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Le “palle di Nettuno” sono anche bioassorbenti di metalli pesanti

le palle di Nettuno sono anche bioassorbenti di metalli pesanti

Lo studio delle ricercatrici dell’Università Politecnica delle Marche dimostra ulteriormente la necessità che i resti spiaggiati di Posidonia, che ora sono considerati “rifiuti”, passino quanto prima alla categoria di sottoprodotto, al fine di un uso efficiente delle risorse.

Vanadio molibdeno sono due elementi chimici utilizzati nell’industria metallurgica per produrre leghe in acciaio, ma per la loro solubilità all’acqua, qualora sversati nell’ambiente costituiscono un serio pericolo per la loro tossicità e il loro accumulo in tutta la catena alimentare. Pertanto l’eliminazione di tali metalli pesanti dai reflui dei processi di lavorazione costituisce un problema, anche per i costi economici connessi ad operazioni di rimozione.

Ora, uno studio, compiuto da tre ricercatrici italiane del Dipartimento di Scienze della Vita e dell’Ambiente dell’Università Politecnica delle Marche e pubblicato on line il 25 ottobre 2013 su PlosOne, indica che è possibile il bioassorbimento di questi metalli tramite la loro rimozione da una soluzione acquosa, legandoli passivamente a biomasse non viventi e assai economiche, quali le macrofite marine in generale e la Posidonia oceanica in particolare (cfr: Chiara Pennesi, Cecilia Totti, Francesca Beolchini – “Removal of Vanadium (III) and Molybdenum (V) from Wastewater Using Posidonia oceanica (Tracheophyta) Biomass”.

La Posidonia è la pianta marina più importante e abbondante ed è endemica del Mar Mediterraneo. Forma grandi praterie sottomarine dalla superficie alla profondità di 40 m, costituendo una parte importante dell’ecosistema –  scrivono le ricercatrici – La Posidonia oceanica ha un ruolo ecologico importante, in quanto può formare strutture note come ‘matte’, costruzioni monumentali che derivano dalla crescita orizzontale e verticale dei rizomi con le loro radici aggrovigliate e il sedimento intrappolato. Queste alghe sono molto sensibili al disturbo umano, come ad esempio lo sviluppo costiero, l’inquinamento, la pesca a strascico e l’elevata torbidità acqua. Infatti, nel 2000, la Posidoniaoceanica è stato selezionata come un elemento di qualità biologica nell’ambito della direttiva quadro sulle acque, come rappresentante delle angiosperme acquatiche mediterranee, per l’uso nel monitoraggio dello stato ecologico delle acque costiere. In Italia è presente soprattutto lungo le coste tirreniche e ioniche, dove viene distrutta principalmente dalla pesca a strascico e dall’elevata torbidità dell’acqua. Le attività umane e mareggiate provocano l’accumulo delle foglie di questa pianta sulle spiagge, e il loro smaltimento rappresenta un significativo problema ambientale. Ciò può tuttavia essere evitata se questo materiale di scarto può essere trasformato in una risorsa”.

Chiara Pennesi, la principale autrice della ricerca aveva già condotto, anche con altri ricercatori, studi sulla capacità di bioassorbimento di metalli pesanti da parte di altre piante marine, avanzando l’ipotesi che sia la cutina, polimero ceroso principale componente della cuticola di alcune piante, la sostanza capace di legare chimicamente e fisicamente i metalli pesanti  attraverso gruppi carbossilici.

La Posidonia, oltre a contenere la cutina, è anche un materiale altamente fibroso, condizioni queste che avevano già dimostrato di poter essere utilizzata come bioassorbente per piombo (140 mg/g), cromo (14,48 mg/g), uranio (5,67% mg/g).

Questo lavoro dimostra l’idoneità di tale biomassa anche come assorbente di vanadio e molibdeno – affermano le ricercatrici – con una capacità massima di assorbimento stimata  rispettivamente in 16 e 18 mg/g”.

Il lavoro futuro sarà indirizzato da un lato a sistemi reali provenienti da processi di affinatura di riciclaggio di catalizzatori, dall’altro all’affinatura del processo di bioassorbimento – conclude lo studio –  al fine di trovare una configurazione del procedimento per l’applicazione di Posidonia oceanica su scala industriale”.

Già in altra occasione, ci siamo interessati  alle “palle di Nettuno”, come vengono anche chiamate, le formazioni vegetali derivanti dallo sfilacciamento dei residui fogliari fibrosi che circondano il rizoma della pianta e della loro aggregazione ad opera della risacca marina, quali isolanti per l’edilizia, come vengono usate in Germania.

Ora questo ulteriore studio conferma la necessità che tale “rifiuto” (così è considerato nella nostra legislazione ambientale), per il cui recupero e smaltimento molti proprietari di stabilimenti balneari e pubbliche amministrazioni spendono cifre non indifferenti per ripulire arenili e coste dai residui di posidonia spiaggiati durante la stagione invernale, prima che inizi la stagione turistica, poiché essendo ad alta salinità non può essere conferito in qualsivoglia discarica, passi presto a “sottoprodotto”.

Anche in questo modo si contribuisce alla Strategia europea per l’uso efficiente delle risorse.

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