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FAO: vuole diffondere negli orti la coltivazione di due specie di melanzane

FAO diffondere negli orti due specie di melanzane

La situazione alimentare nel Sahel è drammatica, aggravata da una persistente siccità ed esacerbata dai conflitti locali, in particolare dagli scontri di Boko Haram i cui militanti islamici combattono da otto anni per istituire un califfato nella regione della Nigeria nord-orientale, che si stanno estendendo anche in Camerum, Niger e Ciad, dove si sta consumando una delle più gravi crisi umanitarie degli ultimi decenni. Si calcola che in tutti i 4 Paesi il numero delle persone minacciate da carestia sia di oltre 7 milioni, la maggior parte dei quali si trovano nello Stato federale di Borno (Nigeria). Qui la FAO sta aiutando i rifugiati ad imparare a coltivare, così da evitare che diventino dipendenti dagli aiuti umanitari. Durante un Workshop tenutosi a Maiduguri, capitale dello Stato di Borno, per la presentazione del Piano strategico di risposta alla Crisi del Lago Ciad (2017-19), volto a migliorare la sicurezza alimentare e la nutrizione nel bacino, e per migliorare la resilienza delle comunità vulnerabili nelle aree colpite dalla crisi il Direttore generale della FAO José Graziano da Silva ha affermato che “Se non facciamo ripartire ora la produzione alimentare, la fame, già grave e diffusa, peggiorerà ancora e la dipendenza dagli aiuti alimentari esterni si prolungherà ulteriormente“.

La situazione nella quale ci ritroviamo oggi è dovuta in gran parte ai conflitti e ai gruppi armati che hanno devastato le vite e i mezzi di sussistenza nell’intera regione – ha proseguito da Silva – È come un’ infezione che trae ampio vantaggio da un corpo già debilitato da problemi di degradazione ambientale, siccità, scarsi investimenti nello sviluppo rurale, e limitate opportunità di impiego e di sopravvivenza per giovani e donne. Dobbiamo lavorare sui sintomi riportando la pace, e curare la malattia rendendo più forte il corpo. È tutta una questione di resilienza. Il protrarsi del conflitto ha eroso la capacità di andare avanti, esaurito i mezzi di sussistenza e lasciato le persone con nulla con cui sfamare se sessi e le proprie famiglie. L’agricoltura non può essere ignorata. Oltre l’ 80 per cento della popolazione vive di essa oltre che di pesca e di allevamento”.

Nell’occasione il Direttore generale della FAO, ha visitato un campo dove un gruppo di donne, scampate agli attacchi di Boko Haram ai loro villaggi e le sole a sostenere i bisogni dei propri familiari, coltivano il gorongo, nome locale della melanzana africana (Solanum macrocarpum), il cui frutto crudo masticato crudo, come ha spiegato una di loro, serve per sbiancare i denti e ridona loro una dignità sociale, tramite l’offerta di uno smagliante sorriso.
Al di là degli aspetti estetici, questa melanzana costituisce una notevole risorsa alimentare per la lunga durata vegetativa pur in condizioni di prolungata siccità, sia perché possono essere consumate sia le ampie foglie senza pelo sia i frutti lisci ovali, di colore bianco o giallo e di diametro variabile tra 3 e 12 cm, che a piena maturazione diventano arancioni o marroni.

Altrettanto diffusa in questa regione sub-sahariana è l’altra melanzana originaria dell’Africa, la melanzana rossa (Solanum aethiopicum) il cui frutto inizialmente verde scuro o nerastro con superficie liscia o rigata, diventa a maturazione rosso o rossastro arancione, per l’elevata quantità di carotene, tanto da essere scambiata per un pomodoro, alla cui stessa famiglia delle solanacee pur sempre appartiene, assieme alla patata. Nonostante il suo aspetto conduca spesso al fraintendimento, il suo profumo è invece inconfondibile, e la sua particolarità è data dal fatto che è l’unica melanzana a non scurire al taglio, grazie al basso contenuto di acido clorogenico che consente di mantenere bianca la polpa.

La popolazione nigeriana igbo la offre tradizionalmente agli ospiti e visitatori, accompagnata da burro di arachidi piccante, noce di cola e semi di pepe melegueta.
Queste due specie, altamente produttive, rappresentano un’importante risorsa per orti domestici e urbani, dato che assicura una buona resa anche su superfici di piccole dimensioni, contribuendo così alla produzione di reddito.

Non tutti sanno che la melanzana rossa viene coltivata anche in Basilicata (Pollino) e Campania (Cilento), dove pare sia stata introdotta da un soldato italiano che, reduce dalla sfortunata guerra di Abissinia alla fine dell’Ottocento (1895-96), aveva portato con sé i semi. In passato ha rischiato di estinguersi, ma la valorizzazione avvenuta grazie ad operatori turistici, agricoltori ed alcuni enti istituzionali che ne hanno promosso il consumo e la coltivazione, ha portato al riconoscimento come Presidio Slow Food e alla proposta per il riconoscimento del marchio DOP, avvenuto nel 2007. Viene commercializzata e conosciuta come melanzana rossa o melanzana a pomodoro (dal nome lucano merlingiana a pummadora).

Dal 12 al 14 agosto 2017 per far apprezzare questo ortaggio ancora poco conosciuto, ma molto salutare per le sue proprietà antiossidanti, utili per contrastare l’invecchiamento cellulare, e ipocolesterolemizzante, adatta per chi ha valori troppo elevati di colesterolo, si sono svolte:
– a Rotonda (PZ) la “Sagra della melanzana rossa” in abbinamento a quella dei fagioli bianchi, anch’essi DOP;
– a Policastro Bussentino, frazione del comune di Santa Marina (SA), la “Degustazione della melanzana rossa“.

Eleonora Giovannini

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