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Inquinamento da diesel pericoloso nei feti fino alla seconda generazione

Inquinamento da diesel pericoloso nei feti fino alla seconda generazione

Lo Studio dell’INRA ha scoperto nanoparticelle nel sangue di feti esposti all’inquinamento cittadino, provocando ritardi nella crescita e forte predisposizione, nell’età adulta, a malattie cardiovascolari.

Il pericolo dell’inquinamento e le sue conseguenze sulla salute umana ormai sono più che note. Anche per quanto riguarda le donne in gravidanza, la pericolosità dell’inalazione di sostanze nocive crea come conseguenza immediata un ritardo nello sviluppo del feto, nascendo poi sottopeso, e altre malattie legate al metabolismo. Una recente ricerca canadese-francese e condotta dall’Istituto Nazionale della Ricerca Agronomica (INRA), in collaborazione con l’Università di GrenobleParigi Sud e Utrecht, dal titolo Effects of atmospheric pollution on placental function and post-natal development, però, ha ulteriormente aggravato le già allarmanti conoscenze riguardanti lo smog in città.

La scoperta, effettuata attraverso l’uso di conigli come cavie, è che le polveri sottili prodotte dai motori diesel delle vetture finiscono nel sangue delle donne in stato gestazionale, per arrivare fino ai feti e rimanere presenti, addirittura, alla seconda generazione. L’inquinamento da diesel, quindi, non solo danneggia chi lo respira, ma anche chi ancora non c’è.

Lo Studio è stato effettuato esponendo le coniglie in gravidanza ai livelli di polveri sottili di una grande città, per la precisione durante un picco di inquinamento. Sono stati scelti come cavie conigli invece che topi, in quanto la loro placenta è più simile a quella umana. I ricercatori, per avvicinare i conigli al tipo di inquinamento a cui è sottoposto l’essere umano, hanno installato dei filtri per gli scarichi del motore diesel, proprio come quelli in circolazione nelle comuni vetture.

Già dalla metà della gestazione si è potuto osservare un ritardo nella crescita dei feti, dovuto soprattutto alla diminuzione dell’apporto di sangue alla placenta, riducendo quindi il nutrimento. Infatti nella prima parte della gravidanza, i feti soffrivano di ipotrofia, sintomo sparito poi nella seconda parte della gravidanza. Gli scienziati credono che lo sviluppo in ritardo sia dovuto ad un adattamento placentare, questo comportamento si è riscontrato anche negli esseri umani e i ricercatori sono convinti che ciò comporti sofferenza al feto. In questa fase della ricerca, la vera e propria scoperta è stata nel trovare le nanoparticelle di polveri sottili nel sangue dei feti e non solo nella placenta.

Quando poi i conigli sono nati, si è notato che erano più piccoli della media, sia nelle dimensioni della testa che del girovita, cosa che li espone maggiormente in età adulta a malattie cardiovascolari. Questa diminuzione di massa nei cuccioli di coniglio si è potuta osservare anche nei neonati umani.

Inizialmente i ricercatori non pensavano ad un effetto sulla seconda generazione, ma lo Studio non si è fermato qui. Infatti, una volta che le coniglie nate sono cresciute, sono state fatte accoppiare con conigli che non erano stati esposti all’inquinamento urbano nel periodo fetale. Qui c’è stata l’ulteriore scoperta: i ricercatori non hanno notato un ritardo nella crescita dei feti, ma delle anomalie nello scambio di lipidi fra la madre e il piccolo. Tutto ciò sta a dimostrare che l’esposizione ai gas di scarico dei motori diesel continua ad avere effetti anche sulla seconda generazione.

Tuttavia, gli scienziati credono che questo sia solo il punto di partenza per gli studi futuri, in quanto studiare gli effetti dello smog su una gravidanza di poco più di un mese e esponendo gli animali solo nel periodo di gestazione, non è uguale all’essere umano (gravidanza molto più lunga ed esposizione prenatale e postnatale). Inoltre è un campo di ricerca relativamente nuovo e questo studio rappresenta per gli scienziati il primo passo verso studi più precisi sulla natura umana. Il modello presentato è quindi sperimentale e non del tutto applicabile alla nostra situazione, ma il proposito era proprio di cercare un modello coerente per dimostrare le problematiche e le conseguenze di una eccessiva esposizione ai motori diesel.

Lo Studio indica che le nanoparticelle di particolato sono le più pericolose per la salute. Infatti, il particolato è suddiviso in due categorie: le particelle fini, con un diametro maggiore ai 100 nanometri, le quali sono soggette a normative restrittive; e le nanoparticelle, queste con un diametro minore ai 100 nanometri, le quali sono presenti nei motori diesel e non sono ancora regolamentate. Ad oggi, l’inquinamento da particolato presente nell’aria sta diventando sempre più comune e intenso, a causa soprattutto dell’elevato numero di veicoli diesel sulle strade europee, motivo per cui dovrebbe essere preso in considerazione come fattore di rischio per la crescita del feto e poi del bambino verso l’età adulta, proprio come lo stress, il trattamento farmaceutico e il peso corporeo.
Complessivamente la ricerca mostra che le donne in gravidanza, in particolare durante i picchi di inquinamento, dovrebbero essere considerate come parte della popolazione ad alto rischio (alla pari di bambini e anziani) con il consiglio di evitare ambienti eccessivamente inquinati.

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