella migliore o nella peggiore delle ipotesi, non ci sarà comunque scampo: lo spioncello diminuirà tra il 57% (ipotesi più contenuta) e il 70% (ipotesi estrema), il sordone del 57% o del 69%, il codirosso spazzacamino del 24% o del 31%, e il fringuello alpino, in modo drammatico, del 91% o del 97%. “Ma non occorre immaginarsi in un futuro lontano per vedere gli effetti dei cambiamenti climatici sugli uccelli legati agli ambienti più freddi delle aree montane – ha spiegato Brambilla – perché essi sono visibili già da alcuni decenni. Non dimentichiamoci anche che la connettività tra le diverse aree idonee alla presenza delle specie di uccelli considerate si ridurrà nella maggior parte dei casi, incrementando così il rischio di isolamento, e conseguentemente il declino o la scomparsa locale per queste specie”.

La minaccia per gli uccelli delle Alpi e per la biodiversità, inoltre, potrebbe essere sensibilmente aggravata dall’impatto delle attività umane – ha continuato Brambilla – e, in particolare, dalla realizzazione di nuovi impianti per lo sci che, a causa dell’innalzamento delle temperature, vengono smobilitati dalle quote più basse e spingono i costruttori a cercare nuovi territori da colonizzare a quote superiori contendendo e strappando agli uccelli selvatici i loro territori di nidificazione, costituiti da praterie e altri ambienti d’alta quota. Presto due terzi delle aree prioritarie per la conservazione delle specie d’alta quota coincideranno con quelle potenzialmente idonee, sulla base di clima e topografia, alla costruzione di piste da sci creando un ennesimo, forte conflitto tra sviluppo economico e tutela dell’ambiente”.

Infine, a quote inferiori, anche lo sfruttamento forestale pone potenziali e ulteriori minacce alle specie legate alle foreste montane, in quanto può eliminare alberi utili alla nidificazione degli uccelli e semplificare la struttura dei boschi, rendendoli inadatti alle specie più esigenti. Ma può presentare anche delle opportunità, mantenendo o creando piccoli spazi aperti utili alla biodiversità o limitando le specie invasive, attraverso tagli selettivi che possono favorire il mantenimento di condizioni idonee alle specie montane.

“Cambiamenti climatici e tutela della biodiversità sono fortemente legati tra di loro – ha concluso Claudio Celada, direttore Conservazione Natura LIPU, presente al convegno di Parigi – Il ruolo degli ecosistemi, come per esempio foreste, zone umide e oceani, è cruciale nella regolazione del clima, e buone politiche di conservazione della biodiversità sono e saranno sempre di più in futuro fondamentali per la mitigazione e l’adattamento ai cambiamenti climatici”.

Per info: www.lipu.it

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