Cibo e alimentazione Salute

Dieta centrata sulle piante riduce il rischio di malattie cardiovascolari

Uno Studio condotto su una coorte di 4.946 adulti di età compresa tra i 18 e 30 anni al momento dell’arruolamento ha constatato che coloro che hanno mantenuto un dieta centrata sulle piante, non necessariamente vegetariana, hanno evidenziato un rischio più basso del 52% di sviluppare malattie cardiovascolari.

Una dieta centrata sulle piante ovvero un’alimentazione a prevalenza vegetale da parte di giovani adulti riduce del 52% la probabilità di sviluppare malattie cardiovascolari.

È quanto emerge dallo Studio pubblicato sul numero del 17 agosto 2021 del Journal of American Heart Association (JAHA), suggerendo un modello alimentare complessivamente sano che enfatizza la varietà di frutta e verdura, cereali integrali, latticini a basso contenuto di grassi, pesce e pollame senza pelle, noci e legumi e oli vegetali non tropicali, mentre viene consigliato un consumo limitato di grassi saturi, grassi trans, sodio, carne rossa, dolci e bevande zuccherate.

Lo studio, intitolato “A Plant-Centered Diet and Risk of Incident Cardiovascular Disease During Young to Middle Adulthood“, ha valutato se il consumo a lungo termine di una dieta incentrata sulle piante a partire dalla giovane età adulta è associato con un minor rischio di malattie cardiovascolari nella mezza età.

La ricerca precedente si è concentrata su singoli nutrienti o singoli alimenti – ha affermato Yuni Choi, Ricercatore post-Dottorato della Divisione di epidemiologia e salute della comunità presso la School of Public Health dell’Università del Minnesota a Minneapolis e principale autore dello Studio – ma ci sono pochi dati su una dieta basata su frutta e verdure e rischio a lungo termine di malattie cardiovascolari“.

Choi e i colleghi hanno esaminato in questo studio la dieta e l’insorgenza di malattie cardiache in 4.946 adulti (2.509 adulti neri e 2.437 adulti bianchi) di cui il 54,9% erano donne, arruolati nello studio CARDIA (Coronary Artery Risk Development in Young Adults), di età compresa tra i 18 e i 30 anni al momento dell’arruolamento (1985-1986) che non presentavano alcuna malattia cardiovascolare e che avevano per lo più un livello di istruzione di scuola secondaria di 2° grado.

I partecipanti sono stati sottoposti dal 1987 al 2016 ad 8 esami di follow-up che includevano test di laboratorio, misurazioni fisiche, anamnesi e valutazione dei fattori dello stile di vita. A differenza degli studi randomizzati controllati, ai partecipanti non è stato chiesto di mangiare determinate cose e non è stato loro comunicato il punteggio sulle misure dietetiche, in modo tale che i ricercatori potessero raccogliere informazioni imparziali.

Dopo dettagliate interviste sulle diete alimentari dei partecipanti, è stata effettuata una valutazione della qualità della dieta APDQS   (A Priori Diet Quality Score) che comprende frutta, verdura, legumi, latticini a basso contenuto di grassi, pesce e consumo moderato di alcol, con limiti su latticini ad alto contenuto di grassi, cibi fritti, snack salati, dolci e bibite zuccherate sulla base di un punteggio attribuito a 46 gruppi di alimenti, classificati in alimenti “benefici” (come frutta, verdura, fagioli, noci e cereali integrali); cibi “avversi” (come patate fritte, carne rossa ad alto contenuto di grassi, snack salati, pasticcini e bibite); e cibi “neutri” (come patate, cereali raffinati, carni magre e crostacei) in base alla loro nota relazione con le malattie cardiovascolari (CVD).

A differenza dei punteggi di qualità della dieta esistenti che di solito si basano su un piccolo numero di gruppi di alimenti, APDQS è esplicito nel catturare la qualità complessiva della dieta utilizzando 46 singoli gruppi di alimenti, descrivendo l’intera dieta che la popolazione generale consuma comunemente – ha aggiunto David E. Jacobs, autore senior dello studio e Professore della Divisione di Epidemiologia alla School of Public Health dell’Università del Minnesota – Il nostro punteggio è molto completo e presenta molte somiglianze con diete come le linee guida dietetiche per l’indice di alimentazione sana degli americani (dal servizio alimentare e nutrizionale del Dipartimento dell’agricoltura degli Stati Uniti), la dieta DASH (Dietary Approaches to Stop Hypertension) e la dieta mediterranea”.

Durante tutta la durata dello studio si sono verificati complessivamente 289 episodi di CVD. I partecipanti con punteggi più alti di APDQS ovvero quelli che avevano assunto cibi “benefici” hanno mostrato un rischio inferiore del 52% di CVD. Questi partecipanti erano per lo più donne, di livelli di istruzione superiore, e fisicamente più attive rispetto agli altri partecipanti con punteggi APDQS più bassi. Inoltre, tra il 7° e il 20°anno dello studio, quando i partecipanti avevano un’età compresa tra 25 e 50 anni, coloro che avevano migliorato maggiormente la qualità della loro dieta (mangiando più cibi vegetali benefici e meno prodotti animali valutati negativamente) avevano il 61% in meno di probabilità di sviluppare negli anni successivi problemi cardiovascolari, rispetto ai partecipanti la cui qualità della dieta è diminuita di più durante quel periodo.

C’erano pochi vegetariani tra i partecipanti, quindi lo studio non è stato in grado di valutare i possibili benefici di una dieta vegetariana rigorosa, che esclude tutti i prodotti animali, inclusi carne, latticini e uova.

Punto di forza dello Studio è stato che i suoi partecipanti costituivano una coorte giovane, consentendo una migliore analisi della transizione dall’età giovane alla mezza età. 

Una dieta nutrizionalmente ricca e basata sulle piante è benefica per la salute cardiovascolare – ha sottolineato Choi – Le persone possono scegliere tra alimenti vegetali che siano il più vicino possibile al naturale, non altamente trasformati. Riteniamo che gli individui possano includere prodotti animali con moderazione di volta in volta, come pollame non fritto, pesce non fritto, uova e latticini grassi“.

I ricercatori hanno precisato che lo studio condotto, essendo di tipo osservazionale, non può dimostrare una relazione causa-effetto tra dieta e malattie cardiache.

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