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Edelman: disuguaglianze e futuro del lavoro minano la fiducia nelle istituzioni

La XX edizione dell’Edelman Trust Barometer indica che per il 56% del campione di oltre 34.000 cittadini intervistati l’attuale sistema capitalistico sia un fattore più negativo che positivo per il mondo (per gli italiani raggiunge il 61%).

Nonostante una forte economia globale e quasi la piena occupazione, la maggior parte degli intervistati delle regioni più sviluppate non crede che tra cinque anni starà meglio, e il 56% crede che il capitalismo nella sua forma attuale stia facendo più danni che benefici nel mondo.

È quanto emerge dall’Edelman Trust Barometer 2020, il sondaggio condotto su un campione di 34.000 intervistati, suddiviso tra élite (la parte più informata e con maggior tenore di vita) e il resto della popolazione, da Edelman Intelligenge, Società di comunicazione più grande al mondo per fatturato (Fortune), e giunto quest’anno alla sua XX edizione, sul grado di fiducia dei cittadini di 28 Paesi verso diversi tipi di istituzioni, tra cui Governi, Imprese, Media, Organizzazioni internazionali e Ong.

Come il Rapporto Gobal Risks 2020 del WEF, ha indicato che i rischi ambientali hanno conquistato, per la prima volta da quando 15 anni è iniziata la sua redazione, i primi 5 posti nella classifica dei rischi globali che hanno la probabilità di accadere nei prossimi 10 anni e di avere il maggior impatto economico-sociale, così l’Edelman Trust Barometer segnala che la crescita delle disuguaglianze e le preoccupazioni per il futuro del lavoro stanno minando per la prima volta dopo 20 anni la fiducia nelle istituzioni sociali nei Paesi più avanzati .

Da quando abbiamo iniziato a misurare la fiducia 20 anni fa, la crescita economica ne ha favorito un aumento – ha dichiarato Richard Edelman, Presidente ed Amministratore delegato di Edelman – Questo trend prosegue in Asia e in Medio Oriente, ma non nei mercati sviluppati, dove la disparità di reddito nazionale è ora il fattore più importante. Le paure stanno soffocando la speranza e i presupposti sul lavoro che porta alla mobilità verso l’alto non sono più valide“.

I risultati del sondaggio mostrano due diverse realtà per la fiducia nelle istituzioni. La maggior parte degli intervistati dei mercati sviluppati non crede che starà meglio tra 5 anni, ma tra i consumatori più ricchi e istruiti permane una maggior fiducia rispetto alle popolazioni di massa che meno del 50% non ritiene che le proprie istituzioni stiano facendo le cose giuste. In ben 8 mercati tra i più sviluppati, il divario tra i 2 gruppi è “allarmante”.

La sfiducia è guidata da un crescente sentimento di iniquità e ingiustizia del sistema, con una percezione elevata che le istituzioni sia sempre più al servizio di pochi. Soprattutto i Governi sono considerati come driver delle disuguaglianze: il 57% della popolazione in generale afferma che i Governi servono gli interessi di pochi; mentre solo il 30% dichiara che sono al servizio di tutti.

Alla base della generale sfiducia nell’ assetto economico capitalistico ci sono le paure per il futuro. In particolare, 83% dei lavoratori dipendenti teme di perdere il lavoro a causa della recessione incombente, della mancanza di competenze, della concorrenza straniera meno costosa, degli immigrati disponibili a lavorare per meno, dell’automazione e del dislocazione delle imprese in altri Paesi.

Il 57% è preoccupato della perdita di dignità di cui godeva nel proprio Paese, e quasi due intervistati su tre ritengono che il ritmo di innovazione tecnologica sia troppo rapido. Non sussiste più fiducia nemmeno sulle verità concordate: il 76% è preoccupato che le fake news possano essere usate come un’arma.

Le persone oggi tendono a concedere la propria fiducia sulla base di due distinti attributi: competenza ovvero capacità di mantenere le promesse; etica ovvero fare la cosa giusta e lavorare per migliorare la società. Questa tendenza è stata sintetizza da Edelman con “ Non si tratta più soltanto di quel che fai, ma anche di come lo fai”.

Secondo il Trust Barometer di quest’anno, nessuna delle istituzioni del sondaggio avrebbe tali caratteristiche. Le imprese sono considerate più competenti (64%) e meno di tutti i Governi (10%). Le Ong guidano la classifica per i comportamenti etici con un divario di 25 punti percentuali sulle imprese e addirittura di 31 sui Governi. Sia Governi che media sono percepiti come incompetenti e iniqui. In particolare, il 57% degli intervistati non ritiene che i media compiano le opportune differenziazioni tra fatti e opinioni, anche se sono considerati importanti per la copertura di notizie (58%).

Per quanto riguarda l’Italia, “La ventesima edizione dell’Edelman Trust Barometer mette in evidenza il rafforzamento di un trend che dura da diversi anni e in base al quale le aziende si confermano la realtà più considerata in termini di fiducia e agli amministratori delegati si richiede un ruolo dinamico e propulsivo nella guida del cambiamento e prese di posizione forti sui grandi temi dell’economia e del lavoro  – ha affermato l’Amministratore delegato di Edelman Italia Fiorella Passoni, presentando il Trust Barometer la scorsa settimana – I dipendenti aziendali ripongono fiducia nei propri datori di lavoro ma si aspettano di essere più coinvolti nelle decisioni e nella pianificazione. In questo quadro, il campione ha chiaramente manifestato la necessità di un dialogo costante tra aziende, media, Governo e associazioni non governative per affrontare le sfide e i cambiamenti che interessano l’economia e la società”.

Dal sondaggio emerge, infatti, che gli italiani continuano ad assegnare un ruolo importante agli Amministratori delle imprese (60%) senza attendere il Governo, ma il 61% considera il capitalismo come un fattore più negativo che positivo nel mondo e ritiene l’avanzamento tecnologico troppo veloce (67%). L’Italia è inoltre al 1°posto tra tutti i Paesi analizzati nel considerare la delocalizzazione come ragione principale di perdita del posto di lavoro. Inoltre, l’80% degli Italiani crede che il Governo non comprenda le tecnologie emergenti in misura tale da riuscire a regolamentarle efficacemente. Un dato quest’ultimo superiore rispetto a quello di Francia (61%) e Germania (75%).

Aumenta in Italia la fiducia nei media rispetto allo scorso anno con il nostro Paese che è secondo inEuropa con il 49% del campione,  ma il 76% degli italiani è preoccupato che le fake news possano essere usate come arma, un dato che cresce del 6% rispetto a due anni fa e che è superiore rispetto a quanto registrato in Francia e Germania, mentre il 63% del campione teme che i media possano essere contaminati da notizie inattendibili, dato superiore rispetto al 57% registrato su scala globale.

Aumenta la fiducia nell’Unione europea (9 % in più rispetto al 2019) e nelle Nazioni Unite (+5%) anche se entrambe le istituzioni non superano il 50%, e, nel caso dell’ONU, il dato è inferiore del 4% alla media globale.

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