Dall’annuale Rapporto di Althesys emerge che gli investimenti italiani nelle rinnovabili hanno continuato a crescere anche nel 2016 soprattutto all’estero, che le acquisizioni e fusioni hanno superato le nuove installazioni e che di questo passo la quota di rinnovabili è destinata a scendere, con il rischio che il nostro Paese non solo manchi gli obiettivi europei al 2030, ma sia addirittura costretto ad importare energia elettrica.
Nel corso del Convegno “La rivoluzione energetica. Rinnovabili, reti consumatori“, svoltosi l’11 aprile 2017 presso l’Auditorium del GSE, è stato presentato l’IREX Annual Report 2017 che quest’anno ha per titolo“L’industria elettrica italiana: rinnovabili, mercato e nuovi scenari”.
Realizzato dal 2008 da Althesys, (Società di consulenza e ricerca nei settori ambiente, energia, utilities), il Rapporto monitora le tendenze e le strategie del comparto, fornendo l’analisi degli investimenti e valutando l’apporto delle rinnovabili all’economia del Paese.
Dal Rapporto emerge che nel 2016 gli investimenti italiani nelle rinnovabili hanno continuato a crescere (+11%), ma come l’anno precedente per la maggior parte sono andati all’estero e, se non verranno prese nuove misure a favore delle rinnovabili, l’Italia rischia non solo di mancare gli obiettivi europei al 2030, ma addirittura di non riuscire a fronteggiare il fabbisogno di energia elettrica e di dover fare maggior ricorso all’import. Un paradosso che rischia di annullare il primato di credibilità conquistato negli ultimi anni dall’Italia nelle energie verdi e nell’efficienza energetica.
Senza nuove politiche di supporto, la quota di rinnovabili sulla domanda elettrica italiana è destinata a scendere dal 34,3% del 2016 al 27,5% nel 2030, mentre nuovi incentivi con sistemi di aste CFD (contract for difference) manterrebbero gli eventuali oneri molto al di sotto della soglia massima del contatore GSE della spesa per le rinnovabili.
L’Amministratore delegato di Althesys, l’economista Alessandro Marangoni che ha curato il Rapporto, ha così sintetizzato gli aspetti più rilevanti:
– continuano a scendere i costi delle rinnovabili, ma i bassi prezzi dei mercati elettrici le rendono sostenibili solo in condizioni molto favorevoli (ventosità e irraggiamento solare);
– in assenza di politiche a sostegno delle rinnovabili nella nuova Strategia Energetica Nazionale, ora in elaborazione, l’Italia resterà lontana dagli obiettivi europei al 2030, per i quali servirebbero ammodernamenti degli impianti esistenti e nuove installazioni;
– le “killer technologies” saranno la digitalizzazione dei piccoli consumatori, come le famiglie, e la diffusione del fotovoltaico;
– mentre si costruiscono pochissimi nuovi impianti, rimane vivace l’attività di acquisizioni e fusioni (Mergers & Acquisitions) con un consolidamento del mercato e un ruolo crescente degli investitori finanziari;
– riforma tariffaria, contatori intelligenti, i consumatori diventati anche autoproduttori di energia cambieranno il volto del sistema elettrico, come lo conosciamo oggi, e il ruolo di produttori e distributori che dovranno “inventarsi” nuovi modelli di business.
“L’industria elettrica è in una fase di profonda trasformazione, sia nella sua struttura produttiva che nella fisionomia complessiva del sistema, nel quadro regolatorio e nel funzionamento dei mercati – ha osservato Marangoni – Da un lato, il settore si sta consolidando, con la crescita delle acquisizioni e della presenza degli investitori finanziari. Nel 2016 i primi dieci operatori del fotovoltaico valgono 1,7 GW di potenza installata (era 1 GW nel 2013), con quasi 400 MW passati di mano nell’ultimo anno. Dall’altro, mutano i fuel mix e i business model delle maggiori utility europee, che investono sempre più fuori dall’Europa. Il 30% delle 20 maggiori utility europee nel 2016 hanno almeno il 50% della potenza installata di rinnovabili. Sono loro, insieme alla digitalizzazione del sistema elettrico, il motore di questo cambiamento, che toccherà sempre più il funzionamento dei mercati, le infrastrutture e i consumatori“.
Per superare questa fase sarà necessario ammodernare gli impianti e installarne di nuovi.
Per quanto riguarda il primo aspetto, la sostituzione degli impianti eolici più anziani, pari a 3,5 GW, permetterebbe di ottenere un aumento netto di potenza di 4,5 GW, pari a 9 TWh aggiuntivi rispetto ad uno scenario di assenza d’azione.
Necessario anche il rilancio del grande idroelettrico che contribuisce per larga parte ai target delle rinnovabili e degli impianti a biomasse, in uscita dagli incentivi.
Per quanto riguarda, invece, le nuove installazioni bisognerebbe dare nuovi input di crescita attraverso la scelta delle tecnologie più competitive presenti sul mercato. Per l’eolico gli scenari futuri ipotizzano di portare l’installato a 20 GW al 2030 (inclusi i rinnovamenti), ad eccezione del caso 33% di efficienza energetica, dove la potenza eolica è stimata in 18 GW al 2030. In questo modo si otterrebbero 12,8-8,8 TWh aggiuntivi a seconda degli scenari”.
“Il futuro dell’energia in Italia ci porta a riconsiderare il mix produttivo, che vedrà aumentare ancora le rinnovabili nel contesto di una crescente elettrificazione – ha aggiunto Marangoni – Per questo motivo dovranno essere promosse politiche per il rinnovamento degli impianti esistenti e si dovrà tornare a realizzare fotovoltaico utility scale, come Germania e Francia stanno già facendo con le nuove aste. Per raggiungere gli obiettivi al 2030 sarà importante anche il contributo delle piccole installazioni residenziali efficienti, rese sempre più convenienti dal calo dei costi“.