Cambiamenti climatici Media e comunicazione

Consenso scientifico: rafforza atteggiamenti pro-clima nella società

Un nuovo studio che ha coinvolto oltre 10.500 persone di 27 paesi di 6 continenti, ha scoperto che comunicare il consenso scientifico sul cambiamento climatico può chiarire le percezioni errate e rafforzare le convinzioni sull’esistenza e sulle cause del cambiamento climatico.

Comunicare il consenso scientifico sul fatto che gli esseri umani sono in gran parte responsabili del cambiamento climatico può chiarire le percezioni errate al riguardo e rafforzare le convinzioni sulle sue cause.

È quanto emerge dallo Studio A 27-country test of communicating the scientific consensus on climate change”, pubblicato suNature Human Behaviour Il 26 agosto 2024 e co-diretto da Bojana Većkalov, ricercatrice pressoil Dipartimento di Psicologia della Facoltà di Scienze Sociali e Comportamentali dell’Università di Amsterdam e  Sandra J. Geiger, ricercatrice presso l’Environmental Psychology Research Group della Facoltà di Psicologia dell’Università di Vienna, a cui hanno contribuito un folto gruppo internazionale di 46 ricercatori affiliati di vari Università e Istituti, che hanno intervistato oltre 10.527 persone di 27 paesi in 6 continenti per testare il messaggio di consenso sul cambiamento climatico.

Il consenso scientifico che ritiene l’uomo principale responsabile del cambiamento climatico non è una novità e si è andato a formare già negli anni ’80. Oggi, dal 97% al 99,9% degli scienziati del clima concordano sul fatto che il cambiamento climatico è in atto e che l’attività umana ne è la causa principale. Certo, la scienza dei cambiamenti climatici, come quella di altri campi, ha margini di incertezza tali che non tutti gli scienziati si trovino unanimemente d’accordo, ma come ha scritto il filosofo e matematico Bertrand Russell, “Anche quando tutti gli esperti concordano, può darsi benissimo che si sbaglino… Tuttavia, l’opinione degli esperti quand’è pressoché unanime deve essere accolta come giusta, con maggior probabilità rispetto all’opinione contraria” (Introduzione a “Sceptical Essays” – 1928).

Negli ultimi dieci anni, i ricercatori hanno iniziato a studiare gli effetti della comunicazione di questo schiacciante consenso, con risultati promettenti. Finora, tuttavia, studi di questo tipo sono stati condotti principalmente negli Stati Uniti.

Come nel caso di molte scoperte nella scienza comportamentale, sappiamo poco degli effetti della comunicazione di questo consenso al di fuori degli Stati Uniti – ha dichiarato la co-autrice principale Geiger – Il nostro studio ora esamina in modo approfondito e dettagliato questi effetti“.

Il team di ricerca internazionale ha mostrato diversi messaggi di consenso scientifico al campione coinvolto nel sondaggio, le cui dimensioni per paese variavano da 9 (Libano) a 634 (Germania). In termini di genere, le donne erano leggermente più rappresentate degli uomini (57%). La maggior parte del campione era in possesso di una laurea universitaria (68,1%) e viveva in aree urbane (81,6%). Circa un terzo stava studiando al momento della raccolta dei dati. Successivamente al campione è stata chiesta la propria opinione sui cambiamenti climatici.

Abbiamo osservato – ha spiegato l’altra co-autrice principale Većkalov – che i risultati ottenuti in precedenza negli Stati Uniti sono validi anche in altre parti del mondo”.

In tutti i 27 Paesi, le persone hanno reagito in modo simile al consenso scientifico sull’esistenza e sulle cause del cambiamento climatico.

Prima di leggere del consenso tra gli scienziati del clima, le persone stimavano che questo consenso fosse molto più basso di quanto non sia in realtà – ha spiegato ulteriormente Geiger – In risposta alla lettura, hanno modificato le proprie percezioni, hanno creduto di più nel cambiamento climatico e si sono dimostrate più preoccupate, ma non hanno supportato di più l’azione pubblica sul cambiamento climatico“.

Percezioni (errate) medie pre-intervento del consenso scientifico sulla realtà del cambiamento climatico e accordo sul cambiamento climatico come crisi per campione nazionale. Le barre di errore rappresentano il 95% degli intervalli di confidenza (CI) per ogni paese. La linea tratteggiata blu rappresenta l’effettivo consenso scientifico sulla realtà (97%). La linea tratteggiata rossa rappresenta l’effettivo accordo scientifico sulla crisi (88%).

L’88% degli scienziati del clima concorda inoltre sul fatto che il cambiamento climatico costituisca una crisi.
Come hanno reagito le persone quando vengono a conoscenza di questo ulteriore consenso sulla crisi? È interessante notare che questa informazione aggiuntiva non ha avuto alcun effetto.
Riteniamo che il divario tra il consenso effettivo e quello percepito potrebbe aver giocato un ruolo – ha osservato Većkalov – Quando si è trattato di consenso sull’esistenza e sulle cause del cambiamento climatico, gli intervistati che pensavano che il consenso scientifico fosse inferiore a quello effettivo, hanno modificato la loro stima e rivisto le loro convinzioni. Nel caso del consenso sulla crisi, la stima degli intervistati era sostanzialmente più vicina al consenso effettivo e questo divario probabilmente non era abbastanza grande da modificare le convinzioni sul cambiamento climatico”.

Queste nuove scoperte dimostrano che è importante continuare a sottolineare il consenso tra gli scienziati del clima, sia nei media che nella nostra vita quotidiana quando parliamo di cambiamento climatico e del loro impatto.

Soprattutto di fronte alla crescente politicizzazione della scienza e alla disinformazione sui cambiamenti climatici – ha aggiunto l’autore senior Sander van der Linden, Professore di Psicologia sociale all’Università di Cambridge – coltivare una consapevolezza universale del consenso scientifico aiuterà a proteggere la comprensione pubblica del problema”.

Oltre alla comunicazione sul cambiamento climatico – ha riassunto la Geiger – queste scoperte sottolineano anche l’importanza di testare i risultati precedenti nella scienza comportamentale a livello globale. Tali sforzi sono possibili solo se riuniamo ricercatori in tutto il mondo”, riassume Sandra Geiger, co-responsabile dello studio”.

Immagine di copertina: fonte Skeptical Science

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