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Istat: la popolazione italiana sempre più vecchia e sola

Istat Italia sempre piu vecchia e sola

L’Italia è sempre più vecchia e i vecchi sono sempre più soli. È questo uno dei tanti aspetti su cui riflettere, che emergono dal “Rapporto annuale 2018. La situazione del Paese” giunto alla 26esima edizione, presentato il 16 maggio 2018 alla Camera dei Deputati da Istat (Istituto nazionale di statistica), che documenta la situazione del Paese descrivendone le diverse realtà e individuandone rischi e opportunità per il futuro.

I cambiamenti sono di vasta portata e hanno radici antiche, di cui talvolta la recessione ha rivelato o accelerato gli effetti – ha affermato il Presidente Istat Giorgio Alleva – Parliamo dei mutamenti demografici e dell’invecchiamento della popolazione, della trasformazione delle strutture familiari, dell’evoluzione del ciclo di vita, che non si esplica soltanto nella procrastinazione delle tappe del passaggio alla vita adulta, ma anche nella modificazione della loro sequenza. A queste si aggiungono le trasformazioni che investono il lavoro e le imprese (“la quarta rivoluzione industriale”), l’irruzione delle tecnologie digitali, gli stessi effetti delle policy e dell’organizzazione del welfare, che anche quando non agiscono in modo dirompente “modificano gentilmente” i comportamenti individuali e collettivi”.

Quest’anno il Rapporto Istat affronta queste dinamiche focalizzandosi sul tema delle reti e delle relazioni sociali ed economiche: quelle tra imprese e imprenditori, quelle nel mondo del lavoro, quelle tra familiari e amici, quelle della cultura e della conoscenza. Facendo leva sul patrimonio informativo dell’Istituto e degli altri enti appartenenti al Sistema statistico nazionale, il Rapporto produce un’informazione di maggiore dettaglio e capace di fornire elementi utili ad assumere, a qualunque livello, decisioni documentate.

Al 1° gennaio 2018 la popolazione italiana è stimata a 60,5 milioni di individui, con 5,6 milioni di stranieri (8,4%), con una diminuzione per il 3° anno consecutivo di quasi 100mila persone rispetto al precedente. Siamo la seconda nazione più vecchia del mondo: 168,7 anziani ogni 100 giovani. I vecchi sono sempre più lasciati soli: per il 70% del tempo (poco più di 10 ore) e interagiscono con altre persone soltanto per 4 ore al giorno, per lo più con familiari con cui vivono (nel 65% dei casi), amici (31%) e vicini (4%).

Preoccupa ancora il lavoro. Il 2017 si è caratterizzato per un incremento del lavoro a termine (+298 mila, +12,3%), che ha interessato soprattutto i residenti nelle regioni centro-settentrionali e i giovani fino a 34 anni. Al tempo stesso si ridimensiona la crescita degli occupati part time, che nel 2017 superano i 4,3 milioni, con un’incidenza stabile sul totale. Sono soprattutto i giovani del Mezzogiorno ad essere colpiti dalla quota di “NEET” (Not in Education, Employment or Training), ossia giovani che non lavorano, non studiano e non seguono programmi di formazione, che è doppia rispetto al Nord.

La “dote familiare” in termini di beni economici, ma anche di titoli di studio e attività dei genitori, è ”determinante” per avere successo nello studio e nel lavoro: solo il 18,5% di chi parte dal basso si laurea e il 14,8% ha un lavoro qualificato. La cerchia di parenti e amici è anche decisiva nel trovare e non solo nel cercare un impiego: lavora grazie a questo ”canale informale” il 47,3% (50,6% al Sud) contro il 52,7% che l’ha ottenuto tramite annunci, datori di lavoro agenzie, concorsi.

Per quanto riguarda i dati sanitari si segnala che è il Molise la regione con la quota più elevata di mobilità ospedaliera in uscita con il 26,6% dei ricoveri dei residenti nel 2016. Seguono la Basilicata (23,7%) e la Calabria (21,2%). Queste regioni hanno la percentuale più bassa di cittadini soddisfatti per l’assistenza medica ospedaliera ricevuta nel luogo di residenza (rispettivamente 25,6%, 12,6% e 21,1%).

Le regioni più attrattive, invece, sono la Lombardia e l’Emilia Romagna che effettuano, rispettivamente, 3,0 e 2,4 ricoveri in entrata per ogni ricovero in uscita dalla regione.

Differenze anche nell’uso della Rete: la quota delle persone che vivono al Centro-Nord e che abitualmente navigano sul web è pari al 68,6%, diversamente da quanto si registra nel Mezzogiorno dove la percentuale si attesta poco sopra il 55%. Navigano di più i nati dopo il 1996 (90,3%) e le persone con titoli di studio più elevati. Il 60,1% degli utenti ha utilizzato un social network, il 52,5% ha inviato messaggi in chat, scritto su un blog o su un forum, il 32,4% ha condiviso testi, fotografie o musica.

A livello imprenditoriale “i centri decisionali appaiono concentrati nelle regioni del Nord-est, il cui ruolo nell’orientare le scelte produttive dell’economia italiana è cresciuto nel tempo“. È sempre l’Italia settentrionale ad avere il primato sulla produttività del lavoro; fatta eccezione per alcuni sistemi locali.

L’Italia, è il primo Paese dell’Unione europea e del G7 ad aver introdotto gli Obiettivi di Benessere Equo e Sostenibile (BES) nella politica economica, ovvero di strumenti in grado di superare i limiti del PIL come indicatore delle performance economiche e sociali, capaci di misurare il benessere e la sostenibilità, economiche, ambientali e sociali.

Dopo l’introduzione di 4 Indicatori nel Documento di Economia e Finanza 2017 (reddito medio disponibilemancata partecipazione al lavorodisuguaglianza del reddito disponibileemissioni di CO2 e altri gas clima alteranti), quest’anno nel DEF 2018 varato dal Governo il 26 aprile 2018, se ne sono aggiunti altri 8 (povertà assolutasperanza di vita in buona salute alla nascitaeccesso di pesouscita precoce dal sistema di istruzione e formazionecriminalità predatoriarapporto tra tasso di occupazione delle donne di 25-49 anni con figli in età prescolare e senza figliefficienza della giustizia civileabusivismo edilizio).

Il benessere degli italiani misurato nel DEF mostra un deciso miglioramento in 5 dei dodici indicatori considerati e un arretramento nei rimanenti sette. In positivo, presentano tendenze concordi la riduzione della criminalità predatoria, la partecipazione al mercato del lavoro, la riduzione della durata delle cause civili; in negativo, l’aumento della diseguaglianza e della povertà assoluta, quest’ultima, secondo le stime nel 2017 interesserebbe l’8,3% dei residenti contro il 7,9% nel 2016.

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