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Peperoni e peperoncini: dalla storia evolutiva varietà più resilienti

 Nell’ambito del Progetto di ricerca europeo G2P-SOL per la catalogazione e caratterizzazione delle risorse genetiche delle principali colture alimentari delle Solanacee, è stato pubblicato sulla PNAS lo Studio, a cui hanno dato un contributo fondamentale ricercatori di ENEA, CREA e Università di Torino, che ha permesso di ricostruire la storia di peperoni e peperoncini, aprendo la strada alla possibilità di dar vita a varietà in grado di adattarsi ai cambiamenti climatici.

I dati genetici conservati nelle banche genetiche confermano che peperoni e peperoncini, grazie alle loro caratteristiche di flessibilità (facilmente conservabili e trasportabili in forma essiccata, utilizzati in moderata quantità per arricchire i piatti, facili da riprodurre su larga scala) si sono diffusi insieme ai primissimi commercianti intercontinentali, costituendo un esempio di un bene di consumo di massa scambiato a livello globale.

Sono le conclusioni dello Studio https://www.pnas.org/content/118/34/e2104315118Global range expansion history of pepper (Capsicum spp.) revealed by over 10,000 genebank accessions”, pubblicato il 24 agosto 2021 su Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS) da un team internazionale di ricercatori, nell’ambito del Progetto di ricerca europeo Horizon 2020 della Commissione UE  “G2P-SOL” (Linking genetics resources, genomes and phenotypes of Solanaceous crops) coordinato dall’ENEA, volto alla catalogazione e caratterizzazione delle risorse genetiche delle 4 principali colture alimentari delle Solanacee (patate, pomodori, peperoni e melanzane) che sono conservate nelle “banche genetiche” di tutto il mondo. Comprendere e utilizzare questa diversità genetica è fondamentale per la sostenibilità dell’agricoltura di fronte a un ambiente in evoluzione e alla comparsa di nuovi parassiti. 

Abbiamo condotto un’enorme scansione genomica di oltre diecimila campioni di peperoni da banche genetiche di tutto il mondo – ha affermato Pasquale Tripodi del Centro di Ricerca Orticoltura e Florovivaismo del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (CREA) e co-primo autore dello Studio – e abbiamo utilizzato i dati per indagare sulla storia di questo iconico alimento“.

I peperoni provenivano da 130 Paesi dei cinque continenti, un’impresa resa possibile dalla collaborazione tra le molte banche genetiche, che ha permesso ai ricercatori di valutare aspetti della gestione della banca genetica come la duplicazione del campione. I dati genomici hanno rilevato fino a 1.618 accessioni duplicate all’interno e tra banche genetiche. 
Questo livello significativo di duplicazione – ha sottolineato Il Prof. Nils Stein, a Capo del gruppo di ricerca Genomics of Genetic Resources presso IPK Leibniz Institute, coordinatore dello Studio assieme a Giovanni Giuliano dell’ENEA – dovrebbe motivare lo sviluppo di protocolli di pre-screening genetico da utilizzare nelle banche genetiche per documentare i potenziali campioni duplicati alla prima acquisizione“.

Mediante tecnologie di sequenziamento di nuova generazione, sono state sviluppate 26.000 sequenze barcode del DNA in grado di definire in modo univoco ciascun individuo oggetto di studio. Inoltre, è stato messo a punto un metodo di sequenziamento chiamato ReMIXTURE, (Regional Mixture), sviluppato per stabilire le cosiddette sovrapposizioni genotipiche relative (RGO), in grado di analizzare in modo accurato le similarità tra regioni geografiche di appartenenza delle accessioni, definendo le rotte evolutive della specie.

Lo Studio ha confermato che i peperoni allo stato selvatico sono tipici della regione andina e la loro prima domesticazione è avvenuta nelle regioni dell’America latina, in particolare nel Messico, con un processo complesso simile a quanto avvenuto per altre colture come il mais.

Grazie alla genetica, è stato quindi possibile ricostruire le rotte di espansione e differenziazione dei peperoni dopo la loro domesticazione, e sono stati identificati nuovi centri di diversità genetica in Europa Orientale, Africa e Sud Est Asiatico e individuate le diverse rotte commerciali che hanno permesso la diffusione e diversificazione del peperone dolce e del peperoncino in tali regioni.

Le tipologie dolci hanno viaggiato sulle orme dei mercanti portoghesi tra il Centro-Sud America e l’Europa, dove erano predilette dai consumatori sulla base di tradizioni culturali e culinarie per poi diffondersi, attraverso la via della seta, nel vicino Medio Oriente e in Asia Centrale, in regioni con lunghezze del giorno e stagioni comuni che ne hanno facilitato la proliferazione. Anche l’Africa, però, può essere considerata come un’altra porta d’ingresso di entrambe le tipologie (dolci e piccanti) per le regioni Asiatiche. Le varietà africane, infatti, hanno evidenziato proprietà intermedie tra quelle americane ed asiatiche: fondamentale, anche in questo caso, la mediazione dei portoghesi che – in particolare attraverso il commercio triangolare transatlantico degli schiavi tra Africa, Europa e le Americhe durante il XVI e il XIX secolo – ha collegato la diversità del peperone in questi continenti.

La via delle spezie, invece, potrebbe aver determinato la maggiore diffusione di accessioni piccanti a scapito di quelle dolci nell’areale Sud-est asiatico. Il Gruppo di ricercatori (oltre a quelli di ENEA e CREA per l’Italia hanno contribuito allo Studio anche ricercatori del Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari – DIFASA dell’Università di Torino) ha anche rilevato che le regioni del genoma responsabili della piccantezza non erano distribuite in modo uniforme tra le varietà nelle diverse regioni del mondo, suggerendo che la cultura umana ha esercitato davvero un’influenza primaria sul modo in cui i peperoni si sono diffusi in tutto il mondo.

Nel corso dello Studio, sono stati ottimizzati i dati custoditi nelle banche del germoplasma, correggendo errori di classificazione delle specie ed eliminando le duplicazioni presenti. Sono state inoltre identificate nuove regioni genomiche alla base di caratteristiche agronomiche d’interesse per la coltura, ad esempio per la pungenza della bacca o per il numero di pedicelli fiorali in grado di incrementare la produzione attraverso l’aumento del numero di frutti per pianta.

Quanto emerso apre interessanti prospettive per il peperone e il peperoncino piccante – ha concluso Tripodi – Grazie, infatti, alle informazioni genomiche sulle migliaia di accessioni esistenti e conservate nelle banche mondiali dei semi sarà possibile sia lavorare a nuove potenziali varietà migliorate sia scegliere nuove aree verso le quali destinare le produzioni, sempre in un’ottica di resilienza al cambiamento climatico e di sostenibilità ambientale”.

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