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Rapporto Ambiente 2018 SNPA: il quadro della situazione in Italia

Presentato nel corso della I Conferenza del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente, il Rapporto Ambiente – SNPA evidenzia come inquinamento atmosferico e consumo di suolo costituiscano gli aspetti ambientali più problematici  in Italia.

Nel corso della I Conferenza (Roma, 27-28 febbraio 2019) del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (SNPA), è stata presentata seconda edizione del Rapporto Ambiente – SNPA.

SNPA è stato istituito con Legge n. 132/2016 (operativo dal 1° gennaio 2017) con l’obiettivo di assicurare omogeneità ed efficacia alla conoscenza e al controllo pubblico della qualità dell’ambiente, supportando le politiche di sostenibilità ambientale e di prevenzione sanitaria a tutela della salute pubblica.

Composto dalle 21 Agenzie regionali per l’ambiente e delle Province autonome (ARPA/APPA), SNPA è coordinato a livello nazionale dall’Istituto superiore per la protezione dell’ambiente (ISPRA), che grazie ad un lavoro “a rete”, intende garantire un livello di tutela ambientale omogeneo da Nord a Sud dell’Italia.

Monitoraggio, controllo, ricerca, analisi e produzione dei dati ambientali sono le principali attività del Sistema SNPA. Lo scorso anno sono state condotte 600 mila analisi di laboratorio, 100 mila tra ispezioni, verifiche e controlli sul campo, effettuate 74 mila valutazioni su questioni ambientali.

Per fornire una descrizione puntuale ed esaustiva della situazione ambientale del Paese, SNPA ha elaborato oltre 300 indicatori statistici e oltre 150.000 dati aggiornati in linea con gli obiettivi dell’azione europea in campo ambientale.

Il Rapporto Ambiente – SNPA (Rapporto di Sistema sullo stato dell’ambiente), prodotto finale di un complesso lavoro di reporting che offre un quadro aggiornato della situazione ambientale nel Paese, è un efficace mezzo di conoscenza delle condizioni ambientali in Italia rivolto non solo ai decisori politici e istituzionali, ma anche agli scienziati ai tecnici e ai cittadini, uno strumento dal quale attingere sia informazioni, sia suggerimenti, per formulare una corretta analisi delle cause dei fenomeni descritti, legati soprattutto ai nostri modelli di sviluppo e stili di vita.

Nella prima parte, il documento descrive le realtà regionali attraverso l’analisi di 16 indicatori, condivisi dal Sistema, delle principali componenti ambientali.
Nonostante il miglioramento osservato in tanti indicatori ambientali, e le azioni intraprese nella giusta direzione da parte del Paese e delle singole realtà regionali – vi si legge – per alcune problematiche ambientali non si sono ancora raggiunti gli obiettivi prefissati per il miglioramento e/o la conservazione delle condizioni ambientali”.

Clima ed emissioni gas serra
La caratteristica più rilevante del clima in Italia nel 2017, è stata la persistenza di condizioni siccitose. Con una precipitazione cumulata media al disotto della norma del 22% circa, il 2017 si colloca al 2° posto, appena dopo il 2001, tra gli anni più “secchi” dell’intera serie dal 1961.
Nel 2017 l’anomalia, rispetto alla media climatologica 1961-1990, della temperatura media in Italia (+1,30 °C) è stata superiore a quella globale sulla terraferma (+1,20 °C). In Italia, il valore dell’anomalia della temperatura media del 2017 si colloca al 9° posto nell’intera serie, e rappresenta il 26° valore annuale positivo consecutivo. Gli anni più caldi dell’ultimo mezzo secolo, in Italia, sono stati il 2015, il 2014, il 1994, il 2003 e il 2000, con anomalie della temperatura media comprese tra +1,35°C e +1,58°C.

In Italia, nel 2016, le emissioni totali di gas serra, espresse in CO2 equivalente, sono diminuite del 17,5% rispetto all’anno base (1990); tale riduzione è anche spiegata dalla recessione economica che ha frenato i consumi negli anni, con conseguente riduzione delle emissioni di CO2 (-20,4%).

Inquinamento atmosferico
L’inquinamento atmosferico è un fattore di rischio per la salute umana e per gli ecosistemi. L’andamento decrescente dei livelli atmosferici di PM10 prosegue, coerentemente con quanto osservato in Europa nell’ultimo decennio, come risultato della riduzione congiunta delle emissioni di particolato primario e dei principali precursori del secondario (ossidi di azoto, ossidi di zolfo, ammoniaca). Tuttavia, avendo come orizzonte temporale il 2020, in riferimento all’esposizione a breve termine della popolazione, oltre al lontanissimo obiettivo di raggiungere i livelli raccomandati dall’OMS (nel 76% dei casi si registrano oltre tre superamenti della soglia di 50 µg/m³ per la media giornaliera), anche rispettare l’obiettivo previsto dalla normativa (non più di 35 superamenti della soglia di 50 µg/m³ in un anno) su tutto il territorio nazionale sembra piuttosto difficile: nel 2017 non è stato rispettato nel 31% dei casi.

Biodiversità
L’Italia è uno dei Paesi europei più ricchi di biodiversità. A tutela di questa sono presenti 871 aree protette che occupano una superficie a terra di oltre 3 milioni di ettari, pari al 10,5% del territorio nazionale, contro una media europea di circa il 15%. Le superfici a mare tutelate includono anche 27 Aree Marine Protette. Si sta sempre più consolidando l’attuazione della Direttiva Habitat e della Rete Natura 2000, attraverso la progressiva designazione dei Siti d’Importanza Comunitaria (SIC) quali zone Speciali di Conservazione (zSC). La Rete Natura 2000, costituita da Zone di Protezione Speciale (ZPS), Siti di importanza Comunitaria (SIC) e zone Speciali di Conservazione (zSC) che, al netto delle sovrapposizioni, ammontano a 2.613 siti e occupano una superficie di 6.414.546 ettari, di cui 5.826.775 a terra, pari al 19,3% del territorio nazionale, media di poco superiore a quella europea che è di circa il 18%.

L’introduzione di specie alloctone potenzialmente invasive costituisce un fattore di rischio per la biodiversità la cui importanza è ormai nota a scala planetaria. In Italia i dati mostrano che il numero di specie alloctone è in progressivo e costante aumento. I dati a disposizione rappresentano sicuramente una sottostima della consistenza del fenomeno, a causa sia della limitata quantità di studi specifici in determinate aree geografiche, sia della mancanza di un sistema di monitoraggio mirato, ovvero per il ritardo con cui le specie vengono identificate. L’analisi dei trend evidenzia che il fenomeno è divenuto nel tempo sempre più consistente, aumentando rapidamente a partire dal secondo dopoguerra. Tale incremento è correlabile all’aumento degli scambi commerciali e allo sviluppo dei sistemi di trasporto che si è verificato in Europa a partire da quel periodo.

Consumo di suolo
In Italia non si arresta il consumo di suolo
, la sua perdita a causa della trasformazione di aree agricole e naturali con la costruzione di edifici, infrastrutture o altre coperture artificiali, viaggia a una velocità di circa 2 m2 al secondo, poco più di 14 ettari al giorno. Più di 23.000 km2 del territorio nazionale sono ormai persi con loro i rispettivi servizi ecosistemici. Il fenomeno appare in crescita, ma con un sensibile rallentamento nella velocità di trasformazione, a causa probabilmente della attuale congiuntura economica. Tra il 2016 e il 2017 le nuove coperture artificiali hanno riguardato circa 5.200 ettari di territorio. In relazione alle ripartizioni geografiche del territorio, i valori percentuali più elevati di suolo consumato si registrano nel Nord (il Veneto e la Lombardia hanno ormai superato il 12% di superficie impermeabilizzata secondo i dati relativi al 2016). A livello provinciale, la percentuale più alta di suolo consumato, rispetto al territorio amministrativo, si osserva per la provincia di Monza Brianza seguita da Napoli e Milano con valori oltre il 30%.

Pericolosità di origine naturale
Il territorio italiano è particolarmente soggetto a pericolosità di origine naturale per le sue caratteristiche geologiche e geomorfologiche. Il 2017 è stato caratterizzato da quattordici eventi meteorologici parossistici, con elevati quantitativi di piogge concentratesi spesso nell’arco di una giornata, che hanno causato fenomeni di piena improvvisa (flash flood) sia in ambiente urbano che rurale.

I principali eventi franosi sono stati 172 e hanno causato complessivamente 5 vittime, 31 feriti e danni prevalentemente alla rete stradale. In Italia, oltre 8 milioni di abitanti sono residenti in aree a pericolosità idraulica elevata (tempo di ritorno tra 30 e 50 anni) e media (tempo di ritorno tra 100 e 200 anni), mentre la popolazione a rischio frane,,se si considerano le 2 classi a maggiore pericolosità (elevata e molto elevata), è pari a oltre 1,2 milioni di abitanti. In Italia sono state censite 620.808 frane (periodo diriferimento 1116-2017) che interessano un’area di circa 23.700 km2 , pari al 7,9% del territorio nazionale. Le tipologie di movimento più frequenti, classificate in base al tipo di movimento prevalente, sono gli scivolamenti rotazionali/traslativi (31,9%), i colamenti rapidi (14,9%), i colamenti lenti (12,7%), i movimenti di tipo complesso (9,5%) e le aree soggette a crolli/ribaltamenti diffusi (8,9%).

Stato delle acque
Si definiscono acque interne tutte le acque superficiali, correnti o stagnanti, e tutte le acque sotterranee all’interno della linea di base che serve da riferimento per definire il limite delle acque territoriali. A livello nazionale, lo stato ecologico del 43% dei fiumi raggiunge l’obiettivo di qualità (38% buono e 5% elevato), mentre per i laghi solo il 20% (17% buono e 3% elevato). Relativamente allo stato chimico, il 75% dei fiumi presenta uno stato buono, il 7% non buono, mentre il 18% non è stato classificato. Per i laghi, invece, l’obiettivo di qualità viene raggiunto dal 48% dei corpi idrici. Per le acque sotterranee, nel periodo di classificazione 2010-2015, lo stato chimico (SCAS) del 57,6% dei corpi idrici sotterranei è in classe “buono”, il 25% in classe scarso e il restante 17,4% non ancora classificato, mentre l’indice stato quantitativo (SQUAS), evidenzia che il 61% dei corpi idrici sotterranei è in classe buono, il 14,4% in classe scarso e il restante 24,6% non ancora classificato.

Habitat marino-costieri
Gli habitat marino costieri rappresentano ambienti estremamente rilevanti dal punto di vista ecologico e paesaggistico, ma allo stesso tempo sono ecosistemi tra i più vulnerabili e più seriamente minacciati. Negli ultimi decenni i litorali italiani presentano significative evoluzioni geomorfologiche dovute ai processi naturali all’intervento dell’uomo. L’Ostreopsis ovata è stata riscontrata in 10 regioni costiere. Oltre l’89% delle acque di balneazione costiere è classificato come eccellente.

Rifiuti
Le sostanze o gli oggetti che derivano da attività umane o da cicli naturali, di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsi costituiscono i Rifiuti. Nel 2017, la produzione nazionale dei rifiuti urbani è di nuovo in calo attestandosi a 29,6 milioni di tonnellate, con una riduzione dell’1,8% rispetto al 2016 (-534 mila tonnellate). Dopo l’aumento riscontrato tra il 2015 e il 2016, sul quale aveva peraltro anche influito il cambiamento della metodologia di calcolo (inclusione nella quota degli RU dei rifiuti inerti derivanti da piccoli interventi di manutenzione delle abitazioni),si rileva dunque una nuova contrazione della produzione. Il calo si riscontra in tutte le macroaree geografiche, risultando pari al -2,2% nel Sud, al -2% nel Centro e -1,4% nel Nord. La maggiore contrazione si osserva per l’Umbria (-4,2%), seguita da Molise (-3,1%), Basilicata (- 2,8%) e Toscana (-2,7%). Nella gestione dei rifiuti la raccolta differenziata indica un sistema di raccolta dei rifiuti che prevede una prima differenziazione da parte dei cittadini. Il fine è dunque la separazione dei rifiuti all’origine in modo tale da reindirizzare ciascuna tipologia di rifiuto differenziato verso un idoneo trattamento, che deve essere finalizzato, in via prioritaria, al recupero di materia. Nel 2017, la percentuale di raccolta differenziata è pari al 55,5% della produzione nazionale. I valori più alti si registrano al Nord (66,2%), i più bassi al Sud (41,9%), mentre il Centro Italia si colloca poco al di sotto della media nazionale (51,8%). Guardando alle diverse situazioni territoriali, sono 13 le regioni che raccolgono in maniera differenziata oltre la metà dei rifiuti urbani annualmente prodotti. Il Veneto rimane la regione con la più alta percentuale di raccolta differenziata pari al 73,6%. Non tutte le regioni sono dotate delle necessarie infrastrutture di trattamento dei rifiuti. La scarsità degli impianti fa sì che in molti contesti territoriali si assista a un trasferimento dei rifiuti raccolti in altre regioni o all’estero.

Elettromagnetismo
Rimane costante l’attenzione dei cittadini verso la problematica dei campi elettromagnetici. In Italia, i casi di superamento dei limiti normativi registrati nel corso dell’attività di controllo effettuata dalle Agenzie, tra il 1999 e luglio 2018 sono stati: 635 per gli impianti RTV (impianti radiotelevisivi), 119 per le stazioni SRB (stazioni radiobase per la telefonia mobile) e 65 per gli elettrodotti ELF (linee elettriche e cabine di trasformazione). Rispetto a luglio 2017, i casi di superamento dei limiti di legge sono aumentati sia per gli impianti RTV (+ 3%)sia per le SRB (+8%) mentre per le sorgenti ELF risultano sostanzialmente invariati.

Inquinamento acustico
Elevati livelli di rumore possono influire sullo stato di benessere; gli effetti del rumore sulla salute comprendono lo stress, la riduzione del benessere psicologico e i disturbi del sonno, ma anche problemi cardiovascolari. Gran parte della popolazione italiana è esposta a livelli di rumore, diurni e notturni, considerati importanti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Per il contenimento dell’inquinamento acustico, la normativa nazionale sul rumore ha definito, per le diverse tipologie di sorgenti, valori limiti assoluti per l’ambiente esterno e limiti differenziali, per l’interno degli ambienti abitativi.
Tra le infrastrutture di trasporto, che rappresentano l’8,5% delle sorgenti controllate, quelle stradali rimangono le sorgenti più controllate (6,2% sul totale delle sorgenti controllate). Nel 2017, il 32,1% delle sorgenti di rumore (attività/infrastrutture), controllate da parte delle ARPA/APPA, ha presentato almeno un superamento dei limiti normativi: l’inquinamento acustico è ancora un problema importante, nonostante la diminuzione dei superamenti rispetto agli anni passati.

Agenti chimici
Gli agenti chimici sono le sostanze potenzialmente pericolose per l’uomo e per l’ambiente. Il loro impiego è diffuso in tutti i settori produttivi e sono incorporate nella maggior parte degli oggetti di uso comune. Il loro utilizzo è di fondamentale importanza nella vita quotidiana e dà un contributo essenziale al benessere economico anche in termini occupazionali. La produzione globale di sostanze chimiche è aumentata da 1 milione di tonnellate nel 1930 alle diverse centinaia di milioni di tonnellate attuali. L’UE è il secondo produttore mondiale dopo la Cina e si stima che sul mercato europeo siano presenti circa 100.000 sostanze chimiche.
L’Italia è il terzo produttore europeo, dopo Germania e Francia, e il decimo a livello mondiale. Le imprese chimiche attive in Italia sono 2.800 e occupano circa 108.000 addetti, ma l’uso dei prodotti chimici interessa tutti i settori produttivi. Per quanto riguarda gli stabilimenti soggetti al D.Lgs. 105/15, appartenenti alle diverse categorie (soglia superiore e soglia inferiore) e quindi agli obblighi di cui agli artt. 13 e 15, divisi per province e regioni, si rileva innanzitutto che il numero complessivo degli stabilimenti, presenti in Italia, considerati pericolosi ai fini di un incidente rilevante, è aumentato di circa cinquanta unità (in media + 5,4%). Con i suoi quasi 1.000 stabilimenti soggetti alla Direttiva “Seveso”, l’Italia si assesta tra i primi Paesi appartenenti all’UE per numero di impianti, insieme alla Germania e al Regno Unito.

Informazione ambientale
L’informazione ambientale sta assumendo sempre più un ruolo strategico non solo per i decisori politici, ma per tutti i portatori d’interesse (stakeholders), inclusi i cittadini: banche dati e pubblicazioni consultabili on-line sono divenuti, ormai, strumenti imprescindibili per divulgare dati e diffondere la cultura ambientale. Nel 2018, si rilevano 12 milioni di visitatori nei siti web del Sistema Nazionale per la protezione Ambientale, 921 comunicati stampa, 5.019 notizie e 250 report di informazioni ambientale pubblicati on-line. I social media, rappresentano attualmente il modo più immediato per comunicare e informare il vasto pubblico, pertanto è interessante notare come le 16 realtà del SNPA utilizzatrici di twitter abbiano diffuso nel 2018 circa 9.000 tweet con 77.000 followers alla fine dell’anno. Nello stesso periodo l’ISPRA e le 8 agenzie che hanno una pagina facebook hanno registrato quasi 71.000 “mi piace”.

 

 

 

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