Economia e finanza Sostenibilità

Bioeconomia: in Italia nel 2021 è cresciuta del 10,6%

L’ottavo Rapporto sulla bioeconomia, ovvero il sistema che utilizza le risorse biologiche, inclusi gli scarti, per la produzione di beni ed energia, redatto da Intesa Sanpaolo, in collaborazione con il Cluster SPRING e Assobiotec, evidenzia che in Italia tutti i settori hanno registrato un rimbalzo, confermando che il Covid-19 e lo scoppio del conflitto in Ucraina hanno reso ancora più evidente la necessità di ripensare il modello di sviluppo economico in una logica di maggiore attenzione alla sostenibilità e al rispetto ambientale.

Nel 2021 la Bioeconomia, intesa come sistema che utilizza le risorse biologiche, inclusi gli scarti, come input per la produzione di beni ed energia, ha confermato la sua rilevanza, generando in Francia, Germania, Spagna e Italia un output pari a circa 1.500 miliardi di euro, occupando oltre 7 milioni di persone.
La Bioeconomia conferma una elevata resilienza: dopo aver subito meno del complesso dell’economia l’impatto della pandemia nel corso del 2020, l’insieme dei settori della Bioeconomia ha registrato un significativo incremento lo scorso anno.
In Italia nel 2021 la Bioeconomia ha registrato un rimbalzo dell’output pari al 10,6%, diffuso a tutti i settori, recuperando pienamente il terreno perso e raggiungendo 364,3 miliardi di euro, circa 26 miliardi di euro più del 2019. Stabile l’occupazione a 2 milioni di persone.
Dopo un primo trimestre 2022 ancora caratterizzato da una buona evoluzione, lo scoppio della guerra in Ucraina ha reso lo scenario in cui si muovono le imprese ben più complesso. I rincari dei costi e le difficoltà di approvvigionamento degli input energetici ed agricoli avranno un impatto significativo per alcuni comparti della Bioeconomia (agricoltura, pesca, carta e prodotti in carta in particolare).
Occorre accelerare verso l’adozione di processi produttivi più efficienti sul piano energetico, la produzione diffusa di energia elettrica da fonti rinnovabili ma anche e soprattutto sul riutilizzo delle materie prime seconde, in un’ottica circolare e locale. Le imprese della Bioeconomia evidenziavano prima della crisi Covid 19 un buon posizionamento da questo punto di vista, ma il potenziale resta elevato.
Le imprese della Bioeconomia potranno contare sulla significativa attenzione sia a livello Europeo (4 settori sono già pienamente inclusi nella Tassonomia europea per la finanza sostenibile) sia a livello nazionale (la nuova programmazione 2021-2027 del Fondo di Sviluppo e Coesione – FSC attribuisce un ruolo importante alla Bioeconomia).
L’elevata innovatività della Bioeconomia è confermata dall’aggiornamento del censimento delle startup innovative del settore: si tratta di circa 1000 soggetti, tendenzialmente più capitalizzati e con una maggiore frequenza di capitale umano qualificato, elevate spese di R&S e brevetti, fattori importanti per delineare il loro potenziale percorso di sviluppo.

Sono gli aspetti salienti del RapportoLa Bioeconomia in Europa”, presentato a Salerno il 30 giugno 2022, giunto alla sua VIII edizione, redatto dalla Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo in collaborazione con SPRING, il Cluster italiano della bioeconomia circolare, che riunisce oltre 130 stakeholder tra università, centri di ricerca pubblici e privati, PMI e grandi imprese nazionali e multinazionali, attivi in diverse filiere produttive, e Assobiotec, l’Associazione nazionale di Federchimica per lo sviluppo delle biotecnologie, che rappresenta presso gli stakeholder di riferimento, circa 130 imprese e parchi tecnologici e scientifici operanti in Italia nei diversi settori di applicazione del biotech.

La pandemia causata dal Covid-19 e lo scoppio del confitto in Ucraina hanno reso ancora più evidente la necessità di ripensare il modello di sviluppo economico in una logica di maggiore attenzione alla sostenibilità e al rispetto ambientale. In questo contesto il ruolo della Bioeconomia, ovvero il sistema che utilizza le risorse biologiche, inclusi gli scarti, per la produzione di beni ed energia, è molto rilevante: la sua natura fortemente connessa al territorio, la sua capacità di creare filiere multidisciplinari integrate nelle aree locali e di restituire, grazie a un approccio circolare, importanti nutrienti al terreno la pongono come uno dei pilastri del Green New Deal lanciato dall’Unione europea, al centro anche di molti progetti del PNRR italiano. In questo scenario la quantificazione e l’analisi approfondita delle filiere della Bioeconomia diventano elementi importanti per scelte di politica economica mirate e consapevoli dei cambiamenti in atto.

In un contesto reso ancora più complesso dalla guerra in Ucraina, occorre accelerare sul piano della sostenibilità ambientale – ha commentato Gregorio De Felice, Capo Economista di Intesa Sanpaolo – La Bioeconomia può rappresentare una risposta importante in questa direzione, in particolare per le regioni del Mezzogiorno, che possono contare su una buona specializzazione in questi settori e su un elevato potenziale innovativo. Sono numerose le start-up della Bioeconomia nelle regioni meridionali, a cui si è recentemente affiancato l’acceleratore Terra Next a Napoli. La natura metasettoriale che caratterizza la Bioeconomia richiede il coinvolgimento di attori diversi: proprio per questo, la Direzione Studi e Ricerche ha voluto formalizzare la collaborazione con il cluster SPRING per proseguire e sviluppare ulteriormente il percorso di analisi e approfondimento sul comparto”.

Il Rapporto contiene una stima aggiornata al 2021 del valore della produzione e degli occupati della Bioeconomia, intesa come sistema che utilizza le risorse biologiche, inclusi gli scarti, come input per la produzione di beni ed energia, per l’Italia e per alcuni paesi europei. Le stime della Bioeconomia, aggiornate al 2021 ne confermano la rilevanza: in Francia, Germania, Italia e Spagna, la Bioeconomia ha generato nel 2021 un output di circa 1.500 miliardi di euro, occupando oltre 7 milioni di persone.

In termini assoluti, la Germania si conferma leader, con un valore della produzione della Bioeconomia stimato pari a 463,6 miliardi di euro, seguita dalla Francia con un valore di 379,4 miliardi. L’Italia si posiziona al 3°posto, con un output pari a 364,3 miliardi di euro, prima di Spagna (251,5 miliardi).

In termini occupazionali la Bioeconomia registra valori compresi tra gli 1,5 milioni di addetti della Spagna e i 2,3 milioni di occupati tedeschi. L’Italia, con poco più di 2 milioni di addetti, si posiziona al 2° posto subito dopo la Germania, prima di Francia (1,8 milioni) e Spagna (1,5 milioni). In termini relativi, si osserva la maggiore rilevanza della Bioeconomia in Spagna e Italia che evidenziano un peso sul totale delle attività economiche pari rispettivamente a 11,5% e 11,4% in termini di produzione e a 7,6% e 8,2% se consideriamo l’occupazione.

In questo contesto di estrema vulnerabilità in cui la crisi del cambiamento climatico rischia di continuare ad alimentare la crisi energetica e delle materie prime, dobbiamo togliere ogni alibi e far scattare un’accelerazione senza precedenti verso una vera transizione ecologica – ha sottolineato Catia Bastioli, Presidente di SPRING – Si tratta di riconoscere il valore sistemico della bioeconomia circolare, il suo potenziale rigenerativo, i suoi bioprodotti come catalizzatori del cambiamento, le sue bioraffinerie in grado di sfruttare residui e by-products e di produrre bioenergia, nonché la sua capacità di diminuire l’utilizzo di risorse non rinnovabili, massimizzando l’efficienza e la sostenibilità delle risorse rinnovabili. Dobbiamo giocare adeguatamente la partita europea per valorizzare e non sprecare quanto costruito fino ad oggi dal nostro Paese, consapevoli che ogni soluzione non può che passare attraverso il lavorare insieme, costruendo ponti e non muri tra settori ed anime diverse e imparando a fare di più con meno. La bioeconomia circolare è un settore altamente multidisciplinare, che richiede un grande sforzo individuale e collettivo. La creazione di alleanze e di partnership strategiche rappresenta un elemento essenziale per contribuire alla creazione di una cultura condivisa sul tema. Per questo, come Cluster SPRING siamo davvero felici di continuare a collaborare con la Direzione Studi di Intesa Sanpaolo alla realizzazione di iniziative di analisi e ricerca che ci permetteranno di raccontare e diffondere il potenziale strategico e rigenerativo della bioeconomia circolare in termini di ricadute ambientali, economiche e sociali”.

La Bioeconomia conferma, inoltre, una elevata resilienza: dopo aver subito meno del complesso dell’economia l’impatto della pandemia nel corso del 2020, l’insieme dei settori della Bioeconomia ha registrato un significativo incremento lo scorso anno, sia in Italia che negli altri paesi europei analizzati.

In Italia, in particolare, nel 2021 la Bioeconomia ha registrato un rimbalzo dell’output pari al 10,6%, diffuso a tutti i settori, recuperando pienamente il terreno perso e raggiungendo 364 miliardi di euro, circa 26 miliardi di euro più del 2019. Stabile l’occupazione a 2 milioni di persone. Il potenziale di sviluppo in ottica circolare è elevato nel nostro Paese e diffuso lungo tutto il territorio nazionale. L’aggiornamento al 2019 delle stime del valore aggiunto della Bioeconomia nelle regioni italiane ne evidenzia un ruolo particolare nelle regioni del Nord-Est e del Mezzogiorno, con un peso sul valore aggiunto regionale dell’8% e 7% rispettivamente. Sotto la media italiana invece il peso nel Nord-Ovest (5,3%) e nel Centro (5,8%).

I rincari dei costi e le difficoltà di approvvigionamento degli input, in particolare quelli energetici ma anche quelli agricoli, avranno un impatto significativo per alcuni comparti della Bioeconomia (agricoltura, pesca, carta e prodotti in carta in particolare). Un discorso a parte merita la componente bio-based della chimica e della produzione di energia: i rincari delle quotazioni petrolifere non sono attesi esaurirsi nel breve termine, date le tensioni tra domanda e offerta e le difficoltà nel trovare un percorso diplomatico di uscita dalla crisi attuale. Quanto questo possa tradursi in un vantaggio competitivo per le produzioni bio-based dipenderà da molti fattori, tra cui i prezzi delle materie prime alternative a quelle petrolifere, come quelle agricole, che a loro volta stanno registrando forti tensioni, non soltanto per l’emergenza del conflitto ma anche, sempre di più, per effetto del cambiamento climatico.

Proprio per questo, lo scenario che si delinea rende imprescindibile accelerare sull’adozione di processi produttivi più efficienti sul piano energetico, sulla produzione diffusa di energia elettrica da fonti rinnovabili ma anche e, soprattutto, sul riutilizzo delle materie prime seconde, in un’ottica circolare e locale che appare ancora più cruciale alla luce della fragilità delle filiere lunghe che hanno caratterizzato la crescita mondiale negli ultimi due decenni.

La bioeconomia circolare è oggi un paradigma imprescindibile per evitare sprechi e valorizzare gli scarti – ha affermato Elena Sgaravatti, Vice Presidente Assobiotec-Federchimica – Dai cambiamenti climatici alla perdita di biodiversità, le crisi che stiamo affrontando sono le conseguenze dirette di un modello economico che è rimasto lo stesso dagli albori della rivoluzione industriale. Occorre ripensare profondamente il modo in cui si crea valore, allontanandosi dall’economia lineare, sostanzialmente estrattiva, è necessario un profondo cambiamento trasformativo: abbiamo bisogno di un’economia circolare e rigenerativa su larga scala in piena coerenza con l’approccio ‘One Health’ che oggi ormai tutti riconosciamo come indirizzo strategico per una crescita sostenibile. All’interno di questo meta settore, le biotecnologie hanno certamente un ruolo straordinario e sono lo strumento per lo sviluppo di un’economia prospera, sostenibile e rispettosa dell’ambiente, per produrre di più con meno. Mai come in questo momento è dunque necessario e urgente riportare all’attenzione dei decisori questo nuovo paradigma, promuovendo la definizione di piani d’azione che possano tradurre l’enorme potenziale presente da Nord a Sud dell’Italia in applicazioni innovative e sostenibili nell’industria così come nell’agricoltura”.

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