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A San Valentino una rosa può “uccidere”, secondo l’Università di Leicester

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L’Università britannica di Leicester lancia di nuovo l’allarme: l’ecosistema del lago Naivasha in Kenya, dove vengono prodotte gran parte delle rose vendute per la festa degli innamorati, è in grave pericolo e rischia di scomparire.

San Valentino è ormai alle porte, ma quest’anno prima di regalare una rosa pensiamoci due volte. L’allarme, di cui si parla da diverso tempo, è stato ribadito pochi giorni fa da David Harper, biologo dell’Università britannica di Leicester, che in un meeting con i principali distributori europei ha sottolineato come il lago Naivasha in Kenya (il suo nome deriva da una espressione che in lingua Maasai significa acque ondulate), oasi della biodiversità del paese africano, sia in grave pericolo e rischi di scomparire.

Causa di tutto questo le coltivazioni intensive dedicate alla floricoltura, e in particolare alle rose da taglio distribuite in tutto il mondo proprio per la festa degli innamorati, che occupano quasi completamente le sponde del bacino e che stanno seriamente minacciando l’ecosistema dell’area in questione.

Il Kenya rappresenta oggi il terzo produttore mondiale di fiori, dopo Olanda e Colombia, nonostante le prime serre siano sorte solo verso la metà degli anni Ottanta, e la floricultura è la principale fonte di sostentamento della zona insieme al turismo. Più di mezzo milione di persone vive intorno al lago Naivasha, che è grande 115 Kmq ed è il quarto del Kenya per estensione, ed è impiegato direttamente o indirettamente nella produzione di rose e altri fiori. Secondo i dati dell’Ismea, nel 2010 l’Ue importava circa 100mila tonnellate di fiori recisi dall’Africa, ed il Kenya faceva la parte del leone con più della metà della quota, di cui il 77% era costituito da piantagioni di rose.

Ma l’impatto ambientale dell’industria dei fiori sul territorio è devastante.

“Il lago Naivasha rappresenta un ecosistema riconosciuto e tutelato dalla Convenzione Internazionale che protegge le zone umide del pianeta, firmata nella città di Ramsar, in Iran, nel 1971. L’Unesco – spiega Harper – ha dichiarato la necessità di un uso sostenibile delle risorse della zona, ma nonostante tutto l’utilizzo sproporzionato dell’acqua per i fiori e per gli usi domestici sta letteralmente prosciugando il bacino”.

Il massiccio impiego di acqua per l’irrigazione delle serre priva delle risorse idriche gran parte della popolazione. Migliaia di pescatori si vedono interdetto l’accesso al lago. Le imprese floricoltrici hanno monopolizzato l’uso del bacino, che rappresenta una delle pochissime fonti di approvvigionamento d’acqua in una zona molto arida. Su 16 strade che garantivano l’accesso al lago, solo 6 sono rimaste aperte e attorno sorgono numerosi hotel.

Ma oltre ad essere sempre meno, l’acqua del lago è anche sempre più inquinata, a causa dell’uso di fertilizzanti e insetticidi. Uno studio pubblicato dall’ILEC (International lake Environment Committee Foundation) dimostra che il ricorso massiccio a sostanze chimiche aggressive sta danneggiando la biodiversità del lago Naivasha, inquinando l’acqua e i terreni. Secondo Harper si è molto vicini al punto di non ritorno, in cui si perderà buona parte della biovarietà conservata in quest’area, che conta oltre 500 specie di uccelli e numerosi gruppi di ippopotami.

“L’acqua e l’ecosistema in generale del lago sono stati deteriorati sistematicamente negli ultimi 20 anni – ammonisce il biologo, secondo cui solo un quarto delle aziende keniane produce in maniera non dannosa per l’ambiente – e ormai siamo a un punto estremamente vicino al collasso, se non si comincia a coltivare in maniera sostenibile”. L’allarme è particolarmente significativo in questo periodo: secondo una stima della Confederazione Italiana Agricoltori lo scorso anno sono state vendute per San Valentino 15 milioni di rose, il 70% di tutti i regali floreali fatti nel nostro paese, e proprio la scelta di “dirlo con i fiori” è stata presa da un quarto degli italiani che ha fatto un regalo alla propria partner.

Inoltre, non bisogna dimenticare la terribile situazione di chi lavora nelle piantagioni dove la manodopera è a bassissimo costo e le condizioni al limite della schiavitù. La maggior parte dei lavoratori soffre di malattie alle vie respiratorie e alla pelle per l’inalazione delle sostanze tossiche con cui vengono trattati i fiori, per le cui cure non riceve nessun contributo. Le multinazionali del settore e le imprese floricoltrici locali sono accusate di violazioni dei diritti sindacali, sfruttamento, assenza di misure protettive a danno della salute della popolazione.

Allora quest’ anno, per San Valentino se vogliamo regalare una rosa scegliamola tra i prodotti eticamente sostenibili come quelli promossi da Fiore Giusto, Fair Flower Fair Plants, Flower Label Program e altre sigle riconducibili al mondo delle OnLus e del commercio equo e solidale. Acquistando questi fiori avremo la certezza di comprare prodotti coltivati in Italia o che arrivano da aziende del sud del mondo impegnate però nella corretta gestione dei lavoratori e nella tutela delle risorse naturali.

in copertina: immagine satellitare del lago Naivasha

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