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FAO: i conflitti in Medio Oriente e Nord Africa aumentano l’insicurezza alimentare

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Per la FAO, i disordini e le violenze che alcuni paesi del Medio Oriente e del Nord Africa stanno vivendo mettono in forse le prospettive di raggiungere “Fame Zero” nelle regioni coinvolte.

di Elena Cerilli

Secondo un nuovo rapporto della FAO, pubblicato a fine dicembre e presentato al Cairo, conflitti e crisi protratti in alcuni paesi del Medio Oriente e del Nord Africa stanno bloccando gli sforzi di sradicare la fame nelle zone coinvolte entro il 2030.

L’edizione 2017 del “Regional Overview of Food Security and Nutrition in the Near East and North Africa” (NENA) sottolinea, in particolare, come l’intensificarsi della violenza stia aprendo un ampio “divario di fame” tra i paesi colpiti dai conflitti e quelli che non lo sono.

Nei paesi NENA (Algeria, Bahrain, Egitto, Iran, Iraq, Giordania, Kuwait, Libano, Libia, Mauritania, Marocco, Oman, Qatar, Arabia Saudita, Sudan, Siria, Tunisia, Emirati Arabi Uniti e Yemen), nel periodo 2014-2016, il 27,2% della popolazione è risultato cronicamente affamato o denutrito. La percentuale è sei volte superiore alla quota di popolazione denutrita nei paesi non colpiti dai conflitti (4,6% in media). Contemporaneamente, la grave insicurezza alimentare – un altro metro utilizzato dalla FAO per misurare la fame – nei paesi colpiti dal conflitto è il doppio rispetto ai paesi non in conflitto.

I dati evidenziati dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura mettono in forse la capacità dei paesi NENA di raggiungere l’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile di Fame Zero entro il 2030.

In un’area in gran parte composta da paesi in via di sviluppo a medio reddito – dove la fame cronica colpisce in genere meno del 5% della popolazione – a causa della violenza la proporzione di persone cronicamente affamate raggiunge livelli paragonabili a quelli dei paesi più poveri del mondo, e questo sta creando un forte effetto negativo sulla riduzione della fame nell’intera “regione NENA”.

Il rapporto della FAO avverte che tale situazione renderà difficile fare progressi verso l’eliminazione della fame nelle zone coinvolte ricorrendo ai tradizionali strumenti politici, a meno che non vengano fatti passi decisivi verso la pace e la stabilità.

I punti caldi

La FAO sottolinea che alcuni paesi NENA sono particolarmente colpiti dai conflitti, con profonde conseguenze sul reddito e sulla sicurezza alimentare delle persone. In Siria, la violenza ha provocato una riduzione del 67% del prodotto interno lordo (PIL) e gravemente minato la sicurezza alimentare – dal 70 all’80% dei siriani ora ha bisogno di assistenza umanitaria, mentre il 50% richiede assistenza alimentare.

In Iraq, dove la violenza ha portato a un calo del 58% del PIL, il 30% della popolazione ha bisogno di assistenza umanitaria, mentre il 9% richiede assistenza alimentare.

Anche lo Yemen è sconvolto dai conflitti, con una situazione in cui il 70-80% della popolazione ha bisogno di assistenza umanitaria e il 50% ha bisogno di assistenza alimentare.

La Libia è un altro punto caldo in cui i conflitti stanno minando la sicurezza alimentare; secondo il rapporto il 6% della popolazione ha bisogno di assistenza alimentare.

Costruire la resilienza in tempi difficili

Intervenendo alla presentazione del rapporto al Cairo, il direttore generale aggiunto e rappresentante regionale della FAO, Abdessalam Ould Ahmed, ha sottolineato l’importanza cruciale di costruire la resilienza delle popolazioni e di sostenere la pace nelle regioni per migliorare le condizioni di vita delle persone.

La crescente necessità di attuare politiche e interventi di lungo termine e onnicomprensivi per raggiungere Fame Zero entro il 2030 è evidente – ha aggiunto Ould Ahmed – Quando i paesi soffrono per un’escalation di conflitti, l’obiettivo di affrontare i problemi di malnutrizione, scarsità d’acqua e cambiamenti climatici diventa più difficile ma allo stesso tempo più urgente. Solo attraverso una migliore cooperazione e solidarietà potremo essere in grado di porre fine ai conflitti e alle violenze e tornare allo sviluppo”.

Il rapporto stabilisce una base per misurare i futuri progressi verso il raggiungimento dell’Obiettivo di Sviluppo 2 nelle regioni NENA utilizzando i più recenti indicatori sulla fame e sull’insicurezza alimentare (obiettivo 2.1) e la malnutrizione (obiettivo 2.2).

Identifica anche il modo in cui i conflitti stessi rendono difficile il monitoraggio degli Obiettivi di sviluppo. Le agenzie delle Nazioni Unite raccolgono e valutano le informazioni sulla sicurezza alimentare e sullo stato nutrizionale durante i conflitti, ma i dati non sono sempre completi e può essere difficile confrontarli quelli relativi al tempo di pace.

Al di là delle statistiche, comunque, il rapporto si concentra sui fattori fondamentali che portano a notevoli miglioramenti nella sicurezza alimentare e nella malnutrizione: riduzione della povertà, crescita economica, progressi nell’alimentazione materna e infantile e nella salute pubblica, aumento della quantità e della qualità del cibo, e cessazione della violenza.

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