Quanto sta accadendo in questi mesi al settore dell’ortofrutta europeo, in particolare ai produttori di pesche, con prezzi che sono scesi al di sotto dei costi di produzione, indica che non basta sollecitare i Paesi membri ad adottare adeguate misure contro le pratiche sleali, bensì c’è la necessità di una normativa UE che impedisca tali pratiche nel commercio al dettaglio.
Le pratiche commerciali sleali possono avere effetti nocivi, in particolare sulle PMI della filiera alimentare, in quanto possono influire sulla capacità delle PMI di sopravvivere nel mercato, di effettuare nuovi investimenti finanziari in prodotti e tecnologia, e sullo sviluppo delle loro attività transfrontaliere nel mercato unico.
Si potrebbero verificare effetti negativi indiretti lungo la catena di approvvigionamento per le PMI. Ad esempio, una PMI potrebbe rinunciare fin dall’inizio a stabilire un rapporto commerciale per il timore delle pratiche commerciali sleali che le potrebbero essere inflitte. Le pratiche commerciali sleali applicate nell’UE potrebbe inoltre avere effetti diretti o indiretti sui produttori e le imprese al di fuori dell’UE, anche nei Paesi in via di sviluppo.
Un certo numero di Stati membri ha riconosciuto il potenziale pericolo di queste pratiche e hanno avviato iniziative di regolamentazione per risolvere il problema o stanno progettando di farlo, mentre altri non hanno intrapreso in merito alcuna azione, determinando un aumento di divergenze regolamentari all’interno dell’UE. Per favorire un atteggiamento comune tra gli Stati membri sulle misure per affrontare le pratiche commerciali, la Commissione UE ha adottato la Comunicazione “Tackling unfair trading practices in the business-to-business food supply chain” che invita gli Stati membri a cercare il modo di migliorare la protezione dei piccoli produttori e dettaglianti di prodotti alimentari contro le pratiche sleali dei loro partner commerciali spesso molto più forti.
Prima che un prodotto alimentare arrivi fino al consumatore, molti operatori del mercato (produttori, trasformatori, dettaglianti, ecc.) intervengono nella filiera per aggiungere qualità e valore. A causa di sviluppi come una maggiore concentrazione del mercato, vi sono livelli di potere negoziale molto diversi nelle relazioni tra i diversi attori della catena di approvvigionamento. Anche se le differenze nel potere contrattuale sono comuni e legittime nelle relazioni commerciali, questi squilibri possono a volte tradursi in pratiche commerciali sleali.
“In quanto consumatori, tutti noi facciamo acquisti presso i nostri dettaglianti locali ma la catena di approvvigionamento alimentare ha un’evidente dimensione di mercato unico europeo – ha dichiarato il Commissario UE per il Mercato interno e i servizi, Michel Barnier – In questo contesto è necessario disporre di condizioni eque e pari tra le PMI fornitrici e i dettaglianti di prodotti alimentari, da un lato, e i produttori multinazionali e la grande distribuzione, dall’altro, ed è proprio quello che le pratiche commerciali sleali mettono a repentaglio. Il settore ha già compiuto sforzi importanti e preziosi per affrontare comportamenti sleali e dovrebbe continuare a farlo. Gli Stati membri dovrebbero garantire di disporre di quadri normativi efficaci e coerenti per consolidare e integrare le iniziative di autoregolamentazione“.
Le pratiche commerciali sleali includono:
– rifiuto di mettere per iscritto condizioni commerciali essenziali;
– modifiche retroattive unilaterali dei costi o dei prezzi dei prodotti o dei servizi;
– trasferimento di rischio ingiustificato o sproporzionato verso una parte contraente;
– perturbazione deliberata di un calendario di consegna o ricevimento per ottenere vantaggi ingiustificati;
– scioglimento unilaterale e senza preavviso di una relazione commerciale o imposizione di un preavviso irragionevolmente breve e senza una ragione obiettivamente giustificata.
La filiera alimentare è essenziale non solo per la vita e il benessere quotidiani dei consumatori, ma anche per l’economia nel suo insieme, poiché occupa oltre 47 milioni di persone nell’UE, molte delle quali in PMI, e rappresenta circa il 7% del valore aggiunto lordo. Il volume complessivo del mercato del commercio al dettaglio di prodotti alimentari nell’UE è stimato in 1.050 miliardi di euro. La filiera alimentare ha una dimensione internazionale forte e riveste un’importanza particolare nel mercato unico dell’UE. Gli scambi transfrontalieri fra Stati membri dell’UE rappresentano circa il 20% della produzione alimentare totale dell’UE. Le stime suggeriscono che almeno il 70% delle esportazioni annue complessive di prodotti agricoli dei paesi UE è destinato ad altri Stati membri dell’UE.
La Comunicazione sulle pratiche commerciali sleali suggerisce una serie di priorità espresse dalle parti interessate per agevolare un efficace quadro a livello europeo contro tali pratiche. La comunicazione non propone un’azione normativa a livello unionale bensì esorta gli Stati membri ad accertarsi di avere adottato adeguate misure contro le pratiche commerciali.
Quanto suggerito nella comunicazione si basa su tre pilastri:
1. Sostegno all’iniziativa volontaria della filiera. I codici di condotta volontari costituiscono un’importante pietra miliare nelle relazioni commerciali eque e sostenibili. La Comunicazione incoraggia quindi gli operatori della filiera alimentare ad aderire all’iniziativa esistente della catena di fornitura, varata nel settembre 2013, e alle sue piattaforme nazionali. Essa invita inoltre il gruppo di governance dell’iniziativa a massimizzare la partecipazione delle PMI, che sono i principali beneficiari dell’iniziativa.
2. Norme unionali per i principi di buone prassi. Gli Stati membri che stanno già affrontando le pratiche commerciali sleali a livello nazionale hanno scelto metodi diversi a tal fine. Altri Stati membri non hanno invece ancora intrapreso alcuna azione specifica contro le pratiche commerciali sleali. Al fine di affrontare efficacemente le pratiche commerciali sleali in tutta l’Unione, e in particolare in ambito transfrontaliero, sarà utile un’interpretazione comune delle norme. La Comunicazione suggerisce che i principi dell’iniziativa della catena di fornitura potrebbero costituire la base di tale intesa normativa comune.
3. Applicazione più efficace a livello nazionale. Se la parte più debole di un rapporto commerciale è economicamente dipendente dalla sua controparte più forte, spesso può decidere di astenersi dal difendersi contro le pratiche commerciali sleali attraverso contenziosi giudiziari o meccanismi di risoluzione volontaria, per timore di compromettere o di perdere il suo rapporto commerciale. Per disporre un fattore dissuasivo credibile contro l’uso di pratiche commerciali sleali, la comunicazione suggerisce standard minimi di enforcement applicabili in tutta l’UE.
Quanto sta accadendo questa estate al mercato dell’ortofrutta europeo, in particolare alla crisi che colpisce soprattutto i produttori di pesche nettarine, con i prezzi dei prodotti scesi al di sotto dei costi di produzione, mentre i prezzi di vendita non sono calati o di pochissimo, indica che vi è la necessità di una normativa UE che condanni le pratiche commerciali sleali nel settore del retail e rafforzi i meccanismi di gestione della crisi previsti dalla PAC, in modo da poter controllare efficacemente i prezzi.