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La gestione dei rifiuti è diventata una priorità politica

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Dal Rapporto “Global Waste Management Outlook” di ISWA-UNEP si evidenzia che un approccio olistico nella gestione dei rifiuti potrebbe far risparmiare centinaia di miliardi di dollari e ridurre le emissioni di gas serra fino al 20% l’anno, passando rapidamente ad un approccio circolare.
In Italia, rischiamo di mettere in primo piano il recupero energetico, anziché il recupero di materie, come denuncia il controverso Decreto attuativo dell’Art. 35 dello “Sblocca Italia” che autorizzerebbe la costruzione di 12 nuovi inceneritori.

Nel corso dell’annuale Congresso Internazionale dell’ISWA (International Solid Waste Association) che si è svolto ad Anversa (7-9 settembre 2015), è stato presentato il Rapporto “Global Waste Management Outlook”, realizzato dal Centro Internazionale di Tecnologie Ambientali dell’UNEP (Programma Ambiente delle Nazioni Unite) e dall’ISWA.

Secondo quanto vi si può leggere, con una produzione annuale compresa tra 7 e 10 miliardi di tonnellate annue di rifiuti, che nei prossimi 15-20 anni potrebbero aumentare considerevolmente per effetto della crescita della popolazione, dell’urbanizzazione e dell’aumento dei consumi anche nelle città a minor reddito dell’Africa e dell’Asia, con 3 miliardi di individui che continuano a vivere in luoghi di tutto il mondo senza accesso a impianti di smaltimento controllati, la gestione dei rifiuti è uno dei problemi maggiori di salute pubblica, per l’economia e l’ambiente.

C’è la necessità urgente di risposte al crescente problema dei rifiuti, che non è soltanto un tema di salute pubblica o una necessità ambientale, ma anche a principi di investimenti economici – ha dichiarato il Direttore esecutivo dell’UNEP, Achim Steiner – L’inazione sta costando ai Paesi 5-10 volte in più rispetto ad un investimento per la corretta gestione dei rifiuti. Un impegno maggiore di tutti i Paesi per applicare sistematicamettere in pratica le 3 R – Reduce, Reuse, Recycle – può invece trasformare il problema rifiuti in una risorsa per le nostre economie. Gli obiettivi di gestione dei rifiuti a livello mondiale proposti da questa relazione hanno la potenzialità di determinare una drastica riduzione dei gas serra, la creazione di milioni di posti di lavoro verdi e benefici economici di centinaia di miliardi di dollari. Con la loro realizzazione, si potrebbero fare consistenti passi verso la realizzazione degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile”.

Il Rapporto offre una soluzione globale integrata al problema dei rifiuti, ivi compresa la richiesta di immediato miglioramento della raccolta e smaltimento dei rifiuti, la loro prevenzione e la massimizzazione del riutilizzo e riciclaggio delle risorse. Si chiede, inoltre, un rapido passaggio dall’economia lineare “take-make-use-waste” all’approccio circolare “reduce-reuse-recycle” del ciclo di vita dei materiali.

Questo primo rapporto globale dei rifiuti è davvero un’opera monumentale che per essere portata a termine gli esperti di ISWA e UNEP hanno impiegato due anni per portare a termine – ha sottolineato il Presidente ISWA, David Newman  Il Global Waste Management Outlook, oltre ad aiutare il settore della gestione dei rifiuti a definire la sua azione per il prossimo decennio, costituisce una sollecitazione urgente a fare i necessari investimenti per guidare un clean-up globale dei miliardi di tonnellate di rifiuti che sono ancora sversati nell’ambiente“.

Tutti insieme abbiamo la capacità tecnologica di risolvere il problema – ha osservato il Presidente dell’Assemblea Ambiente delle Nazioni Unite (UNEA), Oyun Sanjaasuren – Nonostante ciò, ci sono incredibilmente 3 miliardi di individui che non hanno accesso ai siti di smaltimento controllati, con il risultato che la spazzatura finisce ai bordi delle strade con gravi conseguenze per ambiente e salute umana. La situazione potrebbe cambiare se i Paesi rafforzassero le politiche proattive in materia e le istituzioni incoraggiassero le persone a ridurre i rifiuti e a riciclare di più. Anche i produttori più grandi dovrebbero essere coinvolti nella gestione del ciclo di vita dei loro prodotti. La cooperazione internazionale sarà determinante per evitare che i Paesi in via di sviluppo finiscano per essere il terreno ideale dove riversare materiali pericolosi”.

Inoltre, la relazione incoraggia un cambiamento nel modo di pensare ai rifiuti quale minaccia per la salute e l’ambiente, verso un concetto più ampio di gestione delle risorse, dimostrando come una contestuale gestione dei rifiuti e delle risorse, possa far ridurre i costi dello smaltimento e produrre un profitto supplementare dalle materie prime recuperate.

Ad esempio, nelle Fiandre belghe si è raggiunto il più alto tasso di raccolta differenziata in Europa, passando da quasi zero nel 1980 a oltre il 70% nel 2013, grazie ad un mix intelligente di politiche sociali, fiscali e legali, inclusi un programma di educazione alla prevenzione, dei rifiuti, l’istituzione di centri di riuso e un sistema di tassazione “pay-as-you-throw” (paghi per quanto conferisci), sulla base del principio “chi inquina paga”.

Nel Rapporto vengono citate anche numerose storie di successo provenienti da Paesi in via di sviluppo.
Ad esempio, l’inclusione di riciclatori informali nel sistema comunale di gestione dei rifiuti in Bolivia ha portato alla raccolta e al trattamento di 29.000 tonnellate di rifiuti e la creazione di 443 posti di lavoro “verdi”.
Un caso simile si riscontra nella capitale della Colombia, Bogotà, dove ogni giorno vengono sottratte alla discarica 1.200 tonnellate di rifiuti, dando lavoro a 8.250 persone.

In Kenya, una organizzazione non-profit e il settore privato stanno implementando iniziative distinte per la gestione dei rifiuti elettrici ed elettronici del Paese, che nell’insieme arrivano a trattare fino a 30 tonnellate di RAEE al mese, reimmettendo sul mercato i materiali recuperati e smaltendo in sicurezza dei rifiuti pericolosi. Entrambe le iniziative si avvicinano a passi veloci verso l’autosostenibilità, dimostrando che il riciclaggio sicuro può essere un modello di business di successo nei Paesi in via di sviluppo.

Speriamo che i policy maker leggano con attenzione i dati, le osservazioni e i suggerimenti contenuti nel Report, , soprattutto quelli italiani che devono prendere una decisione sul “controverso” Decreto Legislativo, attuativo dell’articolo 35 del D.L. n. 133 del 12 settembre 2015 (“Sblocca Italia”), convertito in L. n. 164 dell’11 novembre 2015, sul quale peraltro alcune Regioni hanno avanzato ricorso alla Corte Costituzionale, che autorizzerebbe la costruzione di 12 nuovi “inceneritori” in 10 Regioni (due in Toscana e Sicilia, uno a testa in PiemonteLiguriaVenetoUmbriaMarcheCampaniaAbruzzo e Puglia).

Evidentemente, se tale Decreto del Ministro dell’Ambiente, che avrebbe dovuto essere emanato, sentita la Conferenza Stato-Regioni, entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge, tarda così tanto dall’essere approvato (la Conferenza che aveva all’o.d.g. del 9 settembre 2015, la decisione definitiva in merito, ha rinviato al 24 settembre il punto), vuol dire che il consenso non è ampio, come attesta la presa di posizione dell’Associazione “Comuni Virtuosi” che invitato il 26 agosto 2015 le Regioni interessate al Decreto ad assumere “puntuali, forti e circostanziate prese di posizione, attraverso atti politici e di indirizzo concreti (mozioni ecc.) da portare all’approvazione dei rispettivi Consigli Regionali e delle rispettive forze politiche ivi rappresentate, per avviare tutte le azioni necessarie atte a respingere e cambiare, in sede di Conferenza Stato-Regioni, il Decreto”.

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