Un’ulteriore ricerca appena presentata al Congresso di CMR della Società Europea di Cardiologia, mette in evidenza che l’esposizione al PM2,5 aumenta il volume del cuore e peggiora il suo funzionamento. Si sottolinea, inoltre, di abbassare il livello massimo di concentrazione di tale inquinante fissato a 25 microgrammi per m3, dal momento che le disfunzioni cardiache registrate sono state osservate in pazienti con esposizione media a10 microgrammi per m3.
Sono sempre più numerosi gli studi e le ricerche che mettono in relazione i gravi rischi per la salute con l’inquinamento dell’aria ambiente, in particolare con le polveri sottili emesse dai veicoli a motore diesel. L’ultimo Rapporto dell’Agenzia Europea dell’Ambiente ha stimato che nell’UE l’esposizione alle polveri sottili (PM) provochi circa 430.000 morti premature all’anno, con il primato al nostro Paese con 66.000 decessi all’anno.
All’annuale Congresso Europeo CMR (Cardiovascular Magnetic Resonance) della Società europea di cardiologia (ESC), svoltosi a Praga (25-27 maggio 2017), è stata presentata una Ricerca condotto in Gran Bretagna, che ha utilizzato la risonanza magnetica cardiaca di un campione di 4.255 individui di età media di 62 anni (il 47% maschi), inseriti nel Biobank inglese, un ampio studio di coorte basato sulla comunità, per verificare se l’esposizione al PM2,5 possa produrre danni diretti al cuore.
“Ci sono prove evidenti che il PM2,5, emesso principalmente dai veicoli stradali a motore diesel, è associato ad un aumento del rischio di infarto, insufficienza cardiaca e morte – ha dichiarato il Dott. Nay Aung, Cardiologo e Ricercatore al Wellcome Trust William Harvey Insitute presso l’Università londinese “Queen Mary” e principale autore della ricerca – Questo a causa della risposta infiammatoria all’inalazione delle polveri sottili, localizzata inizialmente ai polmoni e seguita da un’infiammazione più sistemica che colpisce tutto il corpo“.
L’associazione tra esposizione al PM2.5 (il livello medio è risultato di 10 microgrammi per mc3, calcolato in base all’indirizzo di casa dei partecipanti) e la struttura e funzione del cuore è stata stimata utilizzando una regressione lineare multivariabile, una forma di modellazione statistica che si adatta ai potenziali fattori che potrebbero influenzare i risultati come l’età, il sesso, il diabete e la pressione sanguigna.
L’analisi delle risonanze magnetiche cardiache è stata condotta per misurare il volume sistolico (struttura) e la frazione di eiezione (funzione) del ventricolo sinistro. Si è contestato così che ad ogni incremento dell’esposizione di 5 microgrammi corrispondeva un aumento del 4-8% del volume ventricolare sinistro e una diminuzione del 2% della frazione di eiezione.
“Abbiamo scoperto che più aumenta l’esposizione al PM2.5 – ha proseguito Aung – più aumenta il volume del cuore e peggiora il suo funzionamento“.
I ricercatori hanno anche indagato sui potenziali fattori che potrebbero influenzare questo rapporto, riscontrando che le persone esposte al PM2,5 con un’istruzione a livello di laurea sono meno soggette ad avere un ingrossamento del cuore ed hanno un riduzione minore della frazione di eiezione, rispetto alle persone con un livello di istruzione inferiore.
“Questa situazione potrebbe derivare da diversi fattori, tra cui le migliori condizioni abitative e di lavoro che riducono l’esposizione all’inquinamento – ha osservato Aung – Inoltre, consapevoli dei rischi per la salute, costoro hanno stili di vita più sani e un migliore accesso all’assistenza sanitaria“.
Per quanto riguarda gli effetti negativi sul cuore dell’inquinamento atmosferico da PM2,5, il ricercatore ha indicato: infiammazioni sistemiche, vasocostrizione e aumento della pressione arteriosa. La combinazione di questi elementi può determinare l’aumento del suo volume per far fronte al sovraccarico, con conseguente riduzione contrattile di eiezione, vale a dire riduzione della funzione di pompa del cuore.
“Abbiamo scoperto che l’esposizione media al PM2.5 nel Regno Unito è di circa 10 microgrammi per m3, quindi ben al di sotto del target dell’UE di 25 microgrammi, eppure rileviamo danni – ha sottolineato Aung – Questo suggerisce che l’attuale limite non è sicuro e dovrebbe essere abbassato. La riduzione delle emissioni di PM2.5 dovrebbe essere una priorità urgente per la sanità pubblica e i maggiori colpevoli, come i veicoli diesel, dovrebbero essere contrastati con adeguate misure politiche”.
In termini di ciò che gli individui potrebbero fare per ridurre il rischio, il dottor Aung ha indicato di evitare i tempi e luoghi in cui si verificano i livelli più alti di inquinamento e se in quei momenti ci si reca al lavoro in bicicletta o a piedi, si deve cercare la strada meno trafficata o stare sulla parte del marciapiede più lontana dalle vetture, per ridurre la quantità di inquinanti respirati. Coloro, poi, che hanno malattie cardiorespiratorie dovrebbero limitare al massimo il tempo trascorso all’aperto durante i momenti di maggior inquinamento, come le ore di punta.
Di quali altri studi ci sarà bisogno affinché la Commissione UE si decida ad imporre standard di emissioni di inquinanti più stringenti ai produttori di veicoli a motori diesel, considerando anche che uno studio pubblicato due settimane fa ha appurato che tali mezzi emettono il 50% in più degli standard dichiarati?