Cambiamenti climatici Clima

Abbassate il calore, per affrontare la nuova “normalità” climatica

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La Banca Mondiale alla vigilia della Conferenza Mondiale sul Clima di Lima (1-12 dicembre 2014) ha pubblicato un Rapporto della serie dedicata agli scenari possibili degli impatti del riscaldamento globale qualora proseguisse sull’attuale percorso in alcune aree geografiche, tra cui alcune regioni europee. 
A fronte dell’invito della WB a prendere decisioni politiche per un sostanziale cambiamento tecnologico, economico, istituzionale e comportamentale per uno sviluppo pulito e resiliente, la lobby industriale europea avrebbe chiesto alla Commissione Juncker di “annacquare” i pacchetti legislativi, già proposti dalla precedente Commissione, sull’Aria Pulita e sugli obiettivi più ambiziosi contenuti nella proposta di revisione delle Direttive sui Rifiuti.

Con il riscaldamento del Pianeta, le ondate di calore e gli altri eventi meteorologici estremi che fino ad oggi si sono verificati una volta ogni cento anni, quando sono accaduti, diventeranno la “nuova normalità climatica”, creando un mondo dove rischi e instabilità saranno in continuo aumento.

È questo l’inquietante messaggio contenuto non già in un Rapporto stilato da ONG e Associazioni Ambientaliste, bensì nello Studio pubblicato dalla Banca Mondiale (WB), 3° di una serie di report “Turn Down the Heat” commissionati al Potsdam Institute for Climate Impact Research (PIK) e Climate Analytics (CA).
Il 1° si era incentrato sui rischi connessi ad un eventuale riscaldamento globale di +4 °C (Why a 4 °C Warmer World Must Be Avoided), diffuso alla vigilia della Conferenza Mondiale sul Clima di Doha(2012); il 2° “Climate Exstreme, Regional Impacts, and the Case for Resilience, pubblicato nel giugno 2013, analizzava i rischi per la sicurezza alimentare, idrica e quella delle città costiere esposte all’innalzamento del livello dei mari e alla vulnerabilità di fronte alle tempeste, focalizzandosi sull’Africa, l’Asia meridionale e il Sud-est asiatico; ora con il 3° “Confronting the New Climate Normal”, pubblicato alla vigilia della Conferenza Mondiale sul Clima di Lima (1-12 dicembre 2014), si concentra sui rischi dei cambiamenti climatici in atto sullo sviluppo dell’America Latina e Carabi, del Medio Oriente, dell’Asia Centrale, del Nord Africa e di alcune aree dell’Europa.

Secondo il report, le conseguenze per lo sviluppo di queste regioni sarebbero gravi, come la riduzione dei raccolti, la modifica delle risorse idriche, l’aumento del livello dei mari e la messa a rischio delle condizioni di vita di milioni di persone
Gli impatti dei cambiamenti climatici come le ondate estreme di calore potrebbero diventare inevitabili entro la metà del secolo perché il sistema atmosferico della terra è già bloccato ora ad un livello di riscaldamento di +1,5 °C rispetto ai livelli pre-industriali. Anche se si adottassero azioni di mitigazione, non si potrebbe cambiare alcunché.

Questo rapporto conferma quel che gli scienziati stanno dicendo da tempo: le emissioni del passato hanno creato una traiettoria di inevitabile riscaldamento per i prossimi due decenni, che coinvolgerà soprattutto le popolazioni più povere e vulnerabili della popolazione mondiale – ha affermato Jim Yong Kim, Presidente della Banca Mondiale – Stiamo già constatando temperature record che si verificano più frequentemente, precipitazioni che stanno aumentando di intensità in alcuni luoghi, mentre regioni siccitose come quelle mediterranee diventano più aride. Questi cambiamenti rendono più difficile ridurre la povertà e mettono in pericolo i mezzi di sussistenza di milioni di persone. Ci saranno anche gravi conseguenze per i finanziamenti allo sviluppo e per istituzioni come la Banca Mondiale, dal momento che i nostri investimenti, sostegni e suggerimenti devono indirizzarsi a rafforzare la resilienza e ad aiutare le popolazioni colpite ad adattarsi”.

La buona notizia è che possiamo intraprendere azioni in grado di ridurre il tasso dei cambiamenti e promuovere la crescita economica ovvero possiamo arrestarci lungo questo pericoloso percorso – ha osservato Kim – I leader mondiali e i responsabili politici dovrebbero abbracciare soluzioni abbordabili come il prezzo del carbonio e scelte politiche che siano in grado di spostare gli investimenti verso trasporti pubblici puliti, fonti energetiche più pulite e maggior efficienza energetica nelle fabbriche, negli edifici e per gli elettrodomestici”.

Nel rapporto si evidenzia che le 3 aree geografiche prese in esame sono tutte esposte ai rischi di ondate di calore estreme. Dai modelli climatici ad alto livello utilizzati si osserva che ondate di calore “fortemente inusuali” come quelle verificatesi negli USA nel 2012 e in Asia e Russia nel 2010, aumentano rapidamente in uno scenario di percorso delle emissioni, quale quello attuale, che condurrebbe ad un aumento del riscaldamento globale di 4 °C.
Gli impatti nelle diverse regioni del mondo sono assai differenti, ma due aspetti dal nostro rapporto sono chiari – ha dichiarato Christopher Reyer del PIK, che ha coordinato lo studio – Nelle città della catena andina, per esempio, le popolazioni possono andare incontro stagionalmente a penuria d’acqua, mentre al contempo aumenteranno i prezzi delle derrate alimentari e gli eventi meteorologici estremi creeranno ulteriori stress”.

Di seguito sono riportati i principali risultati contenuti nel rapporto, suddivisi per regioni.
Risultati principali attraverso le regioni sono:

America Latina e Caraibi
Le ondate di calore estreme e i cambiamenti negli schemi delle precipitazioni avranno effetti negativi sulla produttività agricola, sui regimi idrologici, e sulla biodiversità. In Brasile i raccolti di soia potrebbero ridursi del 70% e di frumento fino al 50%, in uno scenari di +2 °C al 2050. L’acidificazione degli oceani, l’innalzamento del livello dei mari, I cicloni tropicali e le variazioni delle temperature incideranno negativamente sul sostentamento delle popolazioni costiere, sul turismo e sulla sicurezza sanitaria, alimentare ed idrica, soprattutto nei Caraibi. Lo scioglimento dei ghiacciai avrà effetti disastrosi per le popolazioni andine.

Medio Oriente e Nord Africa
Un forte aumento delle ondate di calore, insieme ad un aumento elevato delle temperature medie, metterà a dura prova le già scarse risorse idriche, con notevoli conseguenze per il consumo umano e la sicurezza alimentare regionale. Con un riscaldamento maggiore, compreso tra 1,5 °C e 2 °C entro il 2050, in Giordania, Egitto e Libia i raccolti rischiano un calo del 30%. Le migrazioni e le pressioni sulle risorse correlate al clima potrebbero far aumentare il rischio di conflitti.

Balcani occidentali e Asia Centrale
La diminuzione delle risorse idriche disponibili diventerebbe una minaccia nella misura in cui il rialzo delle temperature si dirigesse verso il limite dei +4 °C. Lo scioglimento dei ghiacciai in Asia centrale e le modifiche nei regimi fluviali produrranno una riduzione delle risorse idriche nei mesi estivi e elevati rischi di piogge torrenziali. Nei Balcani, l’aumento del rischio di siccità provocherà impatti su raccolti, salute negli ambienti urbani e produzione di energia. In Macedonia, un aumento delle temperature di 2 °C entro il 2050 comporterà una perdita di rese agricole del 50% perdite di rendimenti che arrivano fino al 50% per il mais, il grano, ortaggi e frutta.

Il rapporto, inoltre, ammonisce che se si continua lungo questo percorso di riscaldamento senza sosta, si potrebbero innescare cambiamenti irreversibili su larga scala. Nella Russia settentrionale, il deperimento forestale e lo scioglimento del permafrost rischiano di amplificare il riscaldamento globale per il rilascio in atmosfera del carbonio e metano stoccati, dando luogo ad un effetto di feedback auto-amplificanti. Le emissioni di metano potrebbero aumentare del 20-30% in tutta la Russia, in uno scenario al 2050 di +2 °C.

Il rapporto chiarisce che non possiamo continuare lungo il percorso corrente di incontrollata crescita delle emissioni – ha concluso Rachel Kyte, vice-Presidente della WB e Inviato Speciale per i Cambiamenti Climatici – I leader devono intensificare e prendere le decisioni necessarie per condurre le nostre economie verso la crescita e lo sviluppo pulito resiliente. È necessario un urgente sostanziale cambiamento tecnologico, economico, istituzionale e comportamentale in grado di invertire le tendenze attuali. Lo sviluppo economico e la protezione del clima possono essere complementari, ma c’è bisogno della volontà politica per far sì che questo accada”.

Questa ricetta non sembra essere condivisa da BusinessEurope, la principale Federazione europea di imprese, che secondo quanto riportato il 26 novembre 2014, da BusinessGreen avrebbe inviato una lettera di risposta alla richiesta della nuova Commissione UE guidata da Jean-Claude Juncker di indicare quali normative adottate dalla precedente Commissione perseguire e quali accantonare.
La lobby industriale, presieduta dall’ex-Presidente di Confindustria Emma Marcegagliaavrebbe indicato nei pacchetti sull’aria pulita e sulla revisione delle direttive rifiutila parte legislativa da annacquare.

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