Salute

Rapporto Censis-RBM: cresce il rancore degli Italiani per la sanità

rapporto Censis-RBM

L’ Rapporto Censis-RBM Assicurazione Salute su Sanità Pubblica, Privata e Intermediata, è stato presentato a Roma il 6 giugno 2018 nel corso del Welfare Dayl’evento che quest’anno è stato dedicato al diritto alla salute e alla spesa privata in sanità, sempre più presente nell’esperienza concreta delle famiglie italiane, e che costituisce un’occasione importante di approfondimento, riflessione e confronto tra i protagonisti del welfare, a partire dai dati del Rapporto che raccontano il cambiamento che in questi anni sta attraversando il sistema di sicurezza sociale del nostro Paese. 

Dal Rapporto emerge che la spesa sanitaria privata degli italiani arriverà a fine anno al valore record di 40 miliardi di euro (era di 37,3 miliardi lo scorso anno). Nel periodo 2013-2017 è aumentata del 9,6% in termini reali, molto più dei consumi complessivi (+5,3%). Nell’ultimo anno sono stati 44 milioni gli italiani che hanno speso soldi di tasca propria per pagare prestazioni sanitarie per intero o in parte con il ticket.

La spesa sanitaria privata, ovviamente, pesa di più sui budget delle famiglie più deboli. Nel periodo 2014-2016 i consumi delle famiglie operaie sono rimasti fermi (+0,1%), ma le spese sanitarie private sono aumentate del 6,4% (in media 86 euro in più nell’ultimo anno per famiglia). Per gli imprenditori c’è stato invece un forte incremento dei consumi (+6%) e una crescita inferiore della spesa sanitaria privata (+4,5%: in media 80 euro in più nell’ultimo anno). Per gli operai l’intera tredicesima se ne va per pagare cure sanitarie familiari: quasi 1.100 euro all’anno. Per 7 famiglie a basso reddito su 10 la spesa privata per la salute incide pesantemente sulle risorse familiari.

Nell’ultimo anno, per pagare le spese per la salute 7 milioni di italiani si sono indebitati e 2,8 milioni hanno dovuto usare il ricavato della vendita di una casa o svincolare risparmi. Solo il 41% degli italiani copre le spese sanitarie esclusivamente con il proprio reddito: il 23,3% deve integrarlo attingendo ai risparmi, mentre il 35,6% deve usare i risparmi o fare debiti (in questo caso la percentuale sale al 41% tra le famiglie a basso reddito). Il 47% degli italiani taglia le altre spese per pagarsi la sanità (e la quota sale al 51% tra le famiglie meno abbienti). In sintesi: meno guadagni, più devi trovare soldi aggiuntivi al reddito per pagare la sanità di cui hai bisogno.

Sono 150 milioni le prestazioni sanitarie pagate di tasca propria dagli italiani – ha osservato Marco Vecchietti, Amministratore Delegato di RBM Assicurazione Salute – Nella top five delle cure, 7 cittadini su 10 hanno acquistato farmaci (per una spesa complessiva di 17 miliardi di euro), 6 cittadini su 10 visite specialistiche (per 7,5 miliardi), 4 su 10 prestazioni odontoiatriche (per 8 miliardi), 5 su 10 prestazioni diagnostiche e analisi di laboratorio (per 3,8 miliardi) e 1 su 10 protesi e presidi (per quasi 1 miliardo), con un esborso medio di 655 euro per cittadino. La salute è da sempre uno dei beni di maggiore importanza per tutti i cittadini, ma in questi anni non è mai stata al centro dell’agenda politica. La spesa sanitaria di tasca propria è la più grande forma di disuguaglianza in sanità, perché colpisce in particolar modo i redditi più bassi, le Regioni con situazioni economiche più critiche, i cittadini più fragili e gli anziani”.

Il 68% degli occupati ha dovuto assentarsi dal lavoro per recarsi presso strutture sanitarie pubbliche per se stessi o per i propri familiari, perché erano chiuse in orari non lavorativi. Al contempo, 12 milioni di italiani hanno saltato le lunghe liste d’attesa nel Servizio sanitario grazie a conoscenze e raccomandazioni. Ormai il 54,7% degli italiani è convinto che non si hanno più opportunità di diagnosi e cura uguali per tutti. Questi contorni di una sanità che chiede un surplus di sacrifici alle persone con redditi bassi e ai lavoratori e premia i furbi, sono all’origine del rancore per la sanità.

Proprio la parola “rancore” era stata usata nel 51° Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese, presentato lo scorso dicembre, per connotare l’attuale stato d’animo prevalente degli italiani che non hanno più fiducia nelle istituzioni e quantunque incapaci di trovare uno sbocco alla rabbia che hanno accumulato in questi ultimi anni.

Così, il Rapporto Censis-RBM registra che il 37,8% degli italiani prova rabbia verso il Servizio sanitario a causa delle liste d’attese troppo lunghe o i casi di malasanità. Il 26,8% è critico perché, oltre alle tasse, bisogna pagare di tasca propria troppe prestazioni e perché le strutture non sempre funzionano come dovrebbero. Il 17,3% prova invece un senso di protezione e di fronte al rischio di ammalarsi pensa: “meno male che il Servizio sanitario esiste”. L’11,3% prova un sentimento di orgoglio, perché la sanità italiana è tra le migliori al mondo. I più arrabbiati verso il Servizio sanitario sono le persone con redditi bassi (43,3%) e i residenti al Sud (45,5%). Ma per un miglioramento della sanità il 63% degli italiani non si attende nulla dalla politica. Per il 47% i politici hanno fatto troppe promesse e lanciato poche idee valide, per il 24,5% non hanno più le competenze e le capacità di un tempo.

Secondo il Rapporto Censis-RBM, “La sanità ha giocato molto nel risultato elettorale (per l’81% dei cittadini è una questione decisiva nella scelta del partito per cui votare) e sarà il cantiere in cui gli italiani metteranno alla prova il passaggio dall’alleanza del rancore al governo del cambiamento”.

Peraltro, questo rancore per la sanità porta anche a reazione come quella di voler limitare le risorse pubbliche agli altri, per non vedersi sottrarre risorse per sé e i propri familiari, e che il Rapporto ha sintetizzato con “ognuno si curi a casa propria”. Sono 13 milioni gli italiani che dicono stop alla mobilità sanitaria fuori regione, e in 21 milioni ritengono giusto penalizzare con tasse aggiuntive o limitazioni nell’accesso alle cure del Servizio sanitario le persone che compromettono la propria salute a causa di stili di vita nocivi, come i fumatori, gli alcolisti, i tossicodipendenti e gli obesi.

Tutti noi abbiamo aspettative moltiplicate rispetto al passato, molto più ricche e diversificate – ha sottolineato Giuseppe De Rita, Presidente della Fondazione Censis e tra i relatori al Welfare Day – Non andiamo spesso neppure più al SSN, ma direttamente sul mercato o in azienda se c’è del welfare aziendale, ci facciamo la polizza assicurativa per essere tranquilli. Quindi si sono moltiplicate le aspettative dei singoli e si sono moltiplicate le offerte per corrispondere. Per cui oggi si trovano offerte low cost o high cost, e l’idea stessa che c’è un pilastro o un secondo non funziona neanche più perché il primo è quello che fa civile una società come la nostra. Il resto è una moltiplicazione di offerte, di pilastrini potremmo dire“.

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