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WAS 2018: sui rifiuti manca una pianificazione strategica

L’annuale Rapporto di Althesys denuncia il grave gap infrastrutturale, che investe tutta la filiera del trattamento e del riciclo rifiuti, soprattutto per il trattamento della frazione per la produzione di compost e biometano, riducendo la necessità di termovalorizzatori o meglio “inceneritori”, come corregge l’Accademia della Crusca.

Termovalorizzatori sì o no?
E gli impianti di trattamento dei rifiuti per sviluppare l’economia circolare, quali e quanti ne servono davvero?

Sono le domande a cui tenta di dare delle risposte il WAS 2018, presentato nel corso in un Convegno (Roma, 21 novembre 2018) dal titolo “Il waste management tra strategie aziendali e regolazione, V edizione dell’annuale Rapporto elaborato da Althesys, Società professionale indipendente, specializzata nella consulenza e nella ricerca nei settori ambiente, energia, infrastrutture e utilities, che fa parte, appunto, di WAS, think tank italiano che ha lo scopo di fornire una visione unitaria della filiera produzione e consumo del waste management e del riciclo per proporre strategie d’impresa e politiche di sistema che integrino i diversi aspetti ambientali, sociali, industriali economici, normativi e tecnologici.

Peraltro, il tema dei “termovalorizzatori” è “caldo” in questi giorni, non solo sul piano politico ma anche “linguistico” visto che è intervenuta sul termine utilizzato l’Accademia della Crusca che in una nota, a firma della Redazione Consulenza Linguistica chiarisce che “impianti di incenerimento in cui i rifiuti vengono smaltiti mediante un processo di combustione ad alta temperatura che produce ceneri, polveri e gas come quelli preesistenti, con la differenza che il calore prodotto viene recuperato e utilizzato per produrre vapore e quindi energia elettrica.
Stando così le cose, una denominazione più esaustiva e meno ambigua dovrebbe essere quella di inceneritore con termovalorizzazione (ha circolato inceneritore con recupero energetico, che non ha avuto molta fortuna), ma è certamente scattata, a questo punto, la ricerca di brevità, propria del linguaggio tecnologico, e ne è derivata la semplificazione, che ha anche spostato il maggior carico semantico nel nome di agente dato alla parte dell’impianto che crea valore con la combustione dei rifiuti”.

Ritornando WAS, il Rapporto 2018 denuncia comunque un grave gap infrastrutturale che investe tutta la filiera del trattamento e del riciclo dei rifiuti. E mentre si avvia a partire la regolazione indipendente dell’Authority (ARERA), le aziende si scontrano con la difficoltà di fare investimenti a causa di un quadro normativo complesso e che di fatto blocca l’innovazione e, paradossalmente, proprio la crescita dell’economia circolare.

Sviluppare la raccolta differenziata e il riciclo è basilare – ha spiegato Alessandro Marangoni, Amministratore delegato di Althesys – ma serve ragionare sull’intera filiera del waste management. Raccolti materiali riciclabili e rifiuti organici servono gli impianti per trattarli e valorizzarli. Servono anche termovalorizzatori per recuperare energia dai rifiuti non recuperabili altrimenti, distribuiti in modo coerente con i fabbisogni sul territorio in modo da limitare gli impatti ambientali, sia dello smaltimento in discarica, o peggio illegale, sia del trasporto dei rifiuti su lunghe distanze”.

Tra i più necessari, secondo il Rapporto, figurano gli impianti per trattare la frazione umida che pesa per il 41,2% di tutte le raccolte differenziate, sia per produrre compost che biometano (link: (da 16 a 56 nuovi impianti di questo tipo, a seconda degli obiettivi i target di raccolta differenziata e produzione pro-capite di rifiuti urbani che si riuscirà effettivamente a conseguire).

Se invece l’intera si arrivasse agli standard attuali di riduzione dei rifiuti del Veneto (molta raccolta differenziata e bassa produzione pro-capite) ci sarebbe comunque bisogno di nuovi impianti di compostaggio (circa 16).

In tutti e due i casi, la raccolta differenziata e il riciclo spinti abbasserebbero il fabbisogno nazionale di inceneritori. Che possono invece essere necessari in regioni, come la Sicilia, dove oggi mancano totalmente. Infatti, sempre proiettando i calcoli degli impianti necessari al 2030, nello scenario a bassa produzione di rifiuti, l’isola per essere autonoma avrebbe bisogno di capacità per oltre 1 milione di ton. La situazione diventa più critica nello scenario “alta produzione” di rifiuti, dove gli impianti delle regioni del Nord non sono sufficienti a coprire i deficit di Centro e Sud, con un fabbisogno totale di nuova capacità per 260.000 ton. Anche in Sardegna aumenta il deficit (34.000 ton), mentre è ancora più critica la situazione siciliana (1,1 milioni di ton).

Il report delinea lo scenario competitivo, analizzando i 238 maggiori player attivi nel comparto della raccolta, trattamento e smaltimento dei rifiuti urbani e in quello della selezione e valorizzazione dei materiali. Nel complesso, un settore con 11 miliardi di euro di valore delle produzione, con operatori che spaziano dalle grandi multiutility quotate alle piccole-medie imprese locali e familiari, il cui operato vede un incremento del 3% delle tonnellate di rifiuti raccolte rispetto al 2016 e una percentuale di raccolta differenziata cresciuta del 6%, passando dal 53,4% al 56,6%. 

Tuttavia a fronte del dinamismo delle maggiori aziende e dell’evoluzione verso la circular economy, l’ultimo anno ha visto un sostanziale immobilismo delle policy nazionali. Sul piano industriale il panorama è articolato, caratterizzato dal consolidamento dei top player, ma anche dal persistere della frammentazione e da varie gestioni locali fragili e di corto respiro.

Lo sviluppo dell’economia circolare cambierà sempre più la fisionomia dei mercati, che diventeranno sempre più interconnessi, integrati, e globalizzati – ha concluso Marangoni – La crescita delle materie prime seconde, l’ingresso di attori esterni al settore ambientale, il progresso tecnologico renderanno sempre più arduo definire i confini e gli scenari futuri. La trasformazione dell’industria del waste management sta accelerando e il settore sarà nei prossimi anni molto diverso da come lo conosciamo oggi. Serve dunque un salto in avanti anche dei policy maker italiani per disegnare una vera politica industriale”.

Durante il Convegno di presentazione sono intervenuti tra gli altri Stefano Besseghini, Presidente ARERA; Giovanni Vivarelli, Acea Ambiente; Andrea Ramonda, Amministratore delegato di HERAmbiente; Massimo Centemero, Presidente Consorzio Italiano Compostatori; Chicco Testa, Presidente di Fise-Assoambiente; Filippo Brandolini, Vicepresidente di Utilitalia; la Senatrice Paola Nugnes.

 

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