Emilia Romagna Risorse e rifiuti

Rifiuti: modelli di raccolta e tariffazione

Un position paper del Laboratorio SPL di REF Ricerche che ha analizzato modelli di raccolta e di finanziamento del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti urbani, riferiti al territorio dell’Emilia-Romagna, corrobora l’ipotesi che sistemi più evoluti, costruiti sulla base delle esigenze e delle caratteristiche del territorio, e che uniscono la raccolta “porta a porta” a quella “stradale”, affiancate dalla tariffazione puntuale, risultano in una quota di rifiuto differenziato maggiore.

Sistemi di raccolta dei rifiuti, che ibridano la raccolta porta a porta di alcune frazioni con quella stradale di altre, affiancandovi la tariffa/tributo puntuale, raggiungono performance migliori di raccolta differenziata e avvio a riciclo.

È quanto evidenziato dal Laboratorio Servizi Pubblici Locali REF Ricerche in un nuovo position paperModelli di raccolta e tariffazione dei rifiuti; performance ambientali e costi per il cittadino”, pubblicato il 6 dicembre 2022.

Inoltre, secondo gli autori (Donato Berardi e Michele Tettamanzi), al crescere della % di raccolta differenziata si riducono i costi unitari per le frazioni differenziate e al contempo crescono i costi diretti unitari della frazione residui a causa delle economie di scala. L’aumento della raccolta differenziata sembra altresì avere un impatto negativo sulla qualità delle relative frazioni, documentato dalla riduzione dei proventi unitari che originano dalla valorizzazione. Nel complesso i benefici di un aumento della % di RD sui costi pagati dal cittadino appare trascurabile, anche per effetto dei costi indiretti, suggerendo la necessità di migliorare la qualità e la valorizzazione delle RD.

Il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti urbani prevede un’ampia gamma di assetti gestionali, differenti per organizzazione del servizio, modelli di raccolta, disponibilità di impianti e modalità di finanziamento.

Fonte: REF Ricerche

Una scelta non vale l’altra e quelle operate dal gestore e dagli enti territorialmente competenti non sono neutrali rispetto alla produzione di rifiuti, e dunque anche agli impatti ambientali che ne discendono, espressi in termini di prevenzione, riciclo effettivo e riduzione dello smaltimento in discarica.

Non solo. È infatti lecito ritenere che una diversa configurazione del servizio conduca anche a un diverso costo di gestione, e dunque anche a impatti differenziati per la bolletta pagata dagli utenti.

Ad un sistema di raccolta a minore contenuto di servizio si dovrebbero associare costi inferiori: i maggiori costi della logistica, superiori nei modelli porta a porta (PAP) e “misti” rispetto alla raccolta stradale e i maggiori costi per il personale e di investimento necessari a organizzare e gestire la misurazione puntuale dei rifiuti prodotti dovrebbero essere controbilanciati da una maggiore intercettazione dei rifiuti e da una migliore qualità di quelli differenziati, e dunque beneficiare di una migliore valorizzazione degli stessi e di minori costi diretti unitari di smaltimento.

La scommessa, allora, è proprio quella di costruire sull’aumento della percentuale di Rifiuto Differenziato (RD) e su una migliore qualità della stessa dei ritorni economici in grado di neutralizzare i maggiori costi della raccolta, oltre che il maggior impegno richiesto a cittadini nella differenziazione dei rifiuti e nel conferimento. In altre parole, le performance complessive di un sistema di raccolta rispetto ad un altro possono dunque essere analizzate da diverse angolazioni. Infatti:
da una parte un sistema di raccolta può essere vincente da una prospettiva “ambientale”, e cioè risultare in una produzione di rifiuto indifferenziato minore ovvero in una migliore qualità delle raccolte differenziate, o ancora in una maggiore o minore produzione di emissioni climaalteranti;
dall’altra, invece, si può osservare il sistema di gestione da una prospettiva “economica”, e cioè studiare come diverse configurazioni conducano a costi maggiori o minori, e dunque alle differenti ricadute per la tariffa pagata agli utenti.

Quali sono allora i rapporti causali che legano una certa configurazione del servizio con i suoi risultati?
Quali effetti ha il design del servizio sulla produzione di rifiuto? Quali invece sui costi, e quindi sulle tariffe applicate?

Per avere un quadro più chiaro, il paper ha indagato gli effetti congiunti dei sistemi di raccolta, intesi come la combinazione della modalità di raccolta e dei modelli tariffari, sulle performance ambientali ed economiche, in termini di quantità e qualità dei rifiuti e di costi del servizio.

Riguardo alle modalità di raccolta si possono distinguere il cosiddetto “porta a porta” (PAP) che prevede il ritiro del rifiuto direttamente presso le utenze, e il conferimento “stradale” per cui ciascuna utenza porta i rifiuti presso contenitori localizzati sulla pubblica via o in luoghi preposti, collocandoli in campane e cassonetti con riconoscimento o meno del soggetto conferente.
Vi sono poi modelli ibridi o “misti”, dove ciascuna delle due modalità convive con l’altra, a seconda della frazione considerata e della morfologia del territorio.

“PAP”: pro e contro
Presenta un contenuto di servizio all’utente minore rispetto a raccolte miste o stradali, sia per la necessità di ospitare, presso la propria utenza, una dotazione di contenitori generalmente più ampia (organico, carta, plastica, indifferenziato e talvolta anche ulteriori frazioni) sia per il maggiore impegno richiesto ai cittadini ad una più accurata differenziazione delle singole frazioni e al rispetto dei giorni del ritiro. Da un punto di vista ambientale i modelli PAP assicurano performance migliori in termini di raccolta differenziata, a cui però fanno da contraltare maggiori emissioni di CO2 da trasporto dei rifiuti e un maggiore impiego di personale addetto alle raccolte, con un corollario di costi sociali più elevati per via delle conseguenze di natura sanitaria per il personale addetto al prelievo e al trasporto dei rifiuti.

“Stradale”: pro e contro
La raccolta stradale, invece, chiede un minore impegno alle utenze, le quali devono però provvedere autonomamente al trasporto dei rifiuti presso il punto di raccolta. Uno sforzo – quello del tragitto da percorrere – che opera come “pungolo” o una “spinta gentile”, in grado di far crescere una maggiore consapevolezza circa la reale produzione di rifiuto e, quindi, di contribuire a modificare i comportamenti per ridurne la quantità (ad esempio, acquistando prodotti sfusi).
Di contro, l’impossibilità di verificare visivamente la qualità delle raccolte differenziate (con conseguenti errati conferimenti più o meno volontari) aumenta la probabilità di frazioni di qualità inferiore. In ogni caso, un minore dispiegamento di mezzi e un minore numero di chilometri percorsi possono essere annoverati come vantaggi ambientali di una modalità di raccolta stradale.

Produzione dei rifiuti: come si modifica a seconda del sistema scelto
Sono due le prospettive con cui è possibile analizzare l’influenza esercitata dai sistemi di raccolta sulla composizione dei rifiuti prodotti e raccolti: la produzione totale di rifiuto (Rifiuto Urbano – RU) e la sua declinazione nelle componenti di Rifiuto Urbano Residuo (RUR) e Rifiuto Differenziato (RD).
Come campo d’indagine i 328 Comuni della Regione Emilia-Romagna di cui è stato possibile ricostruire un complesso di informazioni riguardo alla produzione di rifiuto, al sistema di raccolta e all’insieme di costi sostenuti dal gestore.

Cosa è emerso dall’osservazione?
Che vi sono evidenti e significative differenze rispetto alla composizione dei rifiuti raccolti. Raccolta Mista e PAP hanno performance ambientali migliori rispetto ai modelli stradali: le prime, infatti, mostrano valori della produzione di RUR decisamente inferiori (circa la metà) e una raccolta pro capite di rifiuti differenziati superiore di circa il 50% rispetto al caso della raccolta stradale.

A fronte di una medesima produzione di rifiuto i territori con raccolta Mista o PAP documentano percentuali di raccolta differenziata più elevate. La maggiore quota di raccolta differenziata che si osserva nei contesti a PAP o Misti sembra avvalorare la tesi che la possibilità di un controllo morbido da parte del gestore, arginando fenomeni di abbandono o errato conferimento, abbia un effetto apprezzabile sul comportamento delle utenze.

Quali ulteriori benefici possono derivare dalla adozione di un modello a tariffazione corrispettiva puntuale (TP)?
I sistemi di raccolta caratterizzati da tale modello tariffario, sono in grado di prevenire la produzione di rifiuto?  

Per rispondere a queste domande si sono distinti i territori sulla base dei sistemi di raccolta in essere, ovvero della combinazione tra modalità di raccolta, (PAP, Stradale o Mista) e le modalità di tariffazione, puntuale o meno.

Cosa si è notato?
Che a prescindere dal modello di raccolta in essere, l’introduzione della TP funge da acceleratore nel ridurre la produzione di rifiuto indifferenziato e al contempo realizza un allineamento tra le performance ambientali dei diversi modelli di raccolta: tutti i modelli, affiancati alla TP, registrano infatti risultati ambientali più positivi, ovvero una minore produzione di rifiuti indifferenziati.

In particolare, la modalità di raccolta mista in abbinamento con la TP (misto-TP) realizza le performance migliori. Una evidenza che sembra confermarsi anche con riferimento alla produzione di RD pro-capite (87%) e con un valore medio intorno ai 50kg/AE (Abitante Equivalente è il parametro, introdotto da una Legge regionale al fine di rendere confrontabili le performance dei Comuni in termini di produzione di rifiuti urbani).

I risultati confermano la necessità di uscire dalla logica che vede il sistema di raccolta come strumento di prevenzione, in grado di ridurre la produzione di rifiuto, e al contempo ribadiscono l’importanza che i sistemi di raccolta, e segnatamente l’adozione della tariffa puntuale, giocano rispetto alle performance ambientali, misurate in termini di avvio a riciclo.

Quale relazione lega i sistemi di raccolta ai costi del servizio?
Da una parte ad un sistema di raccolta più complesso si dovrebbero associare costi più elevati, in ragione sia dei maggiori costi della logistica, superiori nei modelli PAP e Misti rispetto a quelli Stradali, sia dei maggiori costi per il personale e di investimento necessari a organizzare e gestire la misurazione puntuale dei rifiuti prodotti. Maggiorazioni di costo che non possono non avere una ricaduta sulla bolletta pagata dagli utenti, in virtù del principio del full-cost recovery che sostiene il metodo tariffario.

Dall’altra parte, invece, i sistemi orientati a garantire una maggiore attenzione all’ambiente dovrebbero risultare in una maggiore intercettazione di rifiuti differenziati e di migliore qualità, e dunque condurre ad una loro migliore valorizzazione, la quale contribuisce in ultima analisi a contenere le tariffe agli utenti.
Una maggiore quantità delle frazioni differenziate, allora, dovrebbe osservarsi in corrispondenza di un maggiore livello di proventi da valorizzazione delle frazioni differenziate e – specularmente, in un calo dei costi unitari di trattamento e riciclo.
I ricercatori segnalano però l’esistenza di un probabile trade-off tra livello di RD e qualità delle frazioni: è possibile aumentare la quota di raccolta differenziata senza impattare sulla qualità della stessa ovvero, oltre un certo livello, senza che la qualità ne risulti negativamente influenzata con un potenziale effetto negativo anche sui costi? Quale delle forze opposte prevale?
L’aumento dei costi gestionali supera i benefici derivanti dalla migliore capacità dei sistemi spinti di intercettare le frazioni differenziate, oppure sono i benefici economici che aumentano in modo più marcato dei costi?

Nel caso in cui si confermasse la prima ipotesi, allora sarebbe conveniente adottare sistemi di raccolta che minimizzano la quota di raccolta differenziata, facendo emergere un contesto di gestione dei rifiuti “immaturo” e premiante nei confronti di sistemi meno attenti all’ambiente.

Viceversa, se a prevalere fossero i benefici rispetto ai costi, allora sarebbe vantaggioso massimizzare la quota di raccolta differenziata anche da una prospettiva economica risultando così in una situazione win-win. A corroborare tale evidenza, significherebbe dunque appurare l’esistenza di un quadro regolatorio maturo e premiante, in grado di veicolare ai cittadini e utenti un corretto segnale di prezzo.

Inoltre, la presenza di economie di scala, che emergono progressivamente in seno ai costi unitari della raccolta differenziata al crescere della quantità raccolte, consente una riduzione dei costi diretti unitari: tale riduzione di costi diretti unitari compensa ampiamente l’aumento dei costi diretti unitari della frazione residua, le cui quantità specularmente si riducono. L’aumento della raccolta differenziata sembra tuttavia avere un impatto negativo sulla qualità delle relative frazioni, documentato dalla riduzione dei proventi unitari che originano dalla valorizzazione.

Al lordo dei costi indiretti, le relatività tendono ad invertirsi. 
In presenza di tariffazione puntuale i costi unitari di gestione dei sistemi di raccolta vengono infatti a collocarsi su un livello superiore al caso della TARI presuntiva: in media la distanza è statisticamente significativa e indica maggiori costi per circa 30 euro/ton. Evidentemente i maggior proventi derivanti dalla valorizzazione delle frazioni differenziate non compensano i maggiori costi operativi e di capitale associati alla implementazione della tariffa puntuale (costi dell’informazione agli utenti, maggiori costi per il personale addetto alle raccolte, costi delle dotazioni, costi dei sistemi informativi, eccetera). Emerge quindi con forza il tema di restituire agli utenti informazioni e segnali di prezzo circa la valorizzazione delle frazioni raccolte, promuovendo iniziative volte al miglioramento della qualità delle stesse. Occorre dunque abilitare i cittadini a una tale riflessione, rendicontando i risultati del loro maggiore/minore impegno.

Infine, il segnale relativo ai costi specifici dei diversi sistemi di raccolta è “sporcato” dalla prassi di spesare una parte dei costi diretti del personale impiegato nelle raccolte differenziate nell’ambito dei costi comuni di gestione, finanziati dalle quote fisse, con la conseguenza di rendere poco rappresentativi i confronti.

La disponibilità di un Piano Economico Finanziario (PEF) in attuazione del Metodo Tariffario Rifiuti (MTR e MTR-2) introdotto dall’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA), conclude REF Ricerche, dovrebbe aiutare a valutare con maggiore precisione gli effetti sul PEF e dunque a cogliere gli impatti del sistema di raccolta e di gestione sui costi e a veicolare segnali di costo coerenti agli utenti.

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