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Fanghi di depurazione: a che punto siamo?

A Ecomondo-Key Energy (Fiera di Rimini, 8-11 novembre 2022) Utilitalia nel corso di un Convegno ha presentato lo Studio “Fabbisogni impiantistici per una corretta gestione dei fanghi di depurazione”, che evidenzia come nei prossimi anni saranno necessari impianti sia per il recupero di materia e il successivo impiego in agricoltura, sia per il recupero energetico con produzione tra gli altri di biometano.

In Italia vengono prodotte ogni anno 3,4 milioni di tonnellate di fanghi di depurazione, un rifiuto che si può trasformare in risorsa per l’utilizzo in agricoltura o attraverso il recupero energetico e di materia.

Nel nostro Paese, però, il sistema si regge su un equilibrio precario: a un sistema insufficiente di depurazione (che ci costa 4 procedure di infrazione, con 60 milioni di euro pagati ogni anno e il 18% dei reflui di origine urbana non depurati) si accompagna una carenza di impianti sia per il corretto utilizzo in agricoltura, sia per il recupero di materia e per quello energetico con produzione di biometano ed energia elettrica o termica; ciò nel presupposto che lo smaltimento in discarica, sicuramente l’opzione ambientalmente meno conveniente, vada minimizzato a favore del recupero, come previsto anche nella proposta di revisione della Direttiva europea sulle acque reflue urbane, che la Commissione UE ha adottato il 26 ottobre 2022.

Se ne è discusso il 9 novembre 2022 a Rimini Fiera, dove è in corso la XXV edizione di Ecomondo e la XV di Key Energy (8-11 novembre 2022) durante il Convegno “Fanghi di depurazione: a che punto siamo?” a cura di Utilitalia (la Federazione delle imprese idriche, ambientali ed energetiche) e trasmesso sul canale YouTube Utilitalia, in collaborazione con Confservizi Lombardia, durante il quale è stato presentato lo studio “Fabbisogni impiantistici per una corretta gestione dei fanghi di depurazione”.

Nel 2021, oltre il 50% dei fanghi è stato avviato allo smaltimento, con situazioni piuttosto diversificate tra le macroaree. Il Centro ed il Sud, infatti, hanno esportato complessivamente circa 560.000 tonnellate di fanghi verso altre regioni, soprattutto del Nord.

Un quadro che rischia di essere aggravato nei prossimi anni da due fattori:
– da un lato, migliorare le performance dal punto di vista della depurazione farà crescere i quantitativi di rifiuto da gestire: con la risoluzione delle procedure di infrazione si stima che si produrrà quasi un milione di tonnellate di fanghi in più, arrivando a circa 4,2 milioni di tonnellate annue;
– dall’altro lato, una mancata o una forte riduzione dell’utilizzo agricolo, sottoposto frequentemente a limitazioni e praticato comunque in un quadro di incertezza normativa, causa una norma datata che andrebbe urgentemente riformata, aggraverebbe ulteriormente la situazione di deficit gestionale del Centro-Sud, mettendo anche il Nord in forte difficoltà.

Ad oggi la quasi totalità di 1,5 milioni di tonnellate di fanghi avviati a recupero viene trattata per un successivo utilizzo in agricoltura, sia in forma diretta sia attraverso la produzione di ammendanti compostati misti e di gessi di defecazione. Nel caso venisse a mancare l’utilizzo agricolo, occorrerebbe trovare immediata collocazione per circa 1,38 milioni di tonnellate di fanghi, alle quali andrebbe a sommarsi un ulteriore milione di tonnellate derivanti dalla risoluzione delle procedure di infrazione.

I gestori del servizio idrico sono impegnati da tempo in politiche incentrate sulla riduzione dell’utilizzo della discarica per lo smaltimento dei fanghi, in linea con gli standard forniti da ARERA – ha spiegato il Vicepresidente di Utilitalia, Alessandro Russo Ma nei prossimi anni occorreranno impianti sia per il recupero di materia e successivo utilizzo in agricoltura, sia per il recupero energetico con produzione tra gli altri di biometano. In Italia la normativa risale al 1992 e già da tempo ne sosteniamo la necessità di un aggiornamento. Ciò alla luce sia di un diverso approccio alla tutela dell’ambiente sempre più focalizzato sulla prevenzione e la circolarità, sia sulla base degli studi scientifici in corso che devono costituire il fondamento delle scelte inerenti le future norme”.

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