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Deforestazione: senza un rapido freno a rischio l’obiettivo net zero

Secondo un Rapporto diffuso durante la London Climate Action Week, le aziende critiche per ridurre la deforestazione tropicale non hanno alcuna possibilità di raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione al 2050 a meno che non compiano progressi molto più rapidi per porre fine alla deforestazione nelle loro catene di approvvigionamento.

Gli obiettivi climatici globali rischiano di non essere raggiunti senza un’azione urgente per affrontare la deforestazione tropicale che è in gran parte alimentata dalle catene di approvvigionamento globali.

È l’avvertimento lanciato dal Rapporto “Why Net Zero Needs Zero Deforestation Now” diffuso durante la London Climate Action Week (25 giugno -3 luglio 2022) e commissionato da Race to Zero, la Campagna, promossa dalle Nazioni Unite, dedicata a tutti gli attori non governativi – imprese, università, operatori finanziari, città e Regioni – impegnati nel raggiungimento della neutralità carbonica entro la metà del secolo, in collaborazione con Global Canopy, think tank con sede ad Oxford composto da circa 40 istituzioni scientifiche di tutto mondo che opera per accelerare la transizione verso un’economia non più basata sulla deforestazione,  l’iniziativa Science Based Targets,  partnership tra CDP, Global Compact delle Nazioni Unite, WRIWWF, che si propone di coinvolgere il settore privato ad agire per il clima, attraverso obiettivi di riduzione delle emissioni basati sulla scienza, e l’Accountability Framework Initiative, una coalizione diversificata di organizzazioni che si dedicano alla protezione delle foreste, degli ecosistemi naturali e dei diritti umani per rendere la produzione e il commercio etici la nuova normalità.

Secondo il recente Rapporto del Gruppo di Lavoro III dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), agricoltura, silvicoltura e altri usi del suolo sono responsabili del 22% delle emissioni globali di gas serra, di cui la metà (11%) derivanti dalla deforestazione e dalla conversione del suolo. Convincere le aziende di questi settori a ridurre le emissioni è considerato fondamentale per limitare il riscaldamento globale.

La dilagante deforestazione è un fattore chiave dietro le crisi intrecciate del cambiamento climatico e di perdita della natura – ha commentato Niki Mardas, Direttore esecutivo di Global Canopy – Mina le fondamenta vitali che consentono alle comunità, alle economie e al mondo non solo di sopravvivere ma di prosperare. Eppure, troppe delle più grandi aziende e istituzioni finanziarie del mondo continuano a chiudere gli occhi sul loro ruolo nella guida della deforestazione. E quelle che si sono poste l’obiettivo net zero non lo raggiungeranno a meno che non inizino a prendere provvedimenti immediati per rimuovere la deforestazione dalle loro catene di approvvigionamento e investimenti”.

L’analisi si è basata sui dati dell’iniziativa Forest 500 di Global Canopy, che tiene traccia delle prestazioni delle 350 società e 150 istituzioni finanziarie con la maggiore esposizione al rischio di deforestazione tropicale, prendendo in esame le loro politiche aziendali relative ai 6 rischi principali per le foreste: produzione di olio di palma, di manzo, di cuoio, di legname, di cellulosa e di carta.

Sono oltre il 40% delle aziende considerate fondamentali per affrontare la deforestazione tropicale che hanno ad oggi fissato un impegno di emissioni nette pari a zero o per l’obiettivo di 1,5 °C, segnando un aumento di quasi cinque volte rispetto a soli due anni fa.  Tuttavia, questi impegni non riescono a tradursi in nuove politiche efficaci in grado di produrre un significativo rallentamento dei tassi di deforestazione. Delle quasi 150 aziende considerate più critiche solo 9 grandi aziende  stanno adottando misure adeguate per affrontare i rischi di deforestazione,  nonostante alimentazione, uso del suolo e agricoltura siano responsabili, come ha con il rischio che oltre il 90% di queste non sia in grado di raggiungere l’obiettivo a causa della mancanza di progressi nella lotta alla deforestazione. 

Questa ricerca è un campanello d’allarme – ha affermato Nigel Topping, Campione di azione per il clima di alto livello alla COP26 – Le aziende devono andare oltre e più velocemente nell’affrontare la deforestazione nelle loro catene di approvvigionamento, come parte fondamentale per mantenere i loro impegni a zero netto se vogliamo avere qualche possibilità di raggiungere gli obiettivi dell’accordo di Parigi e mantenere il riscaldamento al massimo di 1,5 °C. Questa è anche un’enorme opportunità economica e commerciale. Proteggendo e ripristinando la natura possiamo ridurre le emissioni rendendo le aziende, i clienti e le comunità di tutto il mondo più resilienti agli impatti dei cambiamenti climatici“. 

Lo studio indica esempi di aziende che hanno compiuto progressi sostanziali nell’affrontare la deforestazione nelle loro catene di approvvigionamento, mettendo in evidenza le iniziative di colossi dei beni di consumo come Nestlé, PepsiCo Inc., Unilever, Mars e Colgate-Palmolive, nonché del produttore brasiliano di carta e cellulosa Suzano.

Gli impatti dei cambiamenti climatici sono sempre più devastanti e il settore forestale, dell’uso del suolo e dell’agricoltura è uno dei più colpiti, ma è anche una significativa fonte di emissioni – ha affermato Luiz Amaral, CEO dell’iniziativa Science Based Targets (SBTi) – Per mantenere l’obiettivo di 1,5 °C a portata di mano, affrontare i rischi di crisi alimentari e consentire la trasformazione verso un futuro globale a zero emissioni, la riduzione delle emissioni legate all’uso del suolo è fondamentale. Ciò significa fermare la deforestazione, ripristinare gli ecosistemi e migliorare le pratiche di produzione agricola. Per essere dalla parte giusta della storia, le aziende nei settori ad alta intensità di uso del suolo devono rendere le soluzioni a queste sfide centrali nei loro modelli di business“.

I progressi delle società esposte sono fondamentali anche per le istituzioni finanziarie che possono collaborare con le aziende per incoraggiarle ad affrontare i rischi di deforestazione, se vogliono mantenere l’impegno lanciato alla COP26 lo scorso anno e firmato da 33 istituzioni finanziarie che rappresentano 8,7 trilioni di dollari di asset in gestione (tra cui, Aviva Plc, Storebrand Asset Management, Generation Investment Management, JGP Asset Management, NEI Investments, Impax Asset Management, Church Commissioners for England e Boston Common Asset Management), di eliminare la deforestazione causata dalle materie prime dai loro portafogli.

Il mondo non raggiungerà lo zero netto entro il 2050 a meno che non ci fermiamo e invertiamo la deforestazione entro un decennio – ha osservato Mary Schapiro, a capo del Segretariato della Task Force on Climate-related Financial Disclosures (TCFD) costituita nel 2015 dal Financial Stability Board (FSB) al fine di affrontare e quantificare i rischi generati dai cambiamenti climatici sulla stabilità del sistema finanziario mondiale – Man mano che le istituzioni finanziarie trasformano i loro impegni a zero netto in azione, un numero crescente di persone ha riconosciuto che i progressi aziendali nell’eliminazione della deforestazione causata dalle materie prime agricole è una parte fondamentale nel mantenere tali impegni e alla fine ci aiuterà a raggiungere uno zero netto, positivo per la natura“. 

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