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Mortalità da Covid e inquinamento atmosferico sono correlati? È probabile.

Ricercatori italiani, uno dei quali lavora all’Università di Aarhus, hanno indagato se esista un rapporto tra gli alti tassi di mortalità da Covid-19 osservati nel nord Italia, rispetto alle altre regioni d’Italia, e il grado di inquinamento dell’aria nella stessa regione, concludendo che le patologie pregresse correlate all’esposizione agli inquinanti potrebbero avere un ruolo nel determinare l’esito letale della malattia.

Ha suscitato grande interesse la pubblicazione il 17 marzo 2020 di un position paper di ricercatori italiani che, incrociando i dati sulle polveri sottili (PM10) della regione Padania delle Agenzie di Protezione dell’Ambiente con i casi di contagio del coronavirus che provoca la Covid-19, riportati dalla Protezione Civile, ha rilevato che la diffusione del SARS-CoV-2 sarebbe stata maggiore in concomitanza con elevati livelli di particolato.

Ora, lo Studio “Can atmospheric pollution be considered a co-factor in extremely high level of SARS-CoV-2 lethality in Northern Italy?”, condotto da altri ricercatori italiani e pubblicato online il 4 aprile 2020 su Environmental Pollution, avrebbe individuato una correlazione tra gli alti tassi di mortalità osservati nel nord Italia e il grado di inquinamento dell’aria nella stessa regione.

Esistono diversi fattori che incidono sul decorso della malattia nei pazienti e in tutto il mondo si cercano connessioni e spiegazioni – ha dichiarato Dario Caro, Ricercatore presso il Dipartimento di Scienze Ambientali dell’Università di Aarhus (Danimarca) e principale autore della ricerca – È importante sottolineare che i nostri risultati non contraddicono quelli finora raggiunti. Al momento, tutte le nuove conoscenze sono preziose per la scienza e le autorità pubbliche, e considero il nostro lavoro un complemento all’insieme di conoscenze sui possibili fattori che possono influenzare il decorso della malattia nei pazienti del Nord Italia”.

Lo Studio, condotto insieme al Prof. Bruno Frediani e al Dott. Edoardo Conticini del Dipartimento di Scienze Mediche, Chirurgiche e Neuroscienze dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Siena, si è concentrato sui percorsi mortali della malattia, concentrandosi in particolare sulle ragioni di una mortalità (rapporto tra numero di contagiati e deceduti) che in Lombardia ed Emilia-Romagna al 21 marzo 2020 si attestava al 12% quando nel resto d’Italia era di circa 4,5%.

Le due regioni hanno i livelli di inquinamento atmosferico tra i più elevati d’Europa, per il particolato (PM10 e PM2,5) e per altri inquinanti (NO2, SO2 e O3). Nello Studio sono stati assunti i dati del satellite Aura della NASA per rilevare le aree ad alto inquinamento atmosferico nelle due regioni, che sono stati confrontati con l’Indice di Qualità dell’Aria una mappa interattiva messa a punta dall’Agenzia Europea dell’Ambiente (AEA) che permette di conoscere la qualità dell’aria grazie ai dati di oltre 4.000 stazioni, pubblicati e aggiornati ogni ora dai Paesi membri.

Sebbene l’ultimo Rapporto sulla qualità in Europa dell’AEA abbia rilevato un certo miglioramento, chi vive nelle città europee, specialmente in quelle del Nord Italia, è esposto tuttora ad elevati rischi per la salute.

Pertanto, chi è sempre vissuto in quelle aree ha magari contratto malattie e manifestato patologie pregresse che potrebbero avere avuto un ruolo ora nell’alta mortalità da Covid-19, avendo l’organismo già debilitato a causa dell’esposizione accumulata all’inquinamento atmosferico.
Finora, gli unici fattori presi in considerazione erano stati il differente modo di contabilizzare i contagiati e i deceduti, e l’anzianità della popolazione – ha sottolineato Caro – Il nostro studio non vuole assolutamente negare questi fattori ma ne vuole aggiungere un altro altrettanto importante ovvero lo stato di salute iniziale di quelle popolazioni che è anche indotto dal livello di inquinamento atmosferico”.

La Covid-19 può provocare la morte per una grave forma di polmonite causata dalle citochine, le proteine che hanno il compito di rispondere all’invasione del virus. Quando vengono prodotte in alcuni pazienti in quantità, danneggiano le cellule polmonari e provocano la sindrome da distress respiratorio acuto. Pertanto, le citochine infiammatorie che sono presenti anche nelle persone sane che vivono in aree ad elevato inquinamento atmosferico possono costituire un fattore che spiega l’alta mortalità della Lombardia e dell’Emilia-Romagna dei malati da Covid-19.

Sono urgentemente necessari studi sperimentali ed epidemiologici per valutare il ruolo dell’inquinamento atmosferico in alcune popolazioni – concludono gli autori – La valutazione dei livelli bronchiali e sierologici delle citochine infiammatorie rappresenta la pietra angolare per una più profonda comprensione dei meccanismi che determinano le peggiori prognosi”.

Peraltro, lo Studio Loss of life expectancy from air pollution compared to other risk factors: a worldwide perspective” (Perdita dell’aspettativa di vita da inquinamento atmosferico rispetto ad altri fattori di rischio: una prospettiva mondiale), pubblicato anche questo lo scorso marzo, ha stimato in 8,8 milioni le morti premature nel 2015 a livello globale per inquinamento atmosferico, ben superiori a quelle causate da guerre e altre forme di violenza, malattie come malaria e AIDS o abitudini come il fumo, accorciando mediamente l’aspettativa di vita di quasi tre anni per ogni individuo.

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