Aree protette e parchi Biodiversità e conservazione Green economy

“La natura dell’Italia” per spingere l’economia verde

La natura dell’Italia per spingere economia verde

Dalla Conferenza Nazionale svoltasi a Roma tanti condivisibili spunti, ma mancano ancora quegli interventi finanziari necessari per mantenere i servizi pubblici sulla salvaguardia della natura, altrimenti si rischia di ridurla a semplice mercificazione.

La Giornata inaugurale della Conferenza nazionale “La Natura dell’Italia. Biodiversità e aree protette: la Green Economy per il rilancio del Paese” (Roma, Università “La Sapienza”, 11-12 dicembre 2013), era iniziata con un prologo elegiaco, mentre quella finale ha avuto un epilogo da guerriglia urbana, con le forze dell’ordine in assetto antisommossa all’interno dell’università impegnate a tenere a bada un corteo di manifestanti, per lo più universitari e ricercatori, che tentavano di entrare nell’aula magna dove era in svolgimento la Conferenza.
Non c’è dubbio che la protesta studentesca abbia scelto un’occasione sbagliata per esprimere la propria insoddisfazione dal momento che l’oggetto delle discussioni era incentrato su un percorso di valorizzazione economica del nostro immenso patrimonio di biodiversità, ma i contributi di qualche Ministro che non può di certo essere additato come strenuo difensore dell’ambiente, potevano essere evitati.
Evidentemente, il mantra della “green economy” richiama l’interesse anche di chi finora si è comportato “business-as-usual”, pensando che ora il “nuovo” mito possa far decollare tout court la crescita.
Forse, è contro questa gattopardesco atteggiamento che monta la collera degli studenti che cominciano a percepire di dover convivere con condizioni ambientali e occupazionali a rischio, anche se non ne sono stati responsabili.

Come si accennava, prima dell’inizio della Conferenza una delegazione di “70 custodi” dei parchi naturali italiani, giunti a Roma per partecipare alla Conferenza erano stati ricevuti da Papa Francesco che in occasione dell’omelia di avvio del suo Pontificato aveva invitato i decision maker ad assumersi l’onere della custodia della natura: “Vorrei chiedere, per favore, a tutti coloro che occupano ruoli di responsabilità in ambito economico, politico o sociale, a tutti gli uomini e le donne di buona volontà: siamo custodi della creazione, del disegno di Dio iscritto nella natura, custodi dell’altro, dell’ambiente; non lasciamo che segni di morte e distruzione accompagnino il cammino di questo nostro mondo!

La Conferenza è stata organizzata dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, con la collaborazione della Fondazione per lo Sviluppo sostenibile, di Unioncamere e Federparchi, con lo scopo di avviare un ampio confronto tra istituzioni, esperti, operatori del settore, per conoscere e discutere le politiche per la valorizzazione della biodiversità, l’attuazione degli indirizzi comunitari, le migliori pratiche finora sviluppate.
L’obiettivo dichiarato era di puntare al rilancio dell’economia italiana, ripartendo dal capitale naturale, dalle aree protette, dall’agricoltura, dai prodotti tipici, dall’artigianato di qualità, che caratterizzano il nostro Paese.
Biodiversità, aree protette, green economy costituiscono tre parole imprescindibili per affrontare, ad ogni livello, con serietà e credibilità qualsiasi discorso sulla ridefinizione di un modello di sviluppo che metta al centro l’Italia, con le sue straordinarie peculiarità, il suo patrimonio naturale, culturale e storico-architettonico – ha affermato nel suo discorso di apertura il Ministro dell’Ambiente Andrea Orlando – Abbiamo sacrificato sull’altare di uno sviluppo senza regole, di un’industrializzazione incurante dell’ambiente e della crescita distorta dell’edilizia il nostro territorio, gli insediamenti urbani, il paesaggio unico del nostro Paese, convinti che questo fosse il prezzo da pagare per un diffuso benessere“.

Questa irragionevole convinzione è ormai superata – ha proseguito il Ministro – È chiaro a tutti che il benessere che abbiamo raggiunto è spesso solo apparente, entrato in una spirale recessiva, minato dalle insidie portate dal deterioramento dei suoli, delle acque, dell’aria. Proprio quell’ambiente che abbiamo gravemente sacrificato ci si presenta oggi come una straordinaria opportunità per rivedere e rinnovare il nostro modello di sviluppo: un green new deal è possibile, una nuova economia orientata alla sostenibilità, alla tutela dell’ambiente e alla valorizzazione delle aree naturali, rappresenta una delle vie principali per uscire dalla grande crisi che stiamo attraversando”.

Le aree protette italiane inserite nell’Elenco Ufficiale sono, nelle loro diverse tipologie, 871 e coprono il 10.5% del territorio italiano (terrestre e marino), percentuale destinata a salire con l’inserimento ufficiale di altre aree.
La loro distribuzione è molto disomogenea tra le Regioni e anche tra le principali macro-aree del Paese: le aree montane, soprattutto appenniniche, e le Regioni del centro-sud (ma anche il Trentino-Alto Adige) hanno le maggiori percentuali di territorio protetto, mentre le aree costiere e collinari sono le meno protette.
Alla rete di aree istituite dallo Stato e dalle Regioni e Province si affianca, dal 1997, la rete Natura 2000 che raccoglie ben 2.299 Siti di Importanza Comunitaria (SIC) e 609 Zone di Protezione Speciale (ZPS) istituite ai sensi della Direttiva “Habitat”. La percentuale combinata tra aree protette statali, regionali e comunitarie è oltre il 22% della superficie, ben superiore alla media europea e tra le più alte a livello mondiale.
Poiché l’Italia non possiede una grande estensione di aree pubbliche, l’insieme delle aree protette ricade in larga parte su proprietà private e include necessariamente porzioni di territorio rilevanti anche per le attività produttive ed economiche del Paese. Secondo i dati diffusi dal Ministero, al 2011 nei parchi italiani erano presenti 756.000 imprese (il 17% degli insediamenti produttivi nazionali) che hanno attivato più di 82.000 posti di lavoro, per un prodotto lordo di 34,6 miliardi di euro, ovvero il 3,2% di quello nazionale, e tra il 2000 e il 2011 si è registrato un aumento del 12,7% degli insediamenti produttivi a fronte dell’1,9% della media italiana.
Spero sia finalmente finita la stagione in cui i parchi erano visti esclusivamente come un vincolo sul territorio o come un’inutile moltiplicazione di poltrone – ha proseguito Orlando – Le aree protette non hanno svolto solo un ruolo essenziale nella conservazione di una biodiversità straordinaria nel panorama internazionale, ma hanno costituito anche un sistema integrato di sviluppo, laboratori privilegiati di applicazione della green economy e di sviluppo di greenjobs: negli ultimi tre anni il 38% delle imprese del settore agricolo che risiedono nelle aree protette, circa 5.000, ha ridotto l’impiego di energia e di acqua, 1.100 hanno utilizzato energia da fonti rinnovabili e 1.800 investiranno in tecnologie ambientali“.

I lavori pomeridiani si sono incentrati su sessioni tematiche che hanno discusso i 4 documenti redatti da 4 gruppi di lavoro:

– Professioni verdi, occupazione giovanile e nuova imprenditorialità: il ruolo della formazione nello sviluppo di competenze innovative a sostegno della green economy e dello sviluppo sostenibile dei territori (Coordinamento a cura di: Unioncamere);

– Aree Protette e Rete Natura 2000 strumenti per un nuovo sviluppo economico e territoriale del Paese (Coordinamento a cura di: Federparchi);

– Infrastrutture verdi e i servizi ecosistemici in Italia come strumento per le politiche ambientali e la green economy: potenzialità, criticità e proposte (Coordinamento a cura di: Fondazione per lo sviluppo Sostenibile);

– Ricerca scientifica per la conservazione e la valorizzazione del capitale naturale (Coordinamento a cura di: Università di Roma “La Sapienza”).

Nella seconda giornata era prevista la presenza del Presidente della Repubblica e del Presidente del Consiglio dei Ministri, che, stante la situazione che si era creata all’Università “La Sapienza”, probabilmente sono stati invitati a non parteciparvi direttamente ed hanno inviato un video-messaggio.
In particolare, il Capo del Governo Enrico Letta, del quale era in programma un intervento, ha sottolineato come “la green economy sia sempre stata al centro del programma dell’Esecutivo. Abbiamo molti temi da affrontare, tra cui la legge sul consumo di suolo che deve essere assolutamente approvata in tempi brevi dal Parlamento e le misure sul dissesto idrogeologico”.
Era stato il Ministro Orlando ad annunciare ad inizio dei lavori che il Governo avrebbe varato il giorno dopo il disegno di legge per il contenimento del consumo del suolo ed il riuso del suolo edificato, finalizzato, come recita il Comunicato stampa a conclusione del Consiglio dei Ministri del 13 novembre 2013 “al contenimento del consumo di suolo, alla valorizzazione del suolo non edificato, alla promozione dell’attività agricola che sullo stesso si svolge o potrebbe svolgersi, nonché alla valorizzazione del suolo come risorsa da tutelare anche ai fini di mitigazione/prevenzione del rischio idrogeologico”.

Letta ha poi passato un assist al Commissario UE per l’Ambiente che sarebbe intervenuto dopo di lui, sottolineando che “Nel campo della tutela ambientale l’Unione europea ha giocato un ruolo fondamentale per l’Italia, Paese tradizionalmente e diffusamente pigro nell’applicare regole e tutele dell’Ambiente e del Paesaggio: tutte le norme che abbiamo in Italia sono frutto di Direttive UE”.

Ovviamente, Janez Potočnik ha realizzato un facile goal, affermando che “È un onore e un piacere essere qui oggi e partecipare a questa conferenza intesa a rilanciare l’economia italiana mettendo l’immenso capitale naturale che rende unico questo Paese al centro di un nuovo modello di crescita economica”, anche se ha osservato che “come tutte le transizioni economiche, il passaggio ad un’economia verde non sarà semplice”.
Tuttavia, il Commissario UE non dubita che “L’Italia sarà in grado di coprire un ruolo di primo piano nel far avanzare la transizione. Il capitale naturale, il patrimonio culturale e le tradizioni dell’Italia predispongono questo Paese ad essere leader di questa transizione. Da nord a sud, da est a ovest, è pressoché impossibile spostarsi da una città all’altra senza essere rapiti dalla bellezza del paesaggio. L’Italia ha costruito la sua ricchezza proprio sulla natura. Questo si riflette nell’unicità della cultura e delle tradizioni, nella varietà di specialità gastronomiche locali, nell’artigianato e nelle eco-industrie in costante espansione. In passato lo sviluppo sostenibile ha segnato la crescita economica dell’Italia: esso può, e deve, segnare il ritorno alla crescita del Paese”.

A seguire e nel pomeriggio, si sono succeduti gli interventi e i contributi dei rappresentanti del mondo delle imprese, dell’università, dei parchi e delle aree protette, delle associazioni ambientaliste, nonché dei vari Ministri intervenuti che si sono tutti dichiarati a favore della green economy, tant’è che uno dei più autorevoli giornalisti ha titolato il suo pezzo: “Mezzo Governo si schiera per la green economy. Ora si attendono impegni meno discontinui di quelli finora registrati”.

Già, perché la green economy legata alla conservazione della natura e ai necessari interventi educativi richiede investimenti adeguati per sostenere e garantire i servizi, mentre nella Legge di Stabilità 2014 per l’ambiente è previsto l’1% della manovra, come ha fatto osservare nel suo intervento il Presidente del WWF-Italia, Dante Caserta.

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