Una Guida pubblicata dalla FAO in occasione della Giornata Mondiale dei Legumi (10 febbraio) fornisce informazioni sull’importanza di consumare legumi, sia per la salute umana che per quella del Pianeta. Tuttavia il loro consumo è troppo basso, sia a livello globale che europeo, e in Italia solo il 31% della popolazione mangia regolarmente legumi, nonostante siano un alimento base della dieta Mediterranea.
In occasione della Giornata Mondiale dei Legumi che si celebra ogni anno il 10 febbraio, istituita nel 2018 dall’Assemblea delle Nazioni Unite, e che quest’anno ha avuto per tema “Legumi: portare diversità nei sistemi agroalimentari“, con lo slogan “Ama i legumi per una dieta sana e per il pianeta“. la FAO ha pubblicato una Guida che, oltre ad offrire idee per partecipare all’evento, fornisce utili notizie per saperne di più sui legumi.
In molte parti del mondo, i legumi sono parte della cultura alimentare e delle diete tradizionali, e un ingrediente chiave di molti piatti nazionali e regionali, dai falafel di tradizione araba, al dahl indiano, ai fagioli con chilli del Messico, alla “capriata” della tradizione materana, per citare uno dei nostri piatti nazionali.
Ci sono centinaia di varietà di legumi coltivate in tutto il mondo. Tra i legumi più diffusi vi sono tutte le varietà di fagioli secchi (fagioli borlotti, fagioli di Lima, cannellini, ecc.) e poi, ceci, piselli, lenticchie, fave, lupini, cicerchie e molte altre varietà locali di leguminose (ecotipi), dal momento che quando si parla di legumi la biodiversità è forte perché le cultivar sono tantissime.
I legumi sono un’alternativa valida alle più costose proteine di origine animale, rendendoli ideali per migliorare le diete nelle parti più povere del mondo.
Le proteine provenienti da latte, per esempio, sono cinque volte più costose di quelle provenienti dai legumi. Non solo. Poiché i legumi hanno una resa da due a tre volte più alta in termini di prezzi rispetto ai cereali, offrono anche un grande potenziale per sollevare gli agricoltori dalla povertà rurale, e la loro lavorazione fornisce ulteriori opportunità economiche, soprattutto per le donne.
Inoltre. i legumi sono ricchi di proteine (il doppio di quelle presenti nel grano e tre volte di quelle del riso), ma sono anche ricchi di micronutrienti, aminoacidi e vitamine del gruppo B, sono parti vitali di una dieta sana.
A basso contenuto di grassi e ricchi di sostanze nutritive e di fibra solubile, i legumi sono considerati eccellenti per la gestione del colesterolo e per la salute dell’apparato digerente, e il loro alto contenuto di ferro e zinco li rende un alimento importante per la lotta contro l’anemia di donne e bambini. Sono un ingrediente fondamentale di diete salutari per affrontare l’obesità e per prevenire e gestire malattie croniche come il diabete, i disturbi coronarici e il cancro.
Per il loro elevato contenuto nutrizionale, i legumi sono un cibo fondamentale nelle emergenze alimentari e, poiché non contengono glutine, sono adatti anche per i pazienti celiaci.
I legumi non si limitano ad apportare benefici alla salute umana, ma migliorano anche le condizioni degli animali e del suolo. I residui dei raccolti di leguminose possono essere utilizzati come foraggio, fattore che migliora la salute e la crescita degli animali, mentre la capacità dei legumi di fissare l’azoto migliorare la fertilità del suolo, eliminando la dipendenza dai fertilizzanti sintetici, con un minor impatto ambientale e una indiretta riduzione delle emissioni di gas a effetto serra.
Inoltre, migliorando le condizioni generali del terreno, i legumi promuovono anche la biodiversità sotto la superficie, in quanto creano un abbondante ricettacolo di germi, insetti e batteri di vario genere.
Poiché i legumi come gruppo sono geneticamente molto diversi, hanno anche un grande potenziale per l’adeguamento climatico, perché consentono agli agricoltori di selezionare nuove varietà per adeguare la loro produzione alle mutate condizioni climatiche.
Infine, l’uso dei legumi come colture di copertura e nei sistemi di colture consociate – piantandoli tra altre coltivazioni o come parte di sistemi di rotazione – riduce l’erosione del suolo e contribuisce a controllare infestazioni e malattie.
Tuttavia, il consumo di legumi è insufficiente, sia a livello mondiale che europeo, nonché in Italia.
Una nota del 7 febbraio 2025 dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS, che riporta i dati di un’indagine condotta nell’ambito del progetto “ARIANNA” il cui scopo è di valutare l’aderenza alla dieta mediterranea attraverso sistemi di score validati e descritti in letteratura scientifica, nelle diverse fasce di età della popolazione italiana su un campione totale di 3732 persone, risulta che meno della metà dei partecipanti allo studio rispetta la frequenza di consumo raccomandata dalle Linee Guida per una Sana Alimentazione (2-3 porzioni di legumi a settimana).
In particolare, dallo studio IV SCAI del Centro di Ricerca Alimenti e Nutrizione (CREA), il consumo medio giornaliero di legumi è di 9gr e solo il 31% degli italiani mangia legumi regolarmente, con consumi più bassi tra adolescenti (25%) e adulti (29%). Il consumo è maggiore tra la fascia di popolazione più attiva (sportivi) e a livello geografico nelle regioni del Sud Italia.
“Da un punto di vista nutrizionale, i legumi rappresentano una buona fonte di proteine di origine vegetale e sono ricchi di micronutrienti, in particolare vitamine del gruppo B, ferro e zinco, e di fibra – ha affermato Erica Cardamone, Ricercatrice presso Dipartimento di Sicurezza Alimentare, Nutrizione e Sanità Pubblica Veterinaria dell’ISS – Ciò li rende importanti componenti di una dieta sana in grado di ridurre il rischio di malattie cronico degenerative, come malattie cardiovascolari, obesità, diabete, alcune tipologie di cancro. L’elevato valore nutrizionale, unito al costo contenuto, fa dei legumi un alimento ottimale anche in termini di sostenibilità economica. I legumi, infatti, rappresentano un alimento alla base della Dieta Mediterranea, in cui figurano come ingredienti principali di varie ricette tipiche”.
C’è da osservare, poi, che da un punto di vista economico, bastano pochi investimenti per mettere in piedi imprese e consorzi in grado di produrre, essiccare, confezionare e commercializzare “ecotipi” locali, come dimostrano gli esempi di aziende agricole italiane che ne ricavano redditi su tutto il territorio nazionale: dal “fagiolo di Controne” (SA), alla “lenticchia di Castelluccio” (PG); dal “cece nero dell’Alta Murgia” (BA) alla “cicerchia di Serra de’ Conti” (AN).