I ricercatori dell’Università di Leicester hanno per la prima volta scoperto che i batteri che causano gravi infezioni respiratorie e che sono resistenti agli antibiotici sono direttamente influenzati dal particolato atmosferico che ne aumenta le potenzialità infettive e riduce l’azione dei battericidi.
Si è aperto ieri a Milano (9-10 marzo 2017) il VI Congresso Internazionale AMIT (Argomenti di Malattie Infettive e Tropicali) che ha posto come primo tema di analisi e discussione “La resistenza agli antibiotici: la sfida da affrontare“, la vera minaccia globale del XXI secolo, che potrebbe provocare nuove epidemie e milioni di morti.
Già in un precedente articolo abbiamo segnalato come la Commissione UE si appresti a lanciare un nuovo Piano per ridurre la diffusione della resistenza agli antimicrobici nei batteri (AMR), considerando che causa 25.000 decessi e oltre 1,5 miliardi di euro all’anno in costi sanitari e perdita di produttività nell’Unione.
Ora uno studio interdisciplinare, condotto da ricercatori specializzati in genetica, microbiologia e chimica dell’atmosfera di 3 Dipartimenti dell’Università di Leicester (Gran Bretagna) che si è concentrato su due patogeni umani (Staphylococcus aureus e lo Streptococcus pneumonite) che sono responsabili di gravi malattie e che presentano, purtroppo, alti livelli di resistenza agli antibiotici, ha scoperto che tali batteri sono direttamente influenzati dall’inquinamento atmosferico che ne aumenta le potenzialità infettive e riduce l’azione dei battericidi.
La ricerca, durata 4 anni e pubblicata il 28 febbraio online open access su Environmental Microbiology con il titolo: “Air pollution alters Staphylococcus aureus and Streptococcus pneumoniae biofilms, antibiotic tolerance and colonisation” ha importanti implicazioni per il trattamento delle malattie infettive che sono in aumento nelle aree con elevati livelli di inquinamento atmosferico.
“La nostra ricerca potrebbe avviare una comprensione completamente nuova di come l’inquinamento atmosferico colpisca la salute umana – ha affermato la Dott.ssaJulie Morrissey, Professore Associato di Genetica microbica presso l’Università di Leicester eprincipale autore dello studio – Darà un notevole contributo per capire come l’inquinamento atmosferico provochi gravi problemi respiratori e sconvolga i cicli ambientali essenziali per la vita“.
Lo studio ha esaminato come l’inquinamento atmosferico agisca su batteri che vivono nel nostro corpo, in particolare nel tratto respiratorio – il naso, gola e polmoni.
Una componente importante dell’inquinamento atmosferico è il cosiddetto “black carbon” (il particolato carbonioso), la miscela di inquinanti che si produce dalla combustione incompleta di sostanza organiche, come gli idrocarburi, le biomasse e i biocarburanti, e che si concentrano nelle aree urbane ad intenso traffico, per effetto del riscaldamento residenziale e in aree ad elevata densità di industrie.
Gli effetti del particolato atmosferico (PM10 e PM2,5) sulla salute umana sono ben noti, ma gli effetti sui batteri, organismi molto diffusi negli esseri umani e nell’ambiente naturale, sono poco conosciuti.
La ricerca ha dimostrato per la prima volta che il “black carbon” cambia il modo in cui i batteri crescono e formano delle comunità che potrebbero influenzare il modo in cui sopravvivono sul rivestimento delle nostre vie respiratorie e quanto bene siano in grado di nascondersi e combattere il nostro sistema immunitario.
Il team di ricerca ha scoperto che il carbonio nero altera la tolleranza agli antibiotici delle comunità di Staphylococcus aureus e aumenta, in particolare, la resistenza delle comunità di Streptococcus pneumoniae alla penicillina, il trattamento principale della polmonite batterica.
Inoltre, si è riscontrato che il “black carbon” è il veicolo per mezzo del quale lo Streptococcus pneumoniae si diffonde dal naso al tratto respiratorio inferiore, passo determinante nello sviluppo della malattia.
“L’urbanizzazione in megalopoli con livelli estremi di inquinamento atmosferico sono i principali fattori di rischio per la salute umana in molti parti del mondo – hanno sottolineato il Prof. Julian Ketley, Docente di genetica batterica e il Prof. Peter Andrew, Docente di Patogenesi Microbica, coordinatori del progetto – La nostra ricerca dà una spinta alla promozione e partecipazione di consorzi di ricerca internazionale di biologi, chimici, clinici, sociologi e urbanisti, al fine di studiare assieme come la crescente urbanizzazione favorisca la diffusione di malattie infettive“.