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Moda e tessile per lo più “ciechi” ai rischi dell’inquinamento idrico

Secondo un Rapporto di CDP, solo un’azienda su 10 del settore della moda mostra consapevolezza dei rischi correlati all’inquinamento idrico lungo l’intera catena del valore, mentre il business case indica in 180 milioni di dollari i risparmi che potrebbero derivare dal miglioramento di immagine del marchio e da investimenti su materiali sostenibili, senza contare i risparmi per sanzioni correlate al mancato rispetto di normative ambientali sempre più stringenti.

L’industria globale della moda, dell’abbigliamento, delle calzature e dei tessuti per la casa è in gran parte cieca ai rischi dell’inquinamento idrico e non riesce a sfruttare le opportunità di business legate all’acqua, secondo un nuovo rapporto pubblicato da CDP, un’organizzazione non profit ambientale globale. Solo 1 azienda di moda su 10 mostra consapevolezza dell’inquinamento idrico lungo l’intera catena del valore.   

Alla vigilia della London Fashion Week (18 -22 settembre 2020) che quest’anno a causa della pandemia di Covid-19 si svolgerà in forma virtuale, Carbon Disclosure  Project (CDP), Ong Internazionale che fornisce a imprese, autorità locali, governi e investitori un sistema globale di misurazione e rendicontazione ambientale per ridurre le emissioni di gas serra, salvaguardare le risorse idriche e proteggere le foreste, ha presentato il Rapporto “Interwoven risks, untapped opportunities. The business case for tackling water pollution in apparel and textile value chains”.

Il Rapporto analizza i dati di 62 principali aziende (marchi, produttori e rivenditori) coinvolte nel settore della moda / abbigliamento, calzature e tessuti per la casa, che hanno risposto nel 2019 ad un questionario sulla sicurezza idrica predisposto da CDP, su richiesta di investitori e imprese clienti. Nel 2020, 515 investitori con un patrimonio di 106.000 miliardi di dollari ed oltre 150 grandi acquirenti con un potere di acquisto di 4.000 miliardi di dollari hanno invitato le aziende a rendere pubblici i dati.

Ne emerge che la stragrande maggioranza delle aziende è “cieca” di fronte ai rischi posti dall’inquinamento idrico lungo l’intera catena del valore e solo il 10% delle aziende quotate in borsa dimostra di essere consapevole del proprio impatto sull’approvvigionamento sicuro e sostenibile di acqua.

CDP sottolinea che l’inquinamento idrico aggrava la carenza globale di acqua dolce, danneggia gli ecosistemi che sostengono il benessere delle comunità e le attività aziendali che dipendono da un approvvigionamento idrico stabile. Il settore dell’abbigliamento, e del tessile nel suo complesso, contribuisce notevolmente al consumo eccessivo e all’inquinamento delle risorse idriche: dalla produzione di materie prime fino all’uso e allo smaltimento finale dei prodotti. 

Inoltre, l’inquinamento idrico rappresenta un rischio per le imprese del settore, sia per l’immagine del marchio sia per le sanzioni normative e le correlate chiusure.  

Investitori, autorità di regolamentazione, clienti e consumatori chiedono tutti il ​​cambiamento – ha Cate Lamb, Direttrice della Sicurezza idrica di CDP – Il settore è stato colpito duramente quest’anno dalla crisi del Covid-19 e la tentazione di dare la priorità ai guadagni a breve termine è forte. Ma la strada per una ripresa resiliente consiste nell’abbracciare la sostenibilità e le pratiche di economia circolare. Questa è il cammino da intraprendere e le aziende che faranno da apripista saranno preparate meglio per il futuro”.

Il business case per migliorare la gestione dell’acqua da parte delle imprese della moda e del tessile, riportato nel Rapporto, indica in 180 milioni di dollari i risparmi attraverso il miglioramento di immagine del marchio e gli investimenti in materiali sostenibili.

Tenendosi al passo con la regolamentazione e il cambiamento delle politiche, rispondendo alla crescente consapevolezza dei consumatori e soddisfacendo la domanda e la consapevolezza degli investitori, le aziende possono cogliere le opportunità di un’azione tempestiva.

La pressione sul settore per correggere l’insostenibilità dei modelli di produzione e consumo si fa sempre più forte e il settore comincia a rendersene conto.

Durante la Settimana Mondiale dell’Acqua (WWW), svoltasi anche questa in modalità webinar dal 24 al 28 agosto 2020, un Gruppo di marchi mondiali del settore, hanno sottoscritto, insieme ad Ong come la stessa CDP e WWF, una lettera aperta in cui si riconosceva la necessità che il settore “ricostruisca meglio e in modo più sostenibile” dopo la crisi del Covid-19, per garantire che la pandemia contribuisca ad accelerare la trasformazione del settore.

Negli stessi giorni, McKinsey & Company e la Ong Global Fashion Agenda (GFA) pubblicavano un Rapporto in cui si evidenziava che il settore deve agire ora e in modo coordinato per ridurre la sua impronta ambientale che solo in termini di emissioni è pari a quelle di Francia, Germania e Gran Bretagna messe insieme, e che lo mantiene fuori del 50% dalla traiettoria per il suo percorso verso l’obiettivo di un aumento di temperatura di 1,5 °C, come previsto dall’Accordo di Parigi, perché la pandemia è destinata a scomparire, ma i cambiamenti climatici metteranno in serio rischio le catene di approvvigionamento del settore.  

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