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Il freddo eccezionale della scorsa settimana fa decine di vittime

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L’ondata di gelo artico, incuneatasi nella scorsa settimana nell’Europa sud-orientale, ha causato decine di vittime tra i senza fissa dimora e soprattutto tra i migranti che, intrappolati in Serbia o in Turchia per la chiusura della rotta balcanica al confine con Ungheria e Bulgaria, sono costretti a marce forzate tra la neve o cercano riparo in siti abbandonati.

Stremati e senza adeguato abbigliamento, sono morti per assideramento e la situazione rischia di diventare ancora più pesante. Secondo i dati ufficiali dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), solo in Serbia i profughi sarebbero 7.000 (ma per le ONG locali sarebbero di più) di cui 6.000 ospitati nelle strutture ufficiali, ma più di 3.000 non sarebbero equipaggiati per l’inverno, e i restanti dormono fuori in edifici abbandonati di Belgrado o ai confini, alcuni persino nei boschi, con 30cm di neve e temperature che di notte scendono fino a -15 °C – 20 °C.

Nella regione balcanica settentrionale la neve è abbastanza comune. A Belgrado il manto nevoso ricopre le strade quasi ogni anno, anche se i dati storici indicano che dal 1950 si è assistito ad una sua continua riduzione. Sulla costa il fenomeno è molto più raro. A Dubrovnik (Croazia) capita di avere un solo giorno con alcuni centimetri di neve una volta ogni 5-10 anni, così come per le isole greche e la costa turca. 
Rimane tuttavia eccezionale il persistere di 5 giorni di temperature così basse, come ha osservato il Royal Netherlands Meteorological Institute (KNMI) che fa parte del Centro Regionale Europeo dell’Organizzazione Meteorologica Mondiale (WMO) che ha condotto una rapida analisi della situazione creatasi tra il 7 e l’11 di gennaio 2017, in collaborazione con World Weather Attribution, un progetto internazionale volto a rendere più sicura e rapida la capacità della comunità scientifica di analizzare e comunicare la possibile influenza dei cambiamenti climatici sugli eventi meteorologici estremi, quali tempeste, inondazioni, ondate di calore e siccità.

I ricercatori, verificando le serie storiche, hanno constatato che situazioni meteorologiche simili nella regione europea sud-orientale si verificano in media circa ogni 35 anni. Ciò significa che ogni anno c’è una probabilità del 3% di un evento così freddo come quello degli ultimi giorni.
Un sistema di alta pressione si è mosso lentamente verso l’Europa orientale, trasportando con sé l’aria fredda siberiana lungo il lato orientale della regione. Montenegro, Serbia, Repubblica di Macedonia e Bulgaria hanno avuto temperature medie massime nel periodo considerato di -10 °C e medie minime di -15 °C, con il fiume Danubio e il Bosforo che sono stati chiusi alla navigazione. Italia centro-meridionale, Grecia, Turchia e Romania hanno registrato valori inferiori tra 5 °C – 10 °C in meno rispetto alle medie del periodo, che hanno determinato copiose nevicate per effetto delle masse d’aria umide di bassa pressione sui bacini del Mar Adriatico in particolare e sul Mediterraneo orientale in generale, causando molti incidenti sulle strade, la chiusura delle scuole e la cancellazione dei voli.

La variazione delle temperature rispetto alle medie giornaliere del periodo, nell’arco dei giorni compresi tra il 7 e l’11 gennaio 2017 in Europa (Fonte: KNMI/E-OBS

Sono risultate in aumento, rispetto alle medie del periodo, le temperature in Gran Bretagna e Scandinavia, dove a Stoccolma sono state le più calde da quando sono iniziate nel 1859 le registrazioni nella capitale svedese.

Nell’immagine di copertina: Rifugiati e migranti stanno in fila per ricevere un pasto caldo fuori del deposito doganale abbandonato di Belgrado che serve come rifugio di fortuna (Fonte: Marko Djurica/Reuters)

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