Nonostante le dichiarazioni di soddisfazione delle istituzioni, si è trattato di un Consiglio UE che nel complesso è riuscito a peggiorare la proposta, poco ambiziosa, della stessa Commissione.
A gioire per il risultato finale sono i Paesi dell’Est europeo, soprattutto della Polonia che è riuscita a far passare una “clausola di revisione” che potrebbe anche abbassare i target concordati, qualora a Parigi alla Conferenza delle Parti UNFCCC del dicembre 2015, gli altri grandi emettitori di gas serra non assumano gli stessi obiettivi.
A leggere le dichiarazioni dei leader politici dei Paesi membri dell’UE dopo le conclusioni del Consiglio del 23-24 ottobre 2014 sul cosiddetto “Pacchetto Clima ed Energia al 2030, viene alla mente il tormentone con cui il conduttore televisivo Piero Chiambretti chiudeva a tarda serata la trasmissione “Il dopo-festival”, dedicata alla kermesse canora Sanremese: “Comunque vada, sarà un successo”.
In realtà, non c’è molto di cui rallegrarsi, a meno che la Strategia che la Commissione UE aveva adottato tramite la Comunicazione del 22 gennaio 2014, non fosse ritenuta “ambiziosa”.
Non l’aveva considerata tale il Parlamento UE che con la risoluzione del 5 febbraio 2014 insisteva sulla necessità di rendere vincolanti i target:
– di riduzione del 40% delle emissioni di gas serra rispetto ai livelli del 1990 (target già previsto dalla Commissione), effettivo e non fittizio, dal momento che con gli attuali trend si arriverebbe comunque al -45% al 2030;
– di produzione di almeno il 30% del consumo finale complessivo di energia da fonti rinnovabili (laddove la Commissione aveva proposto il 27% non vincolante a livello di singoli Stati membri);
– di un’efficienza energetica pari al 40% (obiettivo che non era stato ancora fissato dalla Commissione, ma il neo-Commissario Jean-Claude Juncker nel suo discorso di insediamento aveva parlato di un obiettivo minimo al 2030 del 30%).
Ecco le decisioni del Consiglio sul “Pacchetto Clima ed Energia al 2030” adottate nella seduta notturna a cavallo del 23 e 24 ottobre 2014:
– le emissioni di gas ad effetto serra saranno ridotte del 40% al 2030 rispetto al 1990 (obiettivo vincolante);
– la produzione da fonti rinnovabili pari al 27% del consumo finale di energia (obiettivo non vincolante a livello di Stati membri);
– incremento dell’efficienza energetica del 27% da calcolarsi come riduzione rispetto all’aumento previsto dei consumi (obiettivo solamente indicativo e non vincolante).
Tali obiettivi, quindi, sembrano essere nel complesso peggiorativi non solo rispetto alle indicazioni del Parlamento UE, ma alla stessa proposta della Commissione UE che, comunque, era stata giudicata insufficiente dall’IPCC per la sua traiettoria di contenimento al 2050 del riscaldamento globale entro i +2 °C entro la fine del secolo, limite che la scienza ha previsto non debba essere superato per non incorrere in incontrollabili catastrofi naturali.
Non si capisce, quindi, le affermazioni, tronfie di soddisfazione per il risultato raggiunto, dei vertici delle istituzioni dell’Unione europea, dai Presidente uscenti della Commissione Barroso e del Consiglio Van Rompuy, per finire con la Commissaria uscente di Azione per il Clima.
“Sono molto orgogliosa del fatto che i 28 leader dell’Unione europea, nonostante l’incertezza economica e le gravi crisi internazionali, siano stati in grado di trovare una via d’azione comune su questa pressante sfida climatica – ha dichiarato Connie Hedegaard – Abbiamo inviato un segnale forte alle altre grandi economie e a tutti gli altri paesi nel mondo: abbiamo fatto il nostro dovere, ora vi invitiamo a seguire l’esempio dell’Europa”.
Chi, viceversa, è giustamente contenta di quanto è stato deciso è la Polonia che come noto aveva espresso la sua contrarietà al Pacchetto della Commissione.
Il neo-Premier Ewa Kopacz che ha preso il posto di Donald Tusk, a sua volta eletto Presidente del Consiglio europeo, alla sua prima uscita ufficiale ha dichiarato di essere molto soddisfatta delle conclusioni del Vertice che hanno costituito una vittoria della Polonia (e degli altri Paesi dell’est Europeo), poiché sono state soddisfatte tutte le loro richieste.
Si è concordato, tra l’altro, che i Paesi che si affidano al carbone per il loro fabbisogno energetico, come la Polonia, possano continuare a trasferire a titolo gratuito i permessi di emissione ETS, affinché i prezzi dell’elettricità non crescano.
Inoltre, la Polonia è riuscita a far inserire una “clausola di revisione” che permetterà di rivedere gli obiettivi del pacchetto qualora alla Conferenza UNFCCC di Parigi del dicembre 2014 che dovrà approvare un Accordo, gli altri grandi emettitori di gas serra globali non assumano gli stessi obiettivi di riduzione.
A chi gli chiedeva se la tale “clausola” non potesse costituire un’arma a doppio taglio per la Polonia, in caso di un clamoroso successo del vertice di Parigi, la Kopacz ha dichiarato di non vedere alcun pericolo per il suo Paese, dal momento che le eventuali modifiche sarebbero prese in seno al Consiglio UE, dove la Polonia detiene il diritto di veto.
È pur vero che il Consiglio europeo non ha un potere legislativo e che tali intenti dovranno essere tradotti in atti legislativi entro il 1° trimestre del 2015, come prevedono gli accordi in seno all’UNFCCC, da parte della neo-Commissione UE e dall’Europarlamento, ma visti i neo-Commissari preposti e l’atteggiamento di questo nuovo Parlamento europeo che ha accettato le nomine proposte da Juncker senza riuscire ad imporre Commissari più affidabili non c’è molto spazio per alimentare le speranze di revisione al rialzo di questi obiettivi.